Consiglio a tutti voi di farvi una giro a Venzone (Udine), un paesello veramente bello ed affascinante con un centro storico tra i più suggestivi d’Italia, girando per le sue stradine si respira l’aria del classico borgo medioevale. Quello che però nello stesso tempo mi ha affascinato e mi ha fatto incavolare è la sfida vinta dagli amministratori locali (destra, centro e sinistra) e della gente comune che con la loro tenacia e grande forza di volontà hanno ricostruito il loro centro storico raso quasi completamente al suolo dal terremoto del maggio e settembre del 1976 in soli 10 anni. In particolare faccio riferimento al Duomo di Venzone che è stato ricostruito utilizzando le stesse pietre.
Affascinato dalla forza di volontà di quella gente che, nonostante la sofferenza, ha pensato a ricostruire il suo territorio senza vittimismi di alcun tipo. Ha pensato, grazie anche probabilmente ai loro politici locali, ad avere un futuro ancora nella loro terra. Ho provato rabbia mista ad invidia perchè è stato inevitabile confrontare nella mia mente quanto è accaduto in friuli con quello che è successo da noi con il terremoto del 1980. In meno di 10 anni tutti in friuli hanno avuto il loro tetto, mentre da noi a quasi trent’anni dal triste evento ci sono persone che ancora vivono nei container, ci sono chiese e monumenti che ancora devono essere ricostruiti, ci sono strade ed infrastrutture mai terminate. Ci sono ancora politici locali che hanno ancora la faccia tosta di chiedere finanziamenti per la ricostruzione dopo aver ricevuto miliardi di lire. Da noi ci sono stati finanziamenti per ricostruirsi la casa di campagna (quella utilizzata per la mangiata del giorno di pasquetta) dimenticandoci delle opere pubbliche e dei monumenti storici. Provo veramente invidia per i friuliani perchè hanno avuto dei politici seri che si sono prodigati per la ricostruzione. I nostri invece grazie al loro vittimismo (e anche al nostro) son riusciti ad ottenere finanziamenti per la costruzione di enti inutili (trovando la scusa del terremoto) per poter piazzare persone. Hanno si pensato anche alla costruzione di strade e autostrade ma per avvantaggiare l’amico dell’amico costruttore chiedendo più soldi allo stato di quanto servissero. Mi è bastato paragonare le sorti del duomo di Venzone (in soli dieci anni è stato ricostruito praticamente da zero) e della chiesa Madre di Montescaglioso (rimasta in piedi ma chiusa per venti anni) per poter capire quanto siamo sfortunati anche per quanto riguarda la rappresentanza politica locale.
La rappresentanza politica locale al sud è l’espressione di quello che è il sud.
Ma è mai possibile che non è mai colpa nostra?
Prima è stato colpa dei Borbone, anzi no sono stati i conquistatori piemontesi che ci hanno impoverito depredandoci.
Ma da quanto tempo siamo responsabili delle nostre miserie?
Ciao a tutti.
Gianni mai come questa volta sono pienamente d’accordo con te.
Cronaca di un mese terrificante e indimenticabile.
dal profilo di tm.
Il 23 novembre dell’80, proprio nel pieno della campagna elettorale vi fu una forte scossa di terremoto che sconvolse l’Irpinia e la Basilicata. Le notizie che arrivavano erano frammentarie e confuse, però a noi apparve subito che doveva trattarsi di una scossa catastrofica, cosi dopo una rapida consultazione in sezione e anche con gli altri partiti decidemmo di inviare nelle zone colpite una prima squadra di soccorso equipaggiata di aiuti alimentari, in particolare pane, e attrezzatura da lavoro e legname da costruzione. Raggiungemmo Sant’Andrea di Conza in Irpinia intorno alle cinque di mattina dopo aver attraversato l’alta basilicata nei comuni di Bella, Balvano, Muro Lucano e Pescopagano, e fu proprio a Balvano che trovammo già in allestimento il campo base della regione Emilia Romagna, con campeggio attrezzato, servizio mensa e ospedale, dove ancora non erano arrivate le istituzioni preposte, l’Emilia era già arrivata in cosi pochissimo tempo. Da Sant’Andrea a Conza c’erano pochi chilometri, e presto ci trovammo di fronte ad uno scenario che non avrei mai voluto vedere in tutta la mia vita; un paese completamente raso al suolo, da sotto i cumuli di pietra si estraevano solo cadaveri maciullati, a Conza alla fine si contarono oltre 600 morti su una popolazione di neanche 800 persone, io ero riuscito a mettere in funzione un vecchio gruppo elettrogeno con il quale riuscii a dare corrente ai locali di una scuola dove allestimmo una base per i primi soccorsi e il vettovagliamento. Il gruppo dei montesi rimase in zona per una settimana mentre altri facevano la spola da Montescaglioso per gli approvvigionamenti di pane e di legname con il quale costruivamo baracche di fortuna, fino alla domenica successiva quando tornati a Montescaglioso per votare, il gruppo fu bloccato da una forte nevicata e quindi impossibilitato ormai a raggiungere le zone terremotate. A Conza eravamo rimasti solo io ed un altro ragazzo di Montescaglioso, e ironia della sorte era un attivista di un gruppo fascista di estrema destra con il quale in passato mi ero picchiato decine di volte. Io solo li con un fascista e la sua macchina, dovevo evitarlo o accettare la situazione e quindi stringergli la mano mio malgrado e lavorare fianco a fianco. Credo che le stesse cose siano passate nella mente di quel ragazzo, alla fine ci guardammo negli occhi e ci dicemmo ciao, io sono Tonino, ciao io sono Emanuele, e ci stringemmo la mano, anche se già sapevamo molto bene come ci chiamavamo.
