E’ arrivato l’autunno, stamattina faceva un freddo che mi ricordava le giornate autunnali e piovose quando da bambino a monte ci raccoglievamo con la nonna e la costringevamo a raccontarci qualche “fatto” (favola) che noi ascoltavamo sempre volentieri anche se ormai le avevamo ascoltate decine di volte.
Questa che voglio narrarvi proviene da uno di quei racconti di mia nonna che lei diceva si riferisse ad un suo lontano parente ma del quale non ho mai avuto la certezza anche perchè se pur narra di qualche verità il resto chiaramente e frutto della fantasia popolare.
Si racconta che una sera d’autunno di uno degli ultimi anni dell’800 dopo una scorribanda in località Tinto, agro di Montescaglioso oltre l’imperatore lungo il letto del torrente lavandaro che dal tinto tagliando in due il bosco di leccio confluisce nel fiume bradano un gruppo di briganti scendeva portandosi dietro il corpo di uno di loro rimasto ucciso nello scontro avuto con alcuni gendarmi.
Arrivati all’altezza del pozzo secolare ancora oggi presente a ridosso del torrente in località Imperatore i briganti scavarono una fossa e vi seppelirono il loro amico e insieme a lui seppellirono anche un vaso pieno di monete d’oro e d’argento frutto delle loro imprese e tutti insieme fecero giuramento che nessuno avrebbe potuto tornare a prendere il tesoro se non una coppia di giovani sposi che a distanza esatta di un anno da quel giorno a mezzanotte avrebbe consumato la cena nunziale fatta di sette galline bianche e sette galline nere e che avrebbe recitato in ricordo del defunto sette padre nostro e sette eterno riposo.
Nascosto tra i rami di una antica quercia, impaurito e indirizzito dal freddo, c’era un pastorello tredicenne di nome peppiniello che assistette alla scena guardandosi bene dal farsi notare o da fare un minimo rumore.
Nei mesi a venire la banda di briganti fu decimata durante un’altro scontro con i gendarmi, e chi non rimase ucciso fu catturato e passato per le armi nella piazza di Montescaglioso.
Peppiniello che fino a quel momento si era guardato bene dal raccontare la storia anche ai sui genitori cominciò a pensare di essere rimasto ormai l’unico a conoscere l’esistenza di quel tesoro e nonostante la sua giovanissima età decise che forse valeva la pena approfittarne, però sapeva benissimo del giuramento e quindi decise di licenziarsi dal lavoro di pastore per tornare a monte alla ricerca di una ragazza da sposare.
Chiese ai sui genitori di trovarle una sposa i quali dopo le insistenze ripetute di Peppiniello dovettero accontentarlo e fu cosi che ad un anno esatto fu programmato il matrimonio.
La sera prevista Peppiniello prese la sua compagna e le sette galline bianche e le sette galline nere e si recò sul posto dove era sepolto i brigante cosi alla mezzanotte esatta consumò la cena e subito dopo recitò i padre nostro e gli eterno riposo e fu allora che nemmeno aveva finito di recitare l’iltimo eterno riposo che una voce usci dal suolo che pronunciò la seguente frase:
“ATTIEMB ATTIEMB A FATT, CI IER ASP’TTAT NOLDU M’NUT SC’CHITT L SIERP PUTIEV ACCHIA’ “
Allora peppiniello tra la sorpresa della moglie che era all’oscuro dell’intera faccenda scavò la terra e recuperò il vaso pieno di monete d’oro e d’argento che come finiscono tutte le favole permise a peppiniello e alla sua sposa di vivere felici e contenti.