S. Michele.

S. Michele Arcangelo: segni e culto. 

Francesco Caputo.

 

Il culto di S. Michele. 

Uno dei più antichi e popolari culti della cristianità. E’ profondamente radicato nel mondo bizantino che replica modalità e caratteristiche proprie della tradizione biblica nella quale l’ Arcangelo è ben presente. Nel mondo bizantino il culto di S. Michele è strettamente legato alla figura stessa dell’Imperatore. Costantino dedica a S. Michele un imponente santuario eretto a Bisanzio e noto come Micheleion. Nella Bibbia, S. Michele vigila su Israele e sul Popolo Eletto e si oppone alle forze demoniache. Il suo nome significa ” Chi come Dio ? “. Guida le armate celesti e nella tradizione bizantina è il protettore delle armate imperiali. E’ rappresentato con le vesti di un dignitario imperiale e militare nell’atto di trafiggere il demonio  o il dragone con la spada o con una lancia. Nell’iconografia bizantina è spesso rappresentato con in una mano la bilancia e nell’altra il globo terracqueo. Guida le anime al cielo ed è quindi associato al culto dei defunti. Pesa le anime ed è raffigurato con in mano la bilancia oppure con la penna con la quale ne registra il peso. Nella tradizione biblica protegge la Sinagoga ed in quella cristiana le chiese e pertanto la sua statua è spesso posta sui campanili o sugli ingressi delle chiese come nell’abbazia di Montescaglioso. Protegge le popolazioni contro la guerra. E’il protettore delle acque salvifiche, delle fonti e degli infermi. E’invocato soprattutto contro la peste. Per questo al culto in grotta dell’Arcangelo è sempre associata la presenza di una fonte o del gocciolare dell’acqua dalla volta delle caverne. In Basilicata nei santuari micaelici di Monticchio e del Raparo sono presenti fonti già venerate nell’antichità pagana. Nella tradizione biblica Michele è l’Angelo dell’ acqua che opera il miracolo nella piscina di Silhoe a Gerusaleme. L’Arcangelo è il ” Signore della Giustizia Divina ” e separa il bene dal male con la spada. Vigila sull’ingresso delle città:  l’effige o una chiesa micaelica sono spesso collocate in adiacenze alle porte urbane. A Montescaglioso una delle porte urbane si chiama appunto di ” S. Angelo “, ovvero Michele. Al concetto di guardiano della porta/passaggio si collega la relazione stretta tra S. Michele e la grotta, luogo di passaggio tra terra e cielo. Molti studiosi ravvisano nel culto di S. Michele rimandi a simboli e culti precristiani. Per il dualismo bene/male: Horus contro Seth, Apollo contro Pitone e Zeus che sconfigge Tifone. Al culto di Mitrha, andrebbe invece collegato la relazione con la grotta ed il sole.  Da Costantinopoli il culto si radica nella penisola a partire dal V secolo. 

Il Santuario sul Gargano.  M. Gargano: statua S. Michele.  Sardegna: pesatura delle anime.

Nell’occidente cristiano il culto si diffonde dopo le apparizioni dell’Arcangelo nella grotta del Monte Gargano, in Puglia, l’8 Maggio 490, nel 492 nel  493 quando il 29 settembre sarà consacrata la chiesa costruita davanti alla grotta consacrata direttamente da S. Michele che sull’altare scavato nella roccia avrebbe lasciato l’impronta del proprio piede. La tradizione del Garagano quale unico luogo di culto della cristianità consacrato da una entità celeste, avrà nell’antichità una grande fortuna. L’apparizione di S. Michele sulla Mole Adriana a Roma e la fine della pestilenza invocata ed ottenuta da Papa Gregorio Magno, segnano i ldefinitivoapprodo del culto nella chiesa latina. Il Papa consacra la Mole, sepoltura degli Imperatori, all’Arcangelo con una statua collocata sulla sommità dell’edificio ed il nuovo nome: Castel S. Angelo. Con una vittora dei Longobardi l’ 8 Maggio del 663 sui Saraceni attribuita all’intervento dell’ Arcangelo, S. Michele si afferma come santo nazionale del mondo longobardo, ed il culto si radica profondamente nel Meridione. Dalla grotta del Gargano si avvia una lenta ma inesorabile replica di siti cultuali nel Meridione, nell’Italia centrosettentrionale e in tanta parte dell’Europa occidentale. Nel 709 l’Arcangelo appare a Mont Saint – Michel in Normandia, chiedendo che gli fosse eretta una chiesa. Da qui la grande venerazione per l’Arcangelo anche da parte dei Normanni che, quando nel sec. XI occuperanno il Meridione, troveranno in Puglia le radici del culto del loro protettore.