Passò tutto in un attimo, alle spalle avevamo il nostro passato, di fronte il futuro, un futuro che in quel momento aveva l’odore della morte, la morte di quanti giacevano di fronte a noi in quelle misere casse di legno, di quanti ancora restavano sotto quelle macerie e che ci sarebbero rimasti per sempre sotto una colata di calcestruzzo, non più nemici pieni di odio e rancore, ma amici di una amicizia che sarebbe durata in eterno perché nasceva dalla voglia di entrambi di essere in qualche modo di aiuto a quelle persone che in un istante avevano perduto tutto. Il bianco e il nero, il fascista e il comunista assieme fianco a fianco con un solo unico obbiettivo, come era possibile tutto ciò? Insieme io ed Emanuele rimanemmo in zona per un mese esatto, fino al 23 dicembre cercando di renderci utili in qualche modo in mezzo a quella desolazione attorniati da volti impauriti con gli occhi stralunati incapaci di esprimere il benchè minimo di emozione. Assistemmo a fatti davvero sconcertanti,fummo testimoni di atti di sciacallaggio inimmaginabili, sindaci e personaggi che avrebbe dovuto essere i protagonisti in positivo degli aiuti, che invece imboscavano i rifornimenti alimentari e vestiari nei propri garage, plotoni dell’esercito che arrivati per soccorrere si erano portati dietro fucili e baionette invece che vanghe e attrezzature da lavoro, i veri aiuti venivano invece da gruppi di volontari arrivati da tutta Italia e che si prodigavano per assicurare a quelle povere genti conforto e pasti caldi, a tal proposito va menzionato l’impegno profuso dai ragazzi di radio onda rossa di Roma che riuscirono ad allestire una delle più grosse mense della zona assicurando i pasti a migliaia di persone. Dopo tredici giorni dal giorno della prima scossa accadde un fatto davvero incredibile, da sotto le macerie di Sant’Angelo dei Lombardi fu tirata fuori una bambina di undici anni miracolosamente ancora in vita, Emanuele con il baracchino installato sulla propria macchina riuscì a chiamare un elicottero di soccorso che in pochi minuti trasportò la bimba in ospedale, finalmente dopo giorni e giorni di angoscia e disperazione un episodio che ci dava un pò di gioia e che ci spronava ancora di più ad aiutare quelle genti consapevoli che ognuno di noi era importante in quella lotta contro il tempo e contro l’inverno che ormai si era abbattuto implacabile su quelle terre sciagurate. Non ho più rivisto Emanuele, le vicissitudini della vita han fatto si che lui emigrasse e che anch’io lasciassi il mio paese, ma ovunque lui si trova sono sicuro che ogni volta che ricorda quel periodo non può fare a meno di pensare a come due persone divise da ideali completamente opposti abbiano avuto la fortuna di incontrarsi mettendosi alle spalle gli antichi rancori, rimanendo entrambi convinti delle proprie idee, ma legandosi di un’amicizia che porteranno nel cuore per tutta la vita. Ho riflettuto molto su questo episodio e continuo a riflettere, la risposta è sempre la stessa, le divisioni ideali non contano quando si appartiene allo stesso mondo, quando si è sofferto la fame e la miseria, quando si deve fare i conti con i soldi che non ci sono e si ha l’affitto da pagare, le medicine da comprare, i figli da vestire e mandare a scuola. Bianco o nero, fascista o comunista non conta, conta l’appartenenza o meno ad una determinata classe sociale. Le differenze tra gli uomini non stanno sul colore della pelle o sui propri credi religiosi o politici, sull’essere uomo o essere donna, o vivere una sessualità diversa da quella degli altri, la vera differenza sta nell’avere e nel non avere, nello sfruttare e nell’essere sfruttati, nel bombardare e nell’essere bombardati, specie quando ad essere bombardati sono bambini, donne, popoli da sempre sottomessi allo schiavismo e all’oppressione di un pugno di balordi che detengono il potere economico e si sono eletti a padroni del mondo.