domenica 22 Dicembre 2024

a proposito della serata con Carlo Vulpio

era un pò di tempo che volevo scrivere qualcosa in merito, semplicemente non volevo farlo sull’onda dell’emozione, così lo scivo adesso. Dico subito che quella sera non ci sono stato per due motivi. Il primo è che mia madre aveva cucinato i carciofi ed il secondo è che ritenevo di conoscere già quanto Vulpio avrebbe detto. In realtà guardando il filmato che voi avete inserito qui, ho avuto l’ulteriore conferma di non aver perso alcuna novità. Ho sempre seguito con attenzione quanto scritto da Vulpio sul Corriere della Sera (che è il quotidiano che leggo maggiormente) ma alcuni mesi fa ho anche avuto occasione di leggere due sentenze della Corte d’Appello di Milano. Si tratta di due condanne per diffamazione per Vulpio e per i direttori Paolo Mieli e Ferruccio De Bortoli. Le vicende raccontate in questi atti sono molto diverse fra loro. La prima si riferisce alla diffamazione nei confronti di un magistrato della procura distrettuale antimafia di Bari: secondo Vulpio ed il Corriere della Sera, questi sarebbe stato sul libro paga di Cavallari (il re delle cliniche private baresi) ed il contesto della vicenda è quello dello scandalo delle cliniche private nella sanità pugliese, circostanza che i diversi livelli di giudizio hanno dimostrato essere totalmente infondata e da qui, la condanna. La seconda si riferisce invece alla vicenda della concessione alla ditta Matarrese per la costruzione di Punta Perotti. In questo caso la diffamazione è stata consumata ai danni del consigliere comunale dei Verdi e del capogruppo PDS al consiglio comunale di Bari. Negli articoli del Corriere della Sera si era infatti paventato una sorta di consociativismo per cui tanto la maggioranza che l’opposizione fossero interessate a favorire gli interessi patrimoniali di alcune imprese "amiche" e che quindi ci fosse un sostanziale accordo per approvare quella lottizzazione. Anche in questo caso i diversi livelli di giudizio hanno accerato la totale falsità e quindi anche questa sentenza di condanna è divenuta definiva. Come si noterà pur essendo fatti diversi e distanti tra loro anche sotto l’aspetto temporale, vi è un denominatore comune che li unisce: l’idea cioè che "sono tutti al soldo di qualcuno" che "in fondo sono tutti uguali" e che "tutti si ritrovano in perfetto accordo quando si tratta di lucrare", insomma "sono tutti ladri". Conclusione espressa anche in occasione della serata organizzata a Montescaglioso dall’associazione antiracket "Falcone e Borsellino" e, consentitemi di dire, clamorosamente sottolineata da un applauso un pò surreale anche dei nostri amministratori locali presenti in quella sede ( in fondo Vulpio aveva appena finito di dire che erano dei ladri!).

Vorrei qui anche segnalare che alcuni anni fa venne trovato ucciso con alcuni colpi di pistola, sulla strada tra Matera e Gravina, il nostro concittadino Antonio Mazzoccoli. Conoscevo Antonio ed era una brava persona, affabile e disponibile con tutti, molto stimato anche nel suo ambiente di lavoro. Spesso ci capitava di prendere il caffè insieme la mattina e di scambiare una chiacchiera prima di dedicarci alle nostre rispettive e quotidiane occupazioni. Ricordo che il quotidiano la Repubblica, nel dare la notizia del suo assassinio scrisse che la vittima era un "sedicente" assicuratore. Con l’uso di un semplice aggettivo aveva cioè infangato la memoria ed il decoro di una persona perbene. Ricordo che allora scrissi una lettera di protesta alla redazione di Repubblica per sottolineare la grave scorrettezza commessa e chiederne la rettifica, tanto più che sarebbe stato semplice per il cronista verificare la veridicità o meno del fatto che Antonio fosse realmente un assicuratore. Sarebbe bastato telefonare all’agenzia INA Assitalia di Matera per sincerarsene. Allora perchè scrivere una simile castroneria? Per solleticare la morbosità dei lettori? Naturalmente non ho mai ricevuto risposta. Questo pone l’accento sulle responsabilità di chi fa informazione. L’impressione che io ne ricavo è che più che raccontare i fatti, dopo averli accertati, si insegua lo scoop, e che poco importi alla fine se una notizia sia vera o falsa, perchè diventa vera nel momento in cui conquista le luci della ribalta. La tecnica è anche abbastanza semplice: si mettono insieme alcune cose, le più diverse, non importa quali e non importa neanche verificarle, dopodichè si traggono le conclusioni e spesso le conclusioni vengono già tratte a monte. Naturalmente questo non rende un buon servizio all’informazione ed ai cittadini che ne fruiscono. Io credo che non siano tutti uguali e che delle differenze ci siano. Penso che tra i politici esistano i corrotti così come anche le persone oneste. Sarebbe bello se il sistema di informazione ne rendesse conto. Curiosamente rilevo invece che a proposito del processo Mills, nel quale questo avvocato inglese è stato condannato a 4 anni e sei mesi perchè ha preso denaro per dire il falso dall’azienda di proprietà del nostro presidente del consiglio il quale paradossalmente si trova a rappresentare la parte civile, i nostri media, a differenza di quelli esteri, siano stati sostanzialmente assenti ….. che si sia trattato di distrazione?