Le festività sono due. L’8 Maggio ricorrenza dell’apparizione nella grotta del Monte Gargano e 29 Settembre, giorno della dedicazione della stessa chiesa.    

Gargano: religiosità popolare. 

La dedicazione a S. Michele dell’Abbazia di Montescaglioso.

Pur in assenza, almeno allo stato attuale delle ricerche, di tracce di una cavità naturale o artificiale dedicata all’Arcangelo, nei pressi dell’Abbazia, il monastero benedettino di Montescaglioso è tra i principali luoghi micaelici della Basilicata. La erezione del luogo di culto sulla sommità di una montagna, rispetta una delle caratteristiche proprie dei siti miacaelici così come codificati dalla tradizione garganica. L’insistenza del monastero e della chiesa sull’acropoli e forse sull’area sacra della città indigena e greca, lascia anche spazio alla possibilità che a Montescaglioso sia presente  un’altro elemento della tradizione garganica, ovvero la consacrazione alla cristianità di un luogo di culto pagano. Il legame tra comunità benedettina e culto micaelico è molto forte e l’Arcangelo compare in molte rappresentazioni interne ed esterne all’abbazia. La consacrazione della chiesa abbaziale avviene nel 1099, come sul Gargano, il 29 Settembre. Le donazioni all’abbazia di terre e feudi da parte dei Normanni, avviene invocando la potenza dell’Arcangelo. In occasione delle festività annuali di S. Michele l’abbazia ottiene dai Normanni il diritto a tenere fiere sulle quali incassa proventi e tasse. Un cospicuo numero di monaci che fanno la professione, ovvero prendono i voti a Montescaglioso, assumono il nome di Michele o Angelo. Purtroppo non si conosce alcunchè dei riti e delle pratiche religiose connesse al culto, praticate nella comunità benedettina. 

Abbazia Montescaglioso: chiostro or.  Abbazia Montescaglioso: sala del capitolo.   

