Rocco Luigi Panico:
Ma poi c’era proprio l’accanimento. Bastava che qualcuno dicesse: “Ah”. Era proprio che c’era tutto quell’accanimento. Era come quando tu sleghi un cane e noi, in quel momento, eravamo stati slegati da mani fasciste. Eravamo come cani senza padrone, in quel momento, mi spiego? Però bastava una persona, che si sapeva, come Candido o qualche altro, no?, allora ognuno lo affiancava lo stesso almeno per avere una direttiva su cosa si doveva fare. Ma la popolazione era già accanita. Era già stata scatenata dai fascisti, non c’era più quella paura di dire che non puoi parlare se no ti arrestano, ti mandano ai confini. Allora uno lo faceva di propria volontà.
Marianna Menzano:
La terra era del conte Galante e la doveva prendere la ditta Venezia in fitto. Allora, appena Abate Liborio seppe che questa terra, che era tenuta da tanti contadini e che rischiavano di essere messi fuori, voleva prenderla tutta l’azienda di Paolo Venezia, li organizzò e ognuno, la mattina che l’azienda Venezia doveva prendere possesso di questa terra, si fece trovare nella sua particella con gli attrezzi da lavoro e la ditta Venezia, che aveva organizzato i suoi operai per andare coi buoi e coi muli ad occupare questa terra, a prendere possesso di questa terra, fu costretta a marciare indietro. E fu allora che il popolo prese Giudino Cifarelli e lo portò sul Comune come sindaco.
Pietro Rossetti:
Prendemmo Cifarelli Giudino: “Tu à fà u sin’ch, tu à fà u sin’ch”. E lo portammo lì sopra. Tutta la popolazione, centinaia, migliaia di persone e riuscimmo a farlo presidiare, questa persona. E così incominciammo la grande battaglia dell’avvenimento delle terre a Montescaglioso. Fu più di una sera, più di un giorno che andammo ai “Tre Confini”. Poi, nella “Dogana”, tutte le terre dell'”Imperatore”del Comune. E mi ricordo, un giorno, quant’acqua avemmo sulle spalle! Ed eravamo pochi, quel giorno! Facemmo tutto l’ “Imperatore”. Dall’ “Imperatore” andammo a quelle di “Tarantino”, verso Metaponto. Di là andammo a girare dalla “Carrera”e ce ne venimmo di qua. In ogni modo si fece notte e quel giorno fu che prese la bandiera questa persona qua, questo democristiano. Non vi racconto che cosa successe!
Francesco Panico:
Mi ricordo quando andammo all’ “Imperatore”. Stava uno della Democrazia Cristiana. Dicemmo: “A cuss’ m’à fà purtà a bandier’, josc'”, perché quello ci chiamava ignoranti perché eravamo comunisti. Gli dico: “Tu à purtà a bandier’, s’nocch’ avè l’ sciond'”. E venne avanti con la bandiera a Monte!
(da Lotte contadine in Basilicata – I magazzini della memoria. Video prodotto dalla Cooperativa CIAK)