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15 Commenti

  1. drago

    Caro sig. Noia, devo ripetere alcune puntualizzazioni fatte nelle precedenti discussioni. Anche a mente fredda voglio ripetere che non si può liquidare una interessante serata (fatta dalla associazione antiracket) in maniera così sbrigativa.A mio modesto avviso,il messaggio della serata non era certo quella di giudicare un giornalista (che può sbagliare e spesso  può accentuare volutamente i toni delle discussioni per vendere di più). Penso che lo scopo fosse invece discutere serenamente di argomenti che vengono troppo spesso messi da parte. Mi chiedo: è possibile mettere in discussione una classe dirigente(politici, magistrati, giornalisti)? Questo è la norma in altre società ed è  il fondamento della democrazia . Da noi chi si permette di discutere la classe dirigente?.Pochi, forse solo le varie parti politiche che attaccano quelle avverse.

     Da noi manca quella categoria che si definisce intellettuali, pensatori che analizzano la realtà e criticano normalmente alcune situazioni. Mancando tale contesto si generano delle storture della democrazia.

    Capita così che se arriva un giornalista da fuori a mettere in discussione alcune cose, invece di soffermarsi su ciò che può dire (giuste o sbagliate che siano) ci si soffermi sulla credibilità che la persona può avere. Io sono il primo a dire che Vulpio ha commesso molti errori, ma da qui a criticarlo senza entrare nel merito delle questioni ce ne passa.

    Per esempio ha scritto molte cose sulla questione di omicidi e scomparse nella nostra regione, vogliamo dare un parere su questo?. Vogliamo dire se Vulpio sbaglia a dire queste cose o no?. Vogliamo interrogarci perché le stesse famiglie vittime di quella malagiustizia siano d’accordo con Vulpio, si o no?  Per l’errore de “La repubblica”, massimo rispetto al concittadino Mazzoccoli, scomparso tragicamente. 

     Mario

    1. franco noia

      Caro Mario, anch’io mi vedo costretto a ripetere alcuni concetti che vado ripetendo da tempo. Mi pare di non aver "liquidato" la questione della serata con Carlo Vulpio in maniera sbrigativa. Ho posto invece alcune domande sul sistema di informazione sollecitando su questo una riflessione attenta  e non a caso ho citato l’episodio di Antonio che tu hai così sbrigativamente liquidato con un "massimo rispetto al concittadino Mazzoccoli, scomparso tragicamente".

      La domanda che questa vicenda da me citata pone è la seguente: il cronista di Repubblica ha esercitato il suo sacrosanto diritto di cronaca oppure è andato "oltre"? Ed è una domanda che è essenziale perchè il fondamento della democrazia è il rispetto dei diritti. Qui ci troviamo di fronte, da un lato al diritto del giornalista a fare informazione e dall’altro abbiamo il diritto del cittadino alla sua onorabilità ed al suo buon nome. Chi stabilisce il limite? A me va benissimo che si critichi chiunque purchè questa critica avvenga in maniera corretta e rispettosa dei diritti in gioco. Quello che tuttavia rilevo è che certa cultura televisiva abbia pervaso ogni ambito della vita sociale non lasciando immuni da questo neanche giornalisti "accreditati" alla "sinistra" e neanche taluni magistrati. Quante inchieste abbiamo visto annunciate e gridate con grande clamore mediatico che si sono poi dissolte nel nulla o con un trafiletto in quinta pagina? Però magari abbiamo anche assistito a governi che sono caduti per effetto di quelle pseudo-notizie o pseudo-inchieste, con buona pace di quanti chiedono giustizia! Tutto questo giova ad una democrazia? Vorrei ricordare un caso clamoroso. Alcuni anni fa venne fuori con grande clamore mediatico la questione della cosiddetta cura Di Bella. Il ministro della Sanità era Rosy Bindi. Di questa cosa se ne fece addirittura una questione ideologica con tutto il centro destra schierato a favore di questa cura miracolosa ed il centro sinistra assai scettico a riguardo. Si concluse che il ministero avrebbe testato, attraverso un protocollo, la validità scientifica della terapia. Vi fu un magistrato di Maglie che sollevò la questione giuridica e costituzionale del riconoscimento della libertà di scelta della terapia da parte degli ammalati. Dopo tanto clamore com’è finita? che della cura Di Bella non se ne è saputo più niente, quello che è certo è che quel magistrato di Maglie, grazie alla notorietà del caso, si candidò alle elezioni successive e divenne parlamentare. E degli ammalati di tumore che vedevano in quella cura una speranza di guarigione, cosa ne è stato? Chi ha tutelato il loro diritto ad essere informati? Per certi versi mi è sembrato di rivivere quella pagina della nostra storia recente con il caso Englaro! Come certamente noterai la portata di queste domande è essenziale per la democrazia e non è certo di poco conto perchè i diritti dei cittadini non sono mai di poco conto.

      1. vince_ditaranto

        Ciao Franco Noia,

        mi trovo totalmente d’accordo con Mario.

