I ricchi hanno una peculiare atmosfera loro propria. Per raffinati, discreti, antichi ed evoluti che siano, i ricchi hanno un’alterezza impenetrabile e sicura dì sé, quella inviolabile certezza e durezza che sono difficili a infrangersi. Non sono i possessori della ricchezza, ma è la ricchezza che li possiede, e questo è ancor peggio della morte. La loro presunzione è filantropia; credono d’essere i fiduciari della loro ricchezza; hanno istituzioni benefiche, creano dotazioni; sono i costruttori, i creatori, i donatori. Erigono chiese, templi, ma il loro dio é il dio del loro oro. Con tanta povertà e degradazione nel mondo, bisogna avere un’epidermide ben dura per essere ricchi. Alcuni di loro vengono a fàr domande, a discutere, a trovar la realtà. Per il ricco come per il povero è supremamente difficile trovare la realtà. Il povero brama essere ricco e potente, e i ricchi sono già presi nella rete della loro stessa azione; eppure credono e si avventurano più vicino. Speculano, non sul mercato, ma sul fondamentale. Si gingillano con entrambi, ma hanno il successo soltanto con ciò che hanno nel cuore. Le loro opinioni e le loro cerimonie, le loro speranze e paure non hanno nulla a che fare con la realtà, perché i loro cuori sono vuoti. Più grande la mostra esteriore, più profonda la povertà interiore.Rinunciare al mondo della ricchezza, delle comodità e dello stato sociale è faccenda relativamente semplice; ma mettere da parte il desiderio di essere, di diventare, esige grande intelligenza e molta comprensione. Il potere che dà la ricchezza è un ostacolo alla comprensione della realtà, come lo è anche il potere di donare. Questa forma particolare di fiducia è evidentemente un’attività dell’io; e sebbene sia difficile, questa specie di sicurezza e di potere possono essere messi da parte. Ma ciò che è molto più sottile e nascosto è il potere e l’impulso che si trovano nella brama di divenire. L’espansione dell’io sotto ogni forma, tanto attraverso la ricchezza quanto attraverso la virtù, è un processo di conflitto, causa di antagonismo e confusione. Una mente appesantita dal divenire non può essere mai tranquilla, perché la tranquillità non è mai un risultato né dell’esercizio né del tempo. La tranquillità è uno stato di comprensione e il divenire nega questa comprensione. Il divenire crea il senso del tempo, che è realmente la posposizione della comprensione. L’»io sarò» è un’illusione nata dall’importanza di sé.