S. Michele e l’identità dell’Abbazia. 

Il richiamo a S. Michele è parte fondamentale dell’identità del cenobio ed i monaci utilizzano alcuni attributi tipici dell’iconografia micaelica per segnalare la propria presenza nel territorio e nella città. Complesse elaborazioni del motivo “ spada e bilancia “, elementi tipici della iconografia micaelica, compaiono fin dal medioevo anche nelle suppellettili del monastero mentre semplificazioni, anche facilmente replicabili come la “ A “ di Angelo o Arcangelo, inscritta in un cerchio con una croce sull’apice, sono utilizzate per marchiare le fitte di tufo che perimetrano le proprietà dell’abbazia nel territorio.
La plurisecolare vicenda storica dell’abbazia di Montescaglioso ha tramandato un considerevole numero di manufatti che testimoniano il livello dell’elaborazione raggiunta nel monastero nella proposizione di elementi proponenti l’identità del cenobio collegati all’uso di simboli appartenenti a S. Michele Arcangelo.
L’immagine più antica dell’Arcangelo documentata nell’abbazia è un capitello a stampella datato ai primi decenni del secolo XIII, proveniente dal chiostro normanno–svevo ed attualmente conservato presso il Museo d’Arte Medievale e Contemporanea di Matera. Su ceramiche di sec. XIII-XIV compaiono stemmi con la spada e la bilancia incisi con una trama filiforme.
Alla fine del secolo XV l’immagine di S. Michele contenuta su un lato del pozzo monolitico del chiostro orientale del monastero. Su un altro lato dello stesso pozzo lo stemma è elaborato nella forma della A “ cruce signata “. Su un capitello del lato esposto ad occidente, la lettera “ A “ è priva della croce ma sull’apice ha una piccola stella che richiama lo stemma della famiglia Del Balzo ritenuta promotrice della rinascita dell’abbazia nel 1484. Un secondo analogo stemma è presente sul primo arco del colonnato esposto a meridione.
Lo stemma nella forma della bilancia di S. Michele sorretta sulla punta di una spada è scolpito sul portale d’accesso alla chiesa di S. Maria del Vetrano, sull’ ingresso della chiesa della Madonna della Nova, nel primo giardino del monastero e nella grancia di S. Salvatore nel territorio di Bernalda. Lo stesso tipo di stemma, però affrescato, è replicato nella biblioteca del monastero. Raffigurazioni affrescate di S. Michele si conservano nella biblioteca, nel porticato nord, nella sala del capitolo, in un piccolo affresco della cucina ed in un locale affacciato sul primo chiostro.
Una statua in marmo raffigurante S. Michele è posta a protezione dell’ ingresso della chiesa. Un’altra gigantesca statua in legno, ormai dispersa, con la data del 1677 si conservava in una cappella della chiesa, mentre una statua di ridotte dimensioni è ancora oggi nella chiesa della Madonna delle Grazie. S. Michele è presente in dipinti e nel coro ligneo provenienti da Montescaglioso attualmente conservati nella chiesa del Gesù a Lecce ove i monaci si trasferiscono nel 1784. L’immagine dell’Arcangelo è utilizzato in un manifesto del 1784 per annunziare una ” lectio ” teologica nella chiesa e nelle rilegature di alcuni documenti cartacei e nel frontespizio degli ” Status monachorum “, ovvero l’elenco dei monaci professi, dell’abbazia caveosana. 

Abbazia Montescaglioso: biblioteca.  Abbazia Montescaglioso: chiostro occ.  Abbazia Montescaglioso: biblioteca.

Il culto di S. Michele in Basilicata.

Il culto è molto diffuso anche in Basilicata ove quasi tutti i paesi conservano antichi toponimi dedicati all’Arcangelo, forse in relazione a luoghi di culto, edifici e grotte, ormai scomparsi. Gran parte di tali luoghi sono vette e sommità orografiche, qualche volta con grotte naturali aperte in ripidi pendii. Tra gli aspetti più suggestivi in Basilicata la presenza di alcune grotte dedicate a S. Michele, alcune delle quali inglobate in vasti complessi monastici medievali. 

MONTICCHIO.

E’il più grande santuario lucano dedicato a S. Michele. La grande cavità, dove è collocato il sacello del Santo, è la parte terminale di un sistema carsico, inglobato in edifici di origini altomedievali ed aperto su una delle pareti del vulcano. Il santuario è già noto ed attestato nel X sec. quando è officiato da una comunità di monaci benedettini insediati in una grande abbazia eretta sull’istmo tra i due laghi di Monticchio. Abbazia e santuario sono collegati da un antico percorso rituale la cui parte terminale, ancora oggi esistente, penetra direttamente nel santuario. Nel sec. XV l’abbazia benedettina scompare ed è affidata ai frati di S. Agostino. Successivamente passa in mano ai Francescani che ancora oggi sono titolari della chiesa. Nella grotta si conservano il sacello e una gradinata dl sec. XI, sepolture medievali e gli inserti di epoca successiva. Il culto di S. Michele è molto diffuso sul Vulture fin dall’altomedioevo e,nonostante la chiusura della chiesa per molti anni, ancora vivo.