        Sono convinto che ci si soffermi su altre cose e ci si dimentichi della sostanza. Ricordando le condanne ricevute da Vulpio hai cercato di screditare indirettamente le parole che lui ha detto. Non è un comportamento intellettualmente onesto, bisogna entrare nel merito delle varie questioni poste.

        Inoltre non si è compreso che ai cittadini non interessano i PROCESSI PENALI ma i PROCESSI POLITICI. Esistono, come tu ben sai, molte "verità" e spesso la verità processuale non è quella che interessa al cittadino, che è interessato al "giudizio politico". Questo è un passaggio molto importante a mio avviso, ed è spesso sottovalutato. Ti faccio un esempio:il giornalista X scrive che il politico Y ha preso tangenti per un appalto. Il politico Y porta in tribunale il giornalista e vince la causa perchè "letteralmente" non ha preso soldi per quell’appalto. Agli atti risulta che il giornalista X è stato condannato per diffamazione. Magari la verità invece era che effettivamente il politico Y non aveva preso tangenti, ma le tangenti erano state intascate da società riconducibili ad un parente stretto del politico Y. Formalmente il giornalista è colpevole, perchè in base a informazioni e "rumors" ha mancato il bersaglio. Ma a me cittadino non interessa la verità processuale, interessa capire che comunque il politico Y è collegato o collegabile ad un presunto illecito. A me non interessa cosa dice il processo, interessano le condizioni POLITICHE di contorno che mi consentiranno di fidarmi o meno del politico Y nelle prossime tornate elettorali.

        Ti faccio notare la palese contraddizione presente nel tuo concetto di "informazione". Tu pretendi che su inchieste che NON ti piacciono i giornalisti dovrebbero andare cauti, mentre su altre che gradisci un po di più chiedi di occupare tutte le prime pagine. Devo darti ragione sulle distorsioni implicite nell’informazione, ma credo che un lettore consapevole deve filtrare quello che legge. Questo lo sanno benissimo tutti i personaggi pubblici, politici inclusi….che spesso si servono del meccanismo dell’informazione per modellare il popolo, e sanno benissimo che a volte tale meccanismo gli si ritorce contro.

        Chiudo ribadendo un concetto a volte trascurato: spesso si invoca la moralità di giornalisti, magistrati, opinionisti, satirici, comici, ecc…..nel fare correttamente il loro lavoro. Altrettanto spesso ci si dimentica di invocare altrettanta moralità nelle classi dirigenti, come se accettiamo le balle dette dal politico ma non quelle dette da altri. Tutto ciò è grottesco.

        Scusa il papiro.

        Saluti

         

         

        1. piovasco

          Quello che scrive Corvo è la negazione dello stato di diritto.

          I "processi politici" sono stati celebrati storicamente dai regimi totalitari o negli ultimi anni dai gruppi terroristici che hanno imperversato per la nostra penisola.

          La responsabilità politica di una condotta sbagliata può e deve essere messa in evidenza magari si spera dalla parte politica avversa. Questa condizione in Italia non si è quasi mai verificata a causa del consociativismo.

          Cosa ben diversa è il giornalismo d’inchiesta. In questo caso, quando è ben fatto porta a delle vere e proprie inchieste giudiziarie. Il punto è che queste inchieste giudiziare devono portare ad una condanna giudiziaria e non ad un’assoluzione altrimenti in uno stato di diritto si tratta di diffamazione punto e basta.

          Il meccanismo che descrive Corvo della società intestata al parente del politico Y è comunque un reato che se messo in evidenza è perseguito a norma di legge, per cui il suo esempio è comunque sbagliato.

           

          Saluti.

          1. vince_ditaranto

            Caro Piovasco, mi aspettavo repliche ma non certo accuse di negare lo stato di diritto.

            Mi sa che non hai chiari gli argomenti di cui cerchi di parlare.

            Ti rispondo punto per punto.

            Tu scrivi:

            I "processi politici" sono stati celebrati storicamente dai regimi totalitari o negli ultimi anni dai gruppi terroristici che hanno imperversato per la nostra penisola.

            Non capisco cosa hai capito tu per "processi politici", ma sicuramente non è quello che volevo dire io. Ho affermato che al di la della sentenza bisogna analizzare il "significato politico" di una particolare vicenda, ovvero leggersi la sentenza e capire perchè uno "è stato dichiarato" colpevole o innocente. Un classico esempio (ma ce ne sono molti altri) è quello dei processi di alcuni famosi politici italiani che sono stati assolti ma magari per prescrizione, non perchè non avevano commesso il fatto. Un cittadino cosa deve pensare? E’ assolto quindi è un santo? No deve riflettere sul significato della sentenza, quindi fare considerazioni politiche, e non fermarsi alla verità processuale. La differenza, a volte abissale, tra verità fattuale e verità processuale è la prima cosa che si insegna in qualsiasi Corso di Laurea di Giurrisprudenza. Non mi sembra di dire cose assurde.

            Tu scrivi:

            La responsabilità politica di una condotta sbagliata può e deve essere messa in evidenza magari si spera dalla parte politica avversa. Questa condizione in Italia non si è quasi mai verificata a causa del consociativismo.

            In questa frase tu stai affermando che SOLO una parte politica ha il diritto di contestare una condotta politica. Ma stai scherzando??

            E la società civil dove la metti?

