Un lungo documento redatto nell’anno 1500, descrive il patrimonio dell’Abbazia di S. Michele qualche anno dopo l’annessione alla Congregazione benedettina di S. Giustina da Padova. Dopo l’unione, i monaci avviarono il restauro e l’ampliamento del monastero ma anche una ricognizione sull’intero patrimonio terriero e immobiliare finalizzata a recuperare quanto era stato usurpato ed indebitamente occupato da privati, baroni e Comuni, in particolare Montescaglioso, Bernalda, Pisticci, Pomarico, Ginosa, Stigliano e Gorgoglione. Il documento, la cui redazione inizia l’11 Agosto dell’anno 1500,è citato, ma non esibito, in numerosi atti notarili ed in cause giudiziarie inerenti controversie tra Benedettini ed altri attori locali. Lunghe e complesse ricerche prolungatesi per anni, hanno permesso di rintracciare una copia dell’atto databile alla metà del sec. XVI. È ormai in fase conclusiva la trascrizione del documento, commentato ed analizzato sulla base di altre acquisizioni e dei risultati finora conseguiti nella ricostruzione delle vicende dell’Abbazia di S. Michele. L’obiettivo è giungere alla pubblicazione dell’ “ Inventario “ entro la fine del 2020. Le notizie fornite dal documento aggiungono informazioni inedite a quanto già si conosceva su Montescaglioso e la sua Abbazia che completano quelle di un analogo documento, già noto, redatto qualche anno prima da Federico D’Aragona, Conte di Montescaglioso. È risolta una sorta di vuoto nella cronotasssi dei feudatari di Montescaglioso a cavallo dei secoli XV e XVI: l’inizio del documento recita “…Dominante (…)in dicta Terra Montis Caveosi Serenissima Domina (…) Johanna de Aragonia bone recordationis et felicis memorie serenissimi Ferdinandi Secondi Regis Consorte relicta…“ e attribuisce, sotto il Regno Federico I (1496 – 1501) e di Isabella Del Balzo, già Conti di Montescaglioso tra il 1487 ed il 1496, la titolarità del feudo a Giovanna II D’Aragona, giovane vedova di Re Ferdinando II, defunto molto giovane nel 1496. Il documento conferma l’avvio dei lavori di restauro dell’Abbazia dei quali sembra occuparsi il Priore Benedetto da Sarzana, monaco della Badia di Maria a Firenze che poi sarà Abate di Montescaglioso. La chiesa di S. Maria in Platea è citata quasi ridotta a rudere. È menzionata l’esistenza di una chiesa dedicata a S. Francesco posseduta dai Benedettini, finora sconosciuta. Sono citati esponenti delle maggiori casate della città. Per vari mesi, a partire dall’Estate del 1500, monaci, Notai, esperti del territorio e rappresentanti delle istituzioni coinvolte, effettuano accurate ricognizioni sul terreno, collocando lungo i confini delle tenute appartenenti all’Abbazia un grande numero di fitte confinarie, “ lapis cum A et cruce signatum “, ben oltre il centinaio, alcune delle quali rintracciate negli anni scorsi.
Francesco Caputo (CooperAttiva).