IN OCCASIONE DELLA RICORRENZA DEI 30 ANNI DALLA MORTE DI PEPPINO IMPASTATO RIPROPONGO UN ARTICOLO DA ME PUBBLICATO SUL SITO L’ANNO SCORSO… ANCHE COME INVITO PER CHI NON AVESSE ANCORA VISTO IL FILM “I CENTO PASSI”
Regia: Marco Tullio Giordana
Sceneggiatura: Claudio Fava, Monica Zappelli, Marco Tullio Giordana
Fotografia: Roberto Forza
Scenografia: Franco Ceraolo
Costumi: Elisabetta Montaldo
Montaggio: Roberto Missiroli
Prodotto da: Fabrizio Mosca
(Italia, 2000)
Distribuzione cinematografica: Istituto Luce
PERSONAGGI E INTERPRETI
Peppino Impastato: Luigi Lo Cascio
Luigi Impastato: Luigi Maria Burruano
Giovanni Impastato: Paolo Bruglia
Felicia Impastato: Lucia Sardo
Gaetano Badalamenti: Tony Sperandeo
Appuntamento cinematografico della settimana con “I Cento Passi”, film che ha portato alla consacrazione il regista Marco Tullio Giordana e l’allora quasi sconosciuto Luigi Lo Cascio, talentuoso attore di teatro scelto per l’impressionante somiglianza con Peppino Impastato alla cui vita è dedicato il film.
Presentato al Festival di Venezia 2000, il film venne accolto dalla critica e dal pubblico con ben 12 minuti di applausi, un profondo coinvolgimento che Marco Tullio Giordana e i suoi attori, ancora sconosciuti sugli schermi, seppero creare in memoria di un uomo e della sua generazione.
La storia di un uomo, un “eroe locale”, rimasta pressoché sconosciuta fino all’uscita del film, oscurata perché storia di provincia, troppo ristretta rispetto agli eventi nazionali che si avvicendavano negli stessi giorni.
Peppino Impastato muore, infatti, a Cinisi, piccolo centro del palermitano, il 9 maggio del 1978, nelle stesse ore il delitto Moro monopolizza l’opinione pubblica italiana.
Numerosi i riconoscimenti ottenuti dalla pellicola per il suo alto valore civico ed artistico: premio per la migliore sceneggiatura, leoncino d’oro a Lorenzo Randazzo, che interpreta la parte di Peppino bambino.
Il film è scelto anche per rappresentare l’Italia all’Oscar, come miglior film straniero, ma non avrà la fortuna di concorrere alla fase finale per le stesse ragioni a suo tempo avanzate per “Il Postino”, è un film “comunista”, o quantomeno un film in cui il comunismo è considerato una “positiva” scelta di vita: per gli americani è meglio lasciar perdere. In compenso, nell’aprile del 2001 il film vince cinque David di Donatello, tra i quali quello per la scuola e quello per miglior attore protagonista, Luigi Lo Cascio.
Per il regista e co-sceneggiatore Marco Tullio Giordana questo film rappresenterà l’ulteriore possibilità di continuare quel percorso di rivisitazione della vita del Paese negli “anni bui”, attraverso le esperienze di personaggi storici o di fantasia (successivamente realizzerà nel 2003 “La Meglio Gioventù”) seguendo la scia tracciata prima di lui, tra gli altri, da Rosi, Petri e Scola.
Prima di Tullio Giordana altri avevano tentato di mettere in scena la storia di Impastato. Già nel ’78 la storia di Peppino aveva ispirato due efficaci servizi televisivi di Michele Mangiafico e di Giuseppe Marrazzo.
L’idea di fare un film sulla vicenda viene nel 79 al regista Gillo Pontecorvo, ma senza risultati. Nel 1993 Claudio Fava e il regista Marco Risi preparano, per Canale 5, un servizio su Peppino, il primo di una serie intitolata “Cinque delitti imperfetti”, quelli di Impastato, Boris Giuliano, Giuseppe Insalaco, Mauro Ristagno e Giovanni Falcone.
Nel 1995 ci prova il regista Antonio Garella, che prepara un video, poi inspiegabilmente non più trasmesso, per la trasmissione televisiva “Mixer”. C’è anche qualche “Piovra” televisiva che si ispira al caso di un giovane impegnato contro la mafia, che lavora in una radio libera.
Nel 1998 è la volta del giovane regista Antonio Bellia con un video di 32 minuti dal titolo “Peppino Impastato: storia di un siciliano libero”, distribuito da “Il Manifesto”.
Contemporaneamente Claudio Fava e la sua compagna Monica Capelli cominciano a lavorare su una sceneggiatura, richiedono una copia delle registrazioni di Radio Aut, concorrono al Premio Solinas, che vincono, e con il quale si ottengono una parte dei fondi per finanziare il film. Il lavoro di regia viene affidato a Marco Tullio Giordana, già autore di alcuni films d’impegno, come “Maledetti vi amerò” (1980) e “Pasolini, un delitto italiano” (1995).
Giordana, con molto scrupolo professionale, individua i luoghi, ascolta le testimonianze, recepisce i suggerimenti di modifica di alcune parti di sceneggiatura, assume gli attori, in gran parte locali e, comunque siciliani: oltre Luigi Lo Cascio, alla sua prima esperienza, Lucia Sardo, ottima interpetre della madre di Peppino, Gigi Burruano, il padre di Peppino, che conferisce al suo personaggio una drammatica e toccante umanità, Tony Sperandeo, ormai specializzato nella parte del mafioso e, in questo caso di Tano Badalamenti, Claudio Gioè, interamente dentro la parte di Salvo Vitale, amico fedele e compagno di lotta. Il film crea scalpore ed entusiasmo a Cinisi, coinvolge l’intero paese e riesce ad ottenere molti più risultati di quanti non se ne erano conseguiti in vent’anni di lavoro politico.
Dopo alcuni mesi di intenso impegno, grazie anche al sostegno del giovane produttore Fabrizio Mosca, Giordana riesce a concludere il lavoro e partecipa, il 31 agosto, al Festival di Venezia.
Ma andiamo con ordine.
“I Cento Passi” è un film di denuncia e memoria ispirato alla storia di Giuseppe Impastato, detto Peppino, raccontata sulla base di documenti e di ricordi; è un film “antimafioso” e soprattutto è una ricostruzione di un periodo e di una generazione che aveva voglia di costruire qualcosa di nuovo, di vero.
Cinisi, piccolo centro siciliano del palermitano, tessuto e trama dell’affiliazione mafiosa. Peppino nasce nel 1948 da Felicia Bartolotto e Luigi Impastato, una famiglia ben inserita negli ambienti mafiosi locali; solo “cento” sono, infatti, i passi tra la casa degli Impastato e quella del boss Tano Badalamenti, mentre una sorella di Luigi ha sposato il capomafia Cesare Manzella, considerato uno dei boss che individuarono nei traffici di droga il nuovo terreno di accumulazione di denaro.
Peppino vive cercando di sfuggire a quest’inesorabile legame che il padre Luigi, un po’ per inerzia, un po’ perché ha una moglie da proteggere e due figli da crescere, non ha la forza di rompere. Anche di fronte alla vulnerabilità sua e della propria famiglia, Peppino, animato da uno spirito civico irrefrenabile, non esita ad attaccare e a denunciare pubblicamente “don Tano”. Il percorso “controcorrente” di Peppino nasce quando, bambino, vede scorrere davanti a sé gli albori della lotta politica contro la mafia e il potere a essa colluso, lotta a cui poi prenderà attiva parte una volta adolescente e poi da adulto. La morte violenta dello zio capomafia, l’incontro con il comunista Stefano Venuti, pittore e grande idealista, il rifiuto del padre biologico e della famiglia intesa in senso mafioso e il formarsi con il pittore, suo vero “padre etico”, sono i punti di svolta della vita di Peppino bambino, che lo segneranno per il resto della sua esistenza. La frase “noi comunisti perdiamo perché ci piace perdere” sembra quasi un preludio alla sua tragica morte, che giunge quando ormai è diventato troppo scomodo ai mafiosi e il padre, morto in un oscuro incidente, non lo può più proteggere da don Tano. La manifestazione del suo punto di vista e il disprezzo per l’atteggiamento del padre, troppo solidale con la “Famiglia”, coincidono con quel periodo travagliato e pieno di ideali che i giovani vivono negli anni ’60-’70. La sua voglia di cambiare e la sua partecipazione alle attività della Nuova Sinistra lo portano ad avviare un’attività politico-culturale antimafiosa: conduce le lotte dei contadini espropriati per la costruzione dell’aeroporto di Palermo, assieme ad altri giovani fonda un giornale, “L’Idea socialista” che, dopo alcuni numeri, sarà sequestrato; realizza un servizio sulla “Marcia della protesta e della pace” organizzata da Danilo Dolci nel marzo del 1967. Dopo un periodo difficile di allontanamento confuso dalla politica e di cocenti delusioni, nell’autunno ’72 aderisce al Circolo Ottobre a Palermo, nel ’73 si avvicina a “Lotta Continua” e al suo processo di revisione critica delle precedenti posizioni. Tornato a Cinisi, nel 1975 organizza il Circolo “Musica e Cultura”, un’associazione che promuove attività culturali e musicali e che diventa il principale punto di riferimento por i giovani di Cinisi, associazione in cui sfociarono anche i componenti più attivi della precedente esperienza del Gruppo OM, gruppo teatrale nato a Terrasini nel ’74 e il cui linguaggio venne utilizzato durante le manifestazioni di protesta. All’interno del Circolo”Musica e Cultura” trovarono particolare spazio il “Collettivo Femminista” e il “Collettivo Antinucleare”. Nel 1976 Peppino fonda “Radio Aut”, radio privata autofinanziata, con cui denuncia quotidianamente i delitti e gli affari dei mafiosi di Cinisi. Nel 1978, tenta di dare una svolta concreta al movimento partecipando con una lista che ha il simbolo di Democrazia Proletaria, alle elezioni comunali a Cinisi.
Verrà ucciso prima di poter essere eletto da vivo qualche giorno prima delle elezioni e qualche giorno dopo l’esposizione di una documentata mostra fotografica sulla devastazione del territorio operata da speculatori e gruppi mafiosi: il suo corpo venne dilaniato da una carica di tritolo sui binari della linea ferrata Palermo-Trapani. Le indagini furono in un primo tempo orientate sull’ipotesi di un attentato terroristico consumato dallo stesso Impastato, o di un suicidio “eclatante”( lo stesso fu detto nella primavera del ’72 per l’assassinio di Feltrinelli). Il caso giudiziario è stato chiuso e riaperto per ben tre volte, sino ad arrivare all’attuale processo, ancora in corso, nei confronti del boss di Cinisi Gaetano Badalamenti e del suo complice Vito Palazzolo, accusati di essere i mandanti del delitto.
Il suo programma trasmesso su “Radio Aut” si chiamava “Onda Pazza”, dove con parole arrabbiate e ironiche sfidava quel potere così “normale” per suo padre, ed è in una delle sue dirette che il boss Gaetano Badalamenti, diventa “Tano seduto”. Peppino è inoltre frutto eletto, ma allo stesso tempo aspro critico, della splendida utopia del ’68 della forza delle idee della sinistra extra-parlamentare, si fa portavoce dell’intuizione dell’uso politico dello strumento radiofonico, dell’entusiasmo giovanile dei compagni di lotta, della creatività degli hyppies e dei movimenti del ’77, verso cui ha atteggiamenti di critico interesse e distacco; è, infine, testimone e oggetto di un sistema che non esita a ricorrere alla morte nei confronti di chi lo smaschera e ne denuncia i misfatti. Il film si muove allo stesso tempo nella dinamica dei conflitti familiari, nel triangolo padre-madre-fratello e nelle drammatiche difficoltà psicologiche di chi cammina controcorrente.
Nonostante i fatti e l’ambientazione, il film non ha solo un carattere politico o contro la mafia. Il suo intento è quello di fare una panoramica sugli ideali e sui sogni di un gruppo di giovani, che ha voluto guardare avanti e cercare di cambiare un mondo che sembrava irreale per le enormi storture, ma così reale da lasciare il segno. Al di là della questione giudiziaria ancora aperta sulla morte di Peppino Impastato rimane sicuramente il suo voler cambiare pagina e andare contro gli ideali di gruppo, di qualsiasi schieramento siano, il voler insistentemente credere e lottare per cambiare ciò che c’era di marcio attorno a lui e il suo coraggio. A dimostrazione di questo un anno dopo la sua morte il Centro siciliano di documentazione, intitolato nel 1980 a Giuseppe Impastato, organizzò la prima manifestazione nazionale contro la mafia della storia d’Italia, cui parteciparono duemila persone provenienti da tutto il Paese.
Questo significa lasciare un segno.
Alcune immagini della vita di Peppino Impastato.
lotte dei contadini espropriati per la costruzione dell’aeroporto di Palermo a Punta Raisi
Peppino con Danilo Dolci
Gli anni del Circolo “Musica e Cultura”, il “Collettivo Femminista” e il “Collettivo Antinucleare”durante manifestazioni pubbliche dimostrative
Manifestazione dopo la sua scomparsa; la mamma Felicia e il fratello Giovanni presso la sua tomba
Fiore di campo nasce
dal grembo della terra nera,
fiore di campo cresce
odoroso di fresca rugiada,
fiore di campo muore
sciogliendo sulla terra
gli umori segreti.
P.Impastato
Bibliografia su Peppino Impastato:
Dieci anni di lotta contro la mafia – bollettino del Centro di documentazione Giuseppe Impastato – Palermo 1978
www.peppinoimpastato.com
Accumulazione e cultura mafiose – bollettino a cura del Comitato di controinformazione “Peppino Impastato”, di Radio Aut e del centro siciliano di documentazione G. Impastato – Cooperativa editoriale Centofiori – maggio 1979
Felicia Bartolotta Impastato: La mafia in casa mia – Edizione La Luna Palermo 1987- a cura di Anna Puglisi e Umberto Santino.
Notissimi Ignoti – cicl. in proprio del Centro siciliano di documentazione G. Impastato a cura di Felicia Vitale e Salvo Vitale – Palermo 1988
U. Santino: L’antimafia difficile – Centro di documentazione G. Impastato – Palermo 1989
Claudio Fava: 5 Delitti Imperfetti – Edizione Mondadori – 1994
Salvo Vitale: Nel cuore dei coralli – (Peppino Impastato. una vita contro la mafia) – Ed Rubbettino – Saveria Mannelli (CZ) – Aprile 1996
Città d’utopia – Rubbettino – Nuova serie – Soveria Mannelli (CZ) Aprile 1996
Salvo Vitale: Quasi un urlo di libertà (poesie per Peppino Impastato) – Edizioni della Battaglia – Palermo 1996
Amore non ne avremo (poesie di Peppino Impastato) a cura dei compagni di Peppino – Edizioni Ila Palma – Aprile 1990
L’assassinio e il depistaggio – Atti relativi all’omicidio di Giuseppe Impastato – a cura di Umberto Santino – Centro documentazione G. Impastato – Palermo 1998
Luciano Mirone: Gli Insabbiati – Castelvecchi – Roma 1999 pag. 120/150
Mario Capanna: L’Italia viva – Rizzoli 2000 – pag. 59/70
Umberto Santino: Storia del movimento antimafia – Editori Riuniti Roma 2000 pag. 235/238
Cinisi d’altri tempi – a cura di Paolo Chirco e Pino Manzella – Comune di Cinisi 2000
M.T.Giordana, M. Zappelli, C. Fava: I cento passi – Feltrinelli 2001
Commissione Parlamentare Antimafia: Relazione sul caso Impastato 2000
Archivio fotografico di Giovanni Impastato – Corso Umberto 220, Cinisi (PA)
le fotografie e parte del testo sono tratte da www.peppinoimpastato.com