             Mi sa che sei tu che stai negando lo stato di diritto. 

            Tu scrivi:

            Cosa ben diversa è il giornalismo d’inchiesta. In questo caso, quando è ben fatto porta a delle vere e proprie inchieste giudiziarie. Il punto è che queste inchieste giudiziare devono portare ad una condanna giudiziaria e non ad un’assoluzione altrimenti in uno stato di diritto si tratta di diffamazione punto e basta.

            Non ritieni che quello di Vulpio sia giornalismo di inchiesta? E’ una tua opinione, molti non la pensano come te.

            Non è detto che una inchiesta giornalistica porti ad una inchiesta giudiziaria, perchè molte volte le cosiddette "CARTE" sono a posto e nessuno puo essere incriminato. Quante volte è successo!!! 

            E poi nessuno sta discutendo che se un giornalista dice cose anche "formalmente" errate non debba essere condannato per diffamazione. Se un tribunale lo stabilisce evidentemente è così. Un giornalista sa a cosa va incontro. Il cittadino deve discernere il PERCHE’ c’è stata  diffamazione. E’ un cavillo giudiziario su cui abilmente un avvocato ha fatto leva, oppure si sono state dette castronerie? E’ anche se un giornalista è stato condannato per diffamazione su di un argomento non è detto che ogni volta che parli spari balle a ripetizione. Ti ricordo che Vulpio non scrive per il Corriere dei Piccoli.  

            Peccato che i politici non siano incriminabili per le castronerie che raccontano ai cittadini!!!! 

            Tu scrivi:

            Il meccanismo che descrive Corvo della società intestata al parente del politico Y è comunque un reato che se messo in evidenza è perseguito a norma di legge, per cui il suo esempio è comunque sbagliato.

            Qui si capisce infine che non hai chiare molte cose. Perchè dici che ho sbagliato esempio?

            Se la busta l’ha presa un parente e il giornalista dice che l’ha presa lui è diffamazione, perchè l’affermazione è errata. Perchè in uno stato di diritto (che tu ignori) ognuno risponde per se.

            Però intanto il giornalista ha avuto la condanna e il politico la fa franca davanti all’opinione pubblica. Se poi il reato del parente viene perseguito è un’altro paio di maniche. Sicuramente lui usufruisce del comportamento illegale senza essere indagato nè (cosa molto più importante per avere il consenso) indicato in prima persona. Perchè credi che Paolo Berlusconi si sia fatto tutti quei processi??

            Ti saluto chiedendoti,  a te come ad altri utenti, dove è che nego lo stato di diritto.  

          2. piovasco

            Questa frase non l’ho scritta io:

            Inoltre non si è compreso che ai cittadini non interessano i PROCESSI PENALI ma i PROCESSI POLITICI.

            Appresso:

            La responsabilità politica di una condotta sbagliata può e deve essere messa in evidenza magari si spera dalla parte politica avversa. Questa condizione in Italia non si è quasi mai verificata a causa del consociativismo. 

            <Può> significa può cioè possibilità; poi aggiungo un bel: <magari si spera> che esprime augurio. Tutto questo tu lo traduci con un SOLO scritto in maiuscolo.

            Ancora:

            Quello di Vulpio per me è sicuramente giornalismo di inchiesta. Il problema è che se porta alla condanna dell’inquirente e non dell’indagato forse gli elementi di indagine sono un pò carenti.

             Continuo:

            L’esempio è sbagliato perchè non porta alla conclusione che il politico è innocente, in quanto per la legge italiana il meccanismo che descrivi tu è comunque reato e porterebbe a una condanna del politico stesso e non a una sua assoluzione.

            Io sicuramente ignoro molte cose non ho la presunzione di sapere tutto, però se Vulpio è stato condannato con delle sentenze so che in uno stato di diritto è colpevole di reato e non innocente.

            Ciao.

