Maschito 15 settembre 1943, borgo in provincia di Potenza, forse il primo paese nel regno d’Italia a dichiararsi Repubblica, ma soprattutto a dichiararsi Repubblica partigiana indipendente. Un anno prima della nascita delle varie repubbliche partigiane nel nord Italia.
Matera 21 settembre 1943, la prima città del sud a insorgere contro il nazifascismo prima ancora di Napoli e delle sue famose quattro giornate.
Luoghi dai nomi lontani, Matera, Maschito, ma anche Irsina, San Mauro Forte, Montescaglioso, Forenza. Luoghi spersi in cui mandare uomini al confino e luoghi da cui prendere uomini per la guerra.
Tanti di questi paesi lucani furono luoghi di confino e di punizione per tanti non allineati al fascismo, uomini che saranno poi protagonista della storia, della politica e della letteratura Repubblicana, Carlo Levi, Eugenio Colorni, Guido Miglioli, Camilla Ravera, Manlio Rossi Doria.
Luoghi e comunità remote apparentemente immobili, fuori dalla storia e senza quelle emozioni che spingono gli uomini ai cambi di rotta della storia. Eppure quei luoghi, quelle donne e quegli uomini erano spinti da agitazioni che sfociavano in atti di rivendicazione sociale contro il potere che il fascismo esprimeva ed esercitava in forme dispotiche.
Agitazioni spontanee non organizzate o coordinate ma che alla base avevano una spinta rivendicativa sociale e che come conseguenza sfociava in politica. Un ribellismo sociale più che ideologico ma che trovava approdo nella concezione ideologica che si opponeva al fascismo e vi resisteva con le forme che una società contadina e rurale possedeva.
Era un sentimento che albergava silente anche negli animi della gente delle più isolate contrade rurali della Basilicata, fuori dai centri urbani e periferie delle lotte partitiche. Comunità in cui la solidarietà era un principio valoriale comune che superava la semplice compassione, emozione insufficiente, spesso personale, e giustificativa e senza obbligo di assunzione di responsabilità. La solidarietà presupponeva una responsabilità sociale e collettiva.
Un esempio di solidarietà, che assume poi un significato politico, ancora raccontato dalla gente del posto, avvenne quando Pier Francesco Nitti, deputato del Regno, di ritorno da Roma verso la sua abitazione a Melfi, in provincia di Potenza, ormai inviso a Mussolini per le sue posizioni antifasciste e prossimo all’esilio, stava per essere raggiunto da una colonna di soldati fascisti partiti da Potenza.
Lungo il percorso gli abitanti della contrada di San Nicola di Pietragalla crearono un blocco stradale con massi, legnami, fascine, tronchi che impedì ai fascisti di raggiungere Nitti. Nei giorni seguenti i fascisti ritornarono per punire gli uomini che si erano ribellati ma questi, immaginando ritorsioni, si erano dati alla macchia.
Da mancato collaborazionismo a trasgressione fino a svilupparsi in aperta rivolta antifascista e Resistenza.
Ribellismi contro il fascismo e moti di protesta erano diffusi in tanti centri della regione. Molti di questi erano spontanei e frutto di un pragmatismo rurale che non sposava volentieri le ideologie ma che ne capiva spesso e prima di altri il senso profondo. I confinati ebbero un ruolo importante in queste forme di resistenza, anche nella formazione e nella diffusione di idee. A San Mauro, borgo agricolo dell’interno della Basilicata, la presenza di una confinata diede un forte spinta alla rivolta organizzata tanto che la notizia arrivò in terre sovietiche dove Radio Mosca definì San Mauro Forte “Il Paese dei Rivoluzionari”.
Raccontare un territorio, spesso definito conservatore, attraverso il recupero dei fatti, della memoria, dei nomi, dei sacrifici della Resistenza è un atto di rivendicazione di quel sentimento comune che ha attraversato l’intero Paese