domenica 22 Dicembre 2024

25 aprile e dintorni. Il calzolaio di Via Susa n. 4

Come era inevitabile il significato e la stessa memoria della Liberazione si sono andati attenuando nel corso del tempo e oggi, insieme alle forze politiche che sempre più stancamente e meno credibilmente a tale ricorrenza si richiamano, siano quasi assenti per le giovani generazioni.

Non per colpa loro.

A chi ancora crede ai valori della Resistenza e della lotta di Liberazione dal fascismo rimane il dovere di ricordarle. Di ricordarle, se non altro, per le brutture, le sofferenze e le miserie a cui misero fine.

In questo gelido inverno ho passato un paio di giornate all’archivio comunale di Monte, a quello che dovrebbe diventare in un giorno a portata di noi comuni mortali l’archivio comunale di Monte, rallegrato dai discorsi dei lavoratori socialmente utili e ho pescando un faldone a caso trovandovi delle carte di un certo interesse: le domande dei sussidi degli sfollati a Montescaglioso negli anni 1942-1945.

Ho così scoperto che in quegli anni tragici tanta gente si era rifugiata nel nostro paesello. Precisamente come fanno ai giorni nostri tanti profughi di guerra stranieri. Ma lasciamo stare.

Tanta, si pensi a quanti avevano lasciato il paese molti anni prima e magari avevano messo su famiglia in qualche grande città diventando poi, suo malgrado, il riferimento di chi ci andava per motivi vari. Bene negli anni della fame e del mercato nero nelle metropoli, questi si salvarono tornando in paese. Per lo più si aggiustarono nelle famiglie di origine e non hanno lasciato tracce, ma molti non potevano essere aiutati dalla famiglia e si rivolgevano all’Ente Comunale di Assistenza o all’UNRRA ( United Nations Relief Rehabilitation Administration ) cioè all’Amministrazione delle Nazioni Unite per il soccorso e la ricostruzione dei paesi liberati dopo la II guerra mondiale, raccontando la loro situazione.

Ne trascrivo una di uno sfollato da Torino dove – non lo sapevo – già negli anni Trenta era emigrato un consistente numero di Montesi. Forse l’autore si ispira a un canovaccio, a un qualche schema, famigliare ai compilatori di suppliche per i nostri nonni, ma il risultato è notevole.

Eccola.

Montescaglioso 6 luglio 1945

Alto Commissariato per i profughi di Guerra. UNRRA Matera

Due anni e mezzo sono in pieno inverno, quando la guerra, per volontà del defunto Mussolini si scatenava violenta sulle città d’Italia, partiva diretto a Montescaglioso, proveniente da Torino, Via Susa 4, assieme a migliaia di persone, munito di regolare foglio di autorizzazione di sfollamento perché sinistrato, un povero orfano di Padre, fino dall’infanzia, a nome Oliva Camillo fu Vito, colui che si presenta a codesto Onorevole Comitato a chiedere il suo generoso aiuto.

Dopo quattro anni di lavoro nella su indicata Città, risparmiando soldo su soldo ero riuscito a metter su una casa con un piccolo posto di lavoro. Dopo due anni di Guerra e bombardamenti distruttivi la mia casa, il mio posto di lavoro dovette dar luogo a un cumulo di macerie.

Fu appunto il 21 novembre 1942 che dovetti abbandonare Torino per recarmi a Montescaglioso in qualità di sinistrato.

Arrivato che fui mi presentai alle autorità di codesto comune per essere assistenziato. Qui vi trovai Autorità fasciste come il segretario comunale allora in servizio (del quale ignoro il nome) che si rifiutò di assistermi.

Mi recai dal Prefetto e lo feci noto della mia situazione. Mi accolse cordialmente e inviò una raccomandata a mio favore ordinando al segretario comunale di concedermi la dovuta assistenza.

Il giorno seguente l’arrivo della suddetta raccomandata, il segretario mi fece chiamare nel suo Ufficio. Vi andai e lo trovai più arrabbiato che mai. Mi rimproverò di essermi recato dal Prefetto, mi narrò a lungo la vita di Mussolini, mi disse come costui fosse stato in Isvizzera a vendere le gassose, come fosse stato in Francia a fare il facchino, come il minatore in Germania e via via di seguito facendomi notare come bisogna disagiare per vivere e come lui fosse un degno predecessore del suo Mussolini.

Non risposi nulla; me ne andai pronunziando entro di me: ‹‹ Non credo che tu, il tuo Mussolini e il tuo fascismo durerà più tanto a lungo ››.

Ero troppo giovane, pensavo che cadendo il fascismo tutto crollasse con lui. Il fascismo cioè Mussolini è caduto ma i suoi servienti no.

Rimasi così senza nessuna speranza d’aiuto per ottenere l’alloggio e il posto di lavoro che avevo quando tutto questo è stato distrutto.

Volete che diventi un ladro, un volgare assassino, un omicida, un suicida?

Abbandonatemi !!!

Volete che continui a essere l’umile calzolaio di Via Susa n.4?

Aiutatemi a diventarlo!

Sicuro di essere benignamente accolto. Ringraziandola.

Con osservanza il Sinistrato

Oliva Camillo fu Vito  


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