        2. franco noia

          prendo atto del fatto che tu ti ritrovi totalmente su quanto espresso da Mario. Per quanto mi riguarda ho delle difficoltà a scindere il contenuto dalla credibilità di chi lo esprime. E’ intellettualmente onesto dal tuo punto di vista nutrire dei dubbi o bisogna uniformarsi al "pensiero unico" ed immolarsi davanti al plastico della villetta di Cogne?  Ho citato le due sentenze della Corte d’Appello di Milano, ma ho anche detto di aver seguito sulla stampa quanto riferisce Vulpio. Non credo che ci sia la mano della Piovra dietro alla decisione di Paolo Mieli di sollevarlo dall’incarico di scrivere sulle inchieste di Catanzaro. Se la realtà fosse quella rappresentata da Vulpio, non sarebbe neanche il caso di stare a parlare in Italia di riforme: bisognerebbe solo imbracciare un fucile ed andare in montagna a cominciare la guerra di liberazione. A differenza tua, io però voglio credere nella giustizia e nell’operato della magistratura, almeno fino a quando questa sarà autonoma e fuori dal controllo dell’esecutivo, secondo quanto disegnato dalla Carta Costituzionale. Io ho voluto sollevare dei dubbi su certa maniera di fare informazione, del resto, giusto per entrare nel merito della questione, quando Vulpio riferisce che Bubbico e Buccico siano parenti per effetto di una errata trascrizione operata dall’ufficio di anagrafe, è lecito nutrire qualche dubbio? Eppure sarebbe così semplice verificare una simile circostanza! Allora perchè scriverla? Per arrivare a dire che i due siano legati tra loro oltre che da interessi patrimoniali (loro o di loro "amici") anche da vincoli di parentela? Io conosco sia l’uno che l’altro e nutro il massimo rispetto per entrambe, e so anche per certo che questa è un’autentica  bufala. E’ lecito nutrire dubbi sull’intero contenuto di quanto riportato dal Corriere della Sera? Ancora. In un altro articolo si riportano le dichiarazioni rese da Scarcia (già condannato per associazione mafiosa e sottoposto al 41 bis) a proposito dell’esistenza di festini a base di sesso e droga in cui sarebbe stata coinvolta Marirosa (una dei due fidanzatini di Policoro)  e che vedrebbe in Buccico uno dei perni di questa vicenda. Per "accreditare" l’attendibilità di Scarcia, si dice che questi non ricaverebbe alcun beneficio da questa sua collaborazione. Sarebbe come dire che questa persona offrirebbe la sua collaborazione alla magistratura esclusivamente per amore di giustizia! Non sarebbe più plausibile, anche sotto l’aspetto "umano" ritenere che Scarcia volesse vendicarsi di quei magistrati che lo hanno condannato?  E’ lecito avere dubbi su affermazioni simili? Del resto anche in occasione di quella serata l’avv. Rocco Fortunato ha riferito che già in un primo grado di giudizio, Vulpio sia stato nuovamente condannato per diffamazione nei confronti di Bubbico relativamente alla vicenda di Marinagri e vedremo come andrà a finire. Magari sarà stato anche questo ad indurre Paolo Mieli a sollevarlo dall’incarico. Forse a te non interessa questo genere di discorso perchè sei più interessato al tuo "giudizio politico", consentimi tuttavia il beneficio di dubitare anche perchè il mio giudizio politico io lo formulo quando vado a votare.

          Saluti

           

          P.S.: mi dici dove hai trovato scritto le cose delle quali mi attribuisci la paternità? Riporto quanto hai scritto a riguardo.

          "Ti faccio notare la palese contraddizione presente nel tuo concetto di "informazione". Tu pretendi che su inchieste che NON ti piacciono i giornalisti dovrebbero andare cauti, mentre su altre che gradisci un po di più chiedi di occupare tutte le prime pagine "

          Se ti riferisci alla vicenda Mills, ti faccio notare che io citavo una sentenza del tribunale e non una mia opinione

          1. vince_ditaranto

            Ciao Franco Noia,

            sinceramente ho difficoltà a rispondere al tuo post, per molti motivi:

            1- La tua risposta mi fa capire che non hai compreso il mio post, o comunque che magari mi sono spiegato male io. Quindi le tue risposte non le ho proprio capite, credimi.

            2- Hai abilmente evitato delle questioni che ti ho posto e ne hai tirato in ballo delle altre, quindi davvero ho serie dificoltà ad argomentare. 

            Purtroppo sono consapevole che questi sono argomenti delicati, ma è davvero imbarazzante constatare che due (o più) cittadini non riescono a capirsi su questioni basilari che riguardano la società civile. Sono davvero tentato di prendere il telefono e chiamarti, così almeno a parole o di persona si cercherebbe di capirsi meglio.

            Prometto che stasera a casa mi rileggo meglio i post per cercare di mettere su una risposta punto per punto.  

            buona giornata

  2. drago

     Caro sig. Noia,

    confesso un po’ di stanchezza nel rispondere alle considerazioni già fatte tante altre volte .

    Non ce l’ho con Lei, ce l’ho con un clima di minimalismo ingiustificato verso i casi irrisolti da me più volte analizzati.

    C’è tanta confusione e sottovalutazione dei problemi.

    L’unica cosa che posso dire è invitarLa ad andare a parlare direttamente con le famiglie vittime dei casi irrisolti da me citati.

    Se vuole Le posso dare un contatto..

    Dopo di che la saluto…

    A presto..

