…e sulla scia dell’ultimo film “Romanzo criminale” di Michele Placido questa settimana è la volta di “Arrivederci amore,ciao” con la partecipazione ancora di Michele Placido, ma con la regia di un altro Michele, Michele Soavi che traduce per lo schermo il romanzo crudo-noir (omonimo del film) di Massimo Carlotto. Il film racconta la vita violenta e senza uscita di Giorgio, ex terrorista a caccia di riabilitazione che viene voluta ad ogni costo e senza scrupolo alcuno.
Con Alessio Boni, Isabella Ferrari, Michele Placido, Carlo Cecchi, Alina Nedelea, Michele Soavi, Lorenzo Favella.
Terrorista di sinistra condannato all’ergastolo e rifugiato in un avamposto guerrigliero nel Centro America, Giorgio Pellegrini, nel 1989, col crollo del muro di Berlino e successive smobilitazioni, decide di rientrare in Italia. L’ex terrorista ha deciso di abbandonare la propria militanza rivoluzionaria, in cui non ha mai veramente creduto e, per rifarsi una vita e liberarsi dall’ombra del passato, vende i suoi vecchi compagni in cambio di un forte sconto di pena. Consegnatosi alla polizia italiana, su suggerimento del corrotto vice questore della Digos, Anedda, l’ex-terrorista “canta”, rivelando i tanti nomi dei suoi vecchi compagni. Dopo aver scontato una pena minima in carcere (il Codice Penale prevede cinque anni di buona condotta per ottenere la riabilitazione) esce di galera e, ossessionato dalla riabilitazione, insegue una paradossale ascesa verso la rispettabilità, sotto la costante minaccia del corrotto Anedda che lo tiene in pugno con le prove delle colpe del suo passato. Esercitando ricatti, sfruttando donne, compiendo azioni criminali protetto e incoraggiato dall’ipocrisia di un Nord-Est quantomai scuro e pieno di ombre, Giorgio non si pone interrogativi morali, non ripara, non risarcisce, e i suoi delitti restano impuniti in un crescendo di angoscia delirante per lo spettatore. Michele Soavi, senza mezzi termini, racconta la parte peggiore della generazione giovane degli e negli anni ’70. La visione del regista dei famigerati anni di piombo è tutt’ altro che romantica e ribellistica, la lotta armata e i suoi crimini sono storia vera. Di quella peggio gioventù, Soavi sceglie, appunto, il peggio: un’idealista senza una forte connotazione ideologica che confluisce nell’organizzazione terrorista quasi a sfogare una spontanea inclinazione al crimine. Il suo personaggio, interpretato in maniera convincente da Alessio Boni, contrappasso del Matteo Carati arruolato in polizia ne La Meglio Gioventù di Tullio Giordana, non ha sfumature, non ha cedimenti, non ha redenzione. Giorgio acquista, perché la paga, la riabilitazione e il codice fiscale, ribadendo la sua aggressività e riconfermando la vocazione alla prevaricazione. Il finale non rassicura lo spettatore ma, semmai, gli lascia addosso un senso di impotenza asfissiante… in sottofondo la canzone di Caterina Caselli, magnifica perchè privata da Soavi di qualsiasi sapore romantico. Un film che non risparmia niente e nessuno, violento, incalzante, sensuale metafora di una società che premia i peggiori. Anche le ambientazioni, i colori danno un senso di fangoso e vischioso che ben si adatta al libro di Massimo Carlotto, ex militante di Lotta Continua protagonista dell’ odissea penale post-sessantottina: «è un romanzo sulla parte peggiore della mia generazione. Quella che ha imboccato la scelta scellerata della lotta armata e, una volta sconfitta, ha scelto di non pagare il conto con la giustizia e tra pentitismo, delazione e ricatti è riuscita a evitare l’ergastolo».
Il resto domani, mercoledì 14, ore 21:30! …
Sono curiosa di conoscