Avena era il numero 10 classico, di quelli che si fa sempre più fatica a trovare sui campi di calcio. Non era un centrocampista ,anche se vedeva lo svolgersi del gioco con un paio di passaggi d’anticipo. Non era un attaccante, anche se di gol ne faceva e nemmeno pochi,vincendo le classifiche dei capocannonieri. Bazzzicava in quella zona di nessuno tra centrocampo e attacco dove solo i grandi sanno il da farsi.
La palla obbediva a ogni suo comando, e lui ondeggiava con quella maglia gialloverde sempre ordinata. Un tocco e il pubblico tratteneva il fiato ,un secondo tocco e c’era la meraviglia prima del gol o dell’ assist decisivo. Talento puro tra le righe bianche del campo.
Pierino Avena , nato a Montescaglioso il 14/09/48, ha vissuto la sua infanzia come tanti: “La brecciolina come terreno di gioco, due pietre come porte e un pallone. Questo era il divertimento di allora”.
E’ l’infanzia di tanti ragazzi dell’epoca. I campi in erba erano un sogno, ma nemmeno quelli in terra battuta. Ragazzi cresciuti anche bene, con quella passione che ogni giorno che passava diventava sempre più forte.
Centrocampista, trequartista, fantasista, difficile anche riuscire a dargli un ruolo, per lui che ha sempre vissuto la gioia di un pallone tra i piedi come un mezzo per far divertire il pubblico: “Quando la tv non la faceva da padrone, la gente veniva allo stadio comunale di Montescaglioso per vedere giocare a calcio e per gustarsi una giocata: un dribbling, una punizione, un pallonetto al portiere fuori dai pali. Il divertimento era questo, dare la soddisfazione alle persone di poter dire di aver visto una partita che è valsa il prezzo del biglietto”.
Pierino Avena a iniziato a giocare a 16 anni con la F.C. Montescaglioso, con l’ idolo di Omar Sivori campione degli anni sessanta della Juventus, proprio agli inizi della sua carriera durante una partita con il Bernalda, per invasione di campo, la squadra fu radiata dal campionato 1964-65. L’anno dopo giocò nel Meazza . Quando ha giocato nel Meazza, il Capo Zaccaro l’ha venduto al Montalbano in cambio di un pallone(rotondo)!!! Ci dice -Successivamente gioco’ nel Bernalda (indipendente), dopo ritornò nel Montescaglioso fino alla fine della carriera . Tra i tanti aneddoti ,pierino ci racconta un particolare importante, aspettava con ansia l’arrivo di un amico dalla Germania che portava un pallone rotondo perché il loro era ovale a furia. Poi una curiosità per firmare il cartellino con la Meazza , Avena strappò una promessa al Capo Zaccaro quella che nelle partite in trasferte doveva andare con la sua macchina. Pierino ci dice che con il capo Zaccaro i viaggi erano uno spasso. – continua- sono felice ed emozionato perché molti si ricordano ancora di me dopo 50 anni,non molto tempo fa ho ricevuto i saluti da un friulano(che giocava nel Montalbano.Un altro particolare:i palloni ovali venivano portati da un dirigente alla FINA, li gonfiavano così tanto perché dovevano durare fino alla fine della partita. E’ poi un alta curiosità , durante le partite in trasferta, ci cambiavamo la maglietta n. 10 con un numero diverso perché i giocatori avversari mi tartassavano di falli , così con i miei grandi ed indimenticabili amici Mianulli e Zito facevamo a turno a prendere botte.
Insomma una carriera calcistica sempre hai massimi livelli regionali e ricca di soddisfazioni anche se ci dice avrei potuto giocare a livelli nazionali cosa che non feci anche per non allontanarmi dalla famiglia.
I gol piu belli di Avena se ne possono contare tantissimi tra cui titoli di capocannoniere del 1969-70 e i due gol dello spareggio per accedere nella massima categoria contro il Montalbano che lo consacrarono tra i più forti fantasisti lucani.
Per cui se capita di recarsi a Montalbano , ad o a Bernalda e passeggiando nelle vie del centro od entrando in un bar cittadino, se si chiede a qualsiasi tifoso romantico che abbia superato la sessantina chi era pierino Avena risponderanno certamente un grande telento .
A conclusione di questo grande amarcord si riportano alcune riflessioni di Pierino Avena in una questa intervista rilasciata alla redazione di Montescaglioso calcio story.
Per giocare a calcio ci vuole intanto tanta passione senza quella non si va lontano e la fortuna dev’essere un’alleata solida. Oggi le scuole calcio non lavorano più per sui numeri 10 e sulla fantasia ma molto più sulla fisicita ecco perche si vedono sempre meno fantasisti. Al Montescaglioso ricordo negli anni ’80 un grande talento quello di Ernesto Sciacoviello era molto forte un calciatore professionista di categorie superiori che avrebbe potuto giocare per tanti anni a livelli nazionali sicuramente uno dei più forti che abbia mi visto . Per giocarcela calcio bisogna lavorare ed avere umiltà. Ci sono tante situazioni che devono coincidere”.
Raffaele Capobianco