    Mario

  3. ciffo

    Leggo con piacere le argomentazioni di Franco Noia…. per una volta qualcuno che aggiunge qualche considerazione che si basa su fatti e non su sensazioni o sfacciati slogan degni di tifosi da stadio. Franco afferma che la credibilità di un giornalista si valuta anche dalla sua storia e ci ricorda 2 condanne per diffamazione subite da Vulpio in vicende totalmente estranee a quelle più recenti.
    Penso che queste considerazioni non vadano ignorate ma aggiunte al nostro bagaglio di informazioni in modo da poter ognuno di noi farci un’idea senza lasciarsi influenzare da presunte verità assolute.
    Al contrario di Franco, però, a me non basta questo per concludere che Vulpio è un cattivo giornalista e che tutto quello che scrive o ha scritto sia da considerare carta straccia. Tanti sono gli ottimi giornalisti che sono stati condannati per diffamazione… sono incidenti di percorso spesso inevitabili. Anche una macchina da guerra dei fatti come Travaglio ha perso una causa per diffamazione contro Previti…. questo per me certo non è sufficiente a dire che Travaglio è un cattivo giornalista o Previti una povera vittima. Perchè?
    Perchè io personalmente non prendo gli scritti di Travaglio o di Vulpio come verità assolute ma solo come spunto per approfondire le mie conoscenze su tanti fatti, sono solo versioni di alcuni fatti raccontate spesso secondo un punto di vista che, in molti casi, può rivelarsi MOLTO soggettivo.
    Tornando a Vulpio e la sua condanna per la vicenda di Punta Perotti voglio ricordare che con lui è stato condannato anche un galantuomo come Ferruccio De Bortoli e che quella condanna può assumere anche un’accezione positiva se si considera la stranezza della vicenda di Punta Perotti, un ecomostro enorme che è stato costruito – pare – abusivamente e tutto ciò senza che si siano individuati colpevoli o responsabili. In situazioni così ingarbugliate dubito che un buon giornalista sia quello che, evitando ogni grana, non si espone in alcun modo.
    Un’ altra considerazione che mi sento di fare è che cattivo giornalismo è certo quello in cui si infanga l’onorabilità di un cittadino…. ma anche cattivo giornalismo è quello in cui si tace su alcuni fatti…. chiedere a Olimpia Orioli, a Gildo Claps, a De Mare, etc…. tanti cittadini che hanno perso ben più della loro onorabilità. Magari trovassimo qualcuno disposto a indignarsi anche per questi cittadini oltre che per i politici o vips infangati!
    Insomma… vediamo le cose a 360°!
    Franco Noia conosce e nutre il massimo rispetto per Buccico e trova strano che si conceda credibilità ad un pentito che lo accusa forse solo per infangare l’onorabilità sua e dei magistrati che lo hanno incarcerato. Lecito! E giusto dal suo punto di vista di amico di Buccico.
    Ma bisogna anche considerare l’altro lato della medaglia. Anche la famiglia di Olimpia Orioli ha conosciuto Buccico. Il principe del foro, ora sindaco di Matera, è stato prima il legale della famiglia Orioli e poi il difensore di quelli che gli Orioli avevano accusato di negligenza nelle stesse indagini, indagini che – ricordiamo – sono andate sempre e solo nella direzione che avrebbe permesso l’occultamento della verità.
     
    Concludo con il discorso processo penale – giudizio (meglio di processo) politico. Sono d’accordo con corvo anche se devo dar ragione a piovasco perché corvo ha usato davvero un pessimo esempio. Io invece richiamerei come esempio proprio una vicenda recentissima.
    Pochi giorni fa a Roma hanno archiviato le indagini su Berlusconi e Saccà affermando che non è stato commesso alcun reato. Berlusconi prometteva futuri guadagni a Saccà e questo servilmente piazzava nelle fiction RAI le attricette imposte da Berlusconi stesso. Secondo i giudici questa non è corruzione perchè SAccà non sarebbe un funzionario pubblico… insomma i favori ci sono stati ma in ambito privato. Lasciando da parte l’assurdità di tale ragionamento (se non è pubblica la RAI!!!!!) vorrei farvi notare che dal punto di vista penale Berlusconi esce lindo, puro e immacolato. Ma un giudizio politico è d’obbligo perchè ci ritroviamo un presidente del consiglio ignobile!!!! E mai mi sognerei di dire che i giornalisti dell’espresso sono cattivi giornalisti perchè ci hanno informato su un’inchiesta giudiziaria che è finita poi in nulla.

    1. vince_ditaranto

      Devo ringraziare Ciffo per aver esposto in maniera più puntuale e precisa quello che stavo cercando di dire (molto male forse….) nei miei ultimi post sull’argomento.

      Anche se non ho capito perchè il mio esempio non andava bene, magari me lo spieghi.

      Il tuo esempio Berlusconi-Saccà invece va benissimo per farci capire che le sentenze vanno interpretate.

      Ottimo infine il passaggio in cui parli del quasi inevitabile rischio "diffamazione" a cui sono posti i giornalisti che cercano di dare delle letture diverse della realtà. Spesso se il concetto in sostanza è vero ma la forma non è corretta ti becchi ugualmente la condanna per aver diffamato. Ma il cittadino a cosa deve badare?

      1. piovasco

        Ai fini del discorso che stiamo facendo, a mio modo di vedere, l’esempio Berlusconi-Saccà va benissimo perchè non richiede una sentenza per dipingere il quadro.

        Il giornalista che mi racconta quello che è avvenuto nel caso delle vallette non pretende per forza di raccontare una notizia di reato, mi sta però fornendo un aspetto particolare della persona che ci governa permettendomi di poterne tracciare un profilo più completo.

        In questo io apprezzo tantissimo la politica degli USA dove chi è chiamato a governare la cosa pubblica è tenuto a fornire un quadro trasparente del proprio mondo. Dove il finanziamento dei privati alla politica è cosa regolamentata e alla luce del sole.

        Cambiando pianeta, quello che la stampa ha raccontato della "parentopoli" nelle varie università italiane non porterà mai a una condanna dei giornalisti che se ne sono occupati, perchè hanno raccontato un dato di fatto: in talune università, professori e ricercatori appartengono a pochi nuclei familiari.