RAPARO.

Nel comune di S. Chirico al Raparo, un’enorme cavità carsica collegata verso l’esterno da uno stretto cunicolo, ospita quello che probabilmente è il sito micaelico rupestre più antico della Basilicata. Nella grotta il culto è già attestato intono all’anno 984 quando un monaco bizantino, S. Vitale da Castronuovo, pone nell’antro il proprio eremitaggio, erigendo poi sulla grotta un monastero, ancora esistente. Santuario e monastero di S. Angelo al Raparo, saranno officiati da una comunità monastica prima bizantina (fino al sec. XIV) e poi benedettina. L’ingresso alla grotta oggi è inglobata nel monastero e conserva ancora affreschi di sec. XI raffiguranti l’Arcangelo. Una lunga gradinata scende nel fondo della caverna, dove un percorso lastricato conduce nel sacello formato da una piattaforma, senza copertura, recintata da un muro.

Acerenza: S. Michele.  Monticchio: sacello di S. Michele.

MOLITERNO

A poca distanza dal paese ai piedi di Monte S. Angelo. Un piccolo santuario ricavato in un sistema di grotte carsiche ove è possibile ancora individuare le tracce di un altare e di una piccola vasca per la raccolta dell’acqua. La tradizione è ormai scomparsa ed il luogo di culto, soppresso dall’autorità vescovile.

PIGNOLA.

In una parete rocciosa, lungo un torrente, si apre un piccola grotta rimodellata dall’uomo, dedicata a S. Michele. Nella caverna l’altare è stato realizzato su una piattaforma rialzata, accessibile da due scale. Sotto l’altare, un’altra gradinata conduce nel profondo della caverna carsica sottostante il sito micaelico. Su tutte le pareti della grotta, numerose testimonianze dei pellegrini, realizzate disegnando l’impronta delle mani.

CANCELLARA.

Piccola grotta, scavata alla base di una grande parete rocciosa. Luogo pressochè dimenticato e totalmente abbandonato. Tracce di una vasca per la raccolta dell’acqua.

ACERENZA.

A poca distanza dalla città, una cavità aperta sotto un enorme masso è stata rimodellata e chiusa da murature per ricavara il santuario dell’Arcangelo. All’esterno, la vasca la raccolta dell’acqua e le abluzioni. Tradizione e culto ancora vivi.

MARATEA.

Nella parete sottostante il Cristo di Maratea Vecchia, si apre una piccola grotta naturale con uno spettacolare affaccio sul mare. La cavità carsica è stata rozzamente rimodellata in chiesa fino a ricavare un altare sopra il quale si conservano affreschi con una Crocifissione e una immagine di S. Michele.

MURO LUCANO.

Un’altra cavità naturale aperta sul fianco ripidissimo della montagna. Tra le poche cose  conservate nella grotta, i resti di una sepoltura probabilmente medievale.

Monte Raparo: ingresso grotta.  Pignola: grotta di S. Michele.  Moliterno: grotta e Monte S. Angelo.

MATERA.

Presso la grotta dei Pipistrelli, la cavità dedicata a S. Michele. Altari e immagini del Santo sono anche nelle chiese rupestri di S. Lucia alle Malve, S. Maria della Vaglia e soprattutto nella Cripta del Peccato Orginale ove S. Michele appare affiancato dagli due Arcangeli, Raffaele e Gabriele.

MONTESCAGLIOSO.

Una cavità artificiale in località Cozzo S. Angelo, la presenza di una epigrafe con il nome di S. Michele e di una incisione interpretabile con il simbolo della spada e della bilancia, unitamente all’agiotoponimo dell’area lascia ipotizzare la dedicazione della chiesa a S. Angelo. Cripta formata da un’unica aula, tre archi, un piccolo transetto ed un’abside.

  

 

 


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