        Sicuramente tutti questi hanno superato brillantemente i concorsi e adempiuto a tutti gli iter amministrativi, ma dal punto di vista etico mi faccio un quadro che quanto meno mi indigna. Diverso sarebbe se un giornalista avventurandosi per qualche vena romanzesca non gli venga in mente di ipotizzare che il tutto nasconda una oscura trama di conquista culturale del mondo.

        Saluti.

  4. franco noia

    Ritengo sia utile trasmettervi la sentenza della Corte d’Appello di Milano che riguarda la vicenda di Punta Perotti. Ho omesso la prima parte dove si riassume quanto emerso dai precedenti livelli di giudizio. Mi pare che la formulazione fatta dai giudici sia molto significativa riguardo la maniera con cui viene fatta certa informazione. Ma è anche emblematica per quegli spunti di riflessione che questa offre anche con riguardo al tema di cui stiamo dibattendo. Ognuno poi potrà trarre le conclusioni che riterrà più opportune. Quello che vi sottolineo è il presupposto di verità, ribadito anche dai giudici, che dovrebbe sottendere alla esposizione dei fatti per il rispetto che si deve alla dignità delle persone coinvolte, in primis  alle persone che soffrono per la scomparsa dei loro cari, e che per questa ragione chiedono giustizia. Abbiamo anche visto in passato, come ho già riferito, che spesso la sofferenza delle persone è stata utilizzata per delle volgari speculazioni politiche (è il caso della "Cura Di Bella"). Vorrei che non si riproponesse la stessa situazione.

    Buona lettura

     

    All’esito dell’odierna udienza ritiene la Corte che debba essere confermata la penale responsabilità di entrambi gli imputati.

    Invero deve essere anzitutto valutato il contesto storico temporale della pubblicazione nel frangente della diffusione della sentenza della Corte di Cassazione e quindi della riproposizione con attualità delle gravi perplessità espresse dai giudicanti.

    Deve poi considerarsi la collocazione grafica del testo  proprio a far da spalla all’articolo sulla sentenza della Cassazione.

    Ancora deve essere valutato l’inserimento evidente dell’articolo nella rubrica “cronache” e nell’intitolazione dato allo stesso in grassetto “La storia”.

    Ancora deve riguardarsi il contenuto dell’articolo che riferendo taluni aspetti giudiziari o di altre pubblicazioni giornalistiche costituisce certamente anche un pezzo di cronaca. Per il resto non è di facile ed immediata percezione distinguere il resoconto di cronaca dall’opinione del giornalista; per come è congegnato, l’articolo si propone, con passionale convincimento, come un mix di cronaca e di critica nel quale non è immediato operare dei distinguo che nella fattispecie presuppone invece un esame attento se non puntiglioso, non scontato nel lettore di un quotidiano.

    La collocazione e intitolazione nonché il tenore stesso del testo conducono quindi chi legge, non necessariamente competente, avveduto ed informato, stante la diffusione del quotidiano presso un variegato pubblico, a non operare discernimenti nella ricostruzione appunto della storia. Anche le due foto contribuiscono ad additare con immediatezza al lettore qualunque che responsabili di quelle malefatte denunciate anche dai giudici sono proprio quei soggetti nominativamente individuati dal giornalista.

    Ma anche a voler riguardare e soppesare il contenuto dell’articolo, con riferimento alle parti incriminate, come prevalente esercizio di critica politica occorre comunque evidenziare che il pensiero del giornalista non si esplicita in realtà nei termini doviziosamente dedotti dai difensori, ma si riduce ad una imputazione di responsabilità assolutamente sbilanciata: tanto specifica e dettagliata nell’individuazione dei soggetti indicati precisamente con qualifiche e foto, quanto generica, priva di concreti riferimenti individuali nel contenuto, allusiva, per il contesto, agli accertamenti giudiziari, ma avulsa da specifici dati. Il giornalista infatti ben sapeva del voto contrario espresso nell’esercizio delle loro funzioni dai due imputati e delle motivazioni contrarie che li avevano sorretti ed ha al proposito sorvolato non potendo altrimenti più sostenere, nei termini assoluti e risoluti prospettati, la tesi colpevolista tout court.

    E’ noto che occorre per la sussistenza della scriminante sia del diritto di cronaca ma anche di critica il requisito della verità dei fatti presupposti.

    La stessa tesi difensiva deduce che la lettura corretta (e quindi tutelata della causa di giustificazione) dell’articolo e del pensiero del giornalista è la seguente: i due personaggi additati sono comunque da ritenersi responsabili, nonostante il voto contrario espresso, in quanto non si sono opposti “abbastanza” o efficacemente o come avrebbero dovuto fare e via dicendo come la difesa ha cercato di provare.

    Ma tale addotto significato pare a questa Corte assolutamente indecifrabile dalla lettura dell’articolo in esame quale esso è. Oggettivamente nell’articolo non si rinviene alcun elemento che rimandi al concetto di ritenuta “insufficienza” dell’opposizione così praticata piuttosto che a quello testuale ed in veritiero di non opposizione delle parti lese.

    Il testo giornalistico, che per suo peculiare genere è destinato ad una lettura di “consumo immediato”, deve essere valutato per quello che esprime e non già per quello che, secondo la difesa, il giornalista avrebbe avuto in pectore ma che non risulta estrinsecato né per appigli testuali né di altro genere. Una volta pubblicato l’articolo vive infatti di vita propria e la precedente attività giornalistica svolta dall’imputato che, come da lui stesso riferito, si è in passato sempre interessato con passione civile della scandalosa vicenda della sua città, non giustifica, con riguardo alla serie indiscriminata di lettori, una iscrizione sommaria di ritenuta colpevolezza lasciando intendere non già la pretesa insufficienza qualitativa o quantitativa della opposizione, pur svolta dalle due parti prese di mira, bensì insinuando una dolosa non opposizione sic et simpliciter delle stesse al sorgere degli ecomostri, senza neppure accennare quantomeno a delle scansioni temporali.

    Vieppiù la tendenziosa prospettazione offerta è stata ricollegata dal giornalista, conseguendo con ciò l’avvaloramento della tesi di totale acquiescenza, all’asserito scopo delle parti lese di agevolare un imprenditore simpatizzante d’area. Il doloso e censurabile intendimento non risulta comprovato in fatto da comportamenti ascrittibili personalmente ai querelanti: la stessa ipotesi accusatoria della tesi difensiva è riferita al sindaco e non dà perciò  solo contezza dell’estensione ad altri protagonisti, pur se facenti parte della stessa formazione politica.

    In definitiva il giornalista, partendo dallo scalpore suscitato dalla Sentenza della Cassazione, volendo tacciare in modo inequivocabile proprio quei determinati soggetti di responsabilità per la faccenda degli ecomostri, prescinde dai dati completi e veritieri in suo possesso per suscitare nei lettori un più intenso grado di riprovevolezza.

    Pertanto i risvolti penali del comportamento non si rinvengono nell’esercizio del diritto di critica politica, ma nello scorretto utilizzo dello strumento in quanto inteso a enfatizzare il discredito, ignorando volutamente ogni considerazione e proposizione ai lettori di dati di fatto comunque eloquenti sull’argomento ed oggettivamente rilevanti e inconfutabili che invece avrebbero potuto circoscrivere o conformare in modo diverso o addirittura rintuzzare per tabulas gli appunti mossi che, così come prospettati, hanno appunto teso a fuorviare il lettore dai confini della verità obiettiva.

    Nel destinatario del testo incriminato si determina la falsa impressione che ad ognuno dei due soggetti così specificamente additati il fenomeno scellerato sia attribuibile in toto e dal suo sorgere, il che non corrisponde pacificamente a verità, poiché non tiene conto del voto contrario e motivato che, come già rilevato dal P.G. in udienza, costituisce invece la piena ed inequivocabile espressione di volontà da parte di chi partecipa ad un organismo collettivo.

    Anche quindi a voler ritenere che altri fatti successivi, peraltro di dubbia e contestata lettura, sui quali le parti si sono lungamente dilungate, avessero potuto essere dal giornalista valutati “contro” le due parti, ciò non toglie che la versione dei fatti, stigmatizzata e sottintesa alla asserita censura politica dei personaggi politici specificati, in realtà era “parziale” non nel senso di opinabile bensì in quello di consapevolmente e significativamente omissiva, incompleta, indirizzata in sostanza ad aggravare i termini della questione per far risultare con più clamore disonorevoli le persone prese di mira. Tutto il fatto presupposto deve essere vero nel suo complesso e nelle sue modalità per esimere da pena per addebiti diffamatori. Ritiene la Corte infatti che quando derivano lesioni all’altrui reputazioni il requisito della verità deve essere rigorosamente riferito all’intero iter fattuale da cui prende spunto la critica: il che non si è sicuramente verificato nella fattispecie.

    Così ritenuta la colpevolezza dell’autore dell’articolo deve anche ritenersi configurabile la responsabilità penale del direttore del quotidiano per omesso controllo. Invero l’articolo incriminato trattava di una notizia all’apice dell’attualità e dell’interesse pubblico, era visibilmente di una certa consistenza ed era evidenziato dal corredo delle fotografie delle due parti lese già personaggi pubblici sicchè non poteva sfuggire all’attenzione del direttore di provata esperienza la portata del pezzo ed in specie lo specifico additamento di quei due soggetti della sinistra per i gravi addebiti mossi, sì da consigliare, secondo norme di ordinaria prudenza e accortezza, una oculata supervisione ed una significativa consultazione sui dati e fatti noti all’autore, intesa a elidere ogni fuorviante esposizione diffamatoria dei soggetti coinvolti.

    Consegue quindi in capo agli imputati l’obbligazione risarcitoria che peraltro ritiene la Corte debba essere adeguatamente ridotta ad entità più contenute. Certamente la personalità delle parti lese va tutelata nella sua integrità, pur tuttavia la loro dimensione di “uomini pubblici” consente di ritenere che gli stessi siano per vocazione più esposti di altri a subire aspre critiche, attacchi opportunistici, non obiettivi e via dicendo.

    Valutato quindi il reale contesto in cui è inserito il censurato articolo, la cui continenza verbale è peraltro incensurabile, il danno morale deve essere ridotto ed equitativamente liquidato in complessivi € 15.000,00 per ciascuna delle parti civili ed in € 5.000,00 per ciascuna delle parti civili a titolo di riparazione pecuniaria ex art. 12 Legge n. 47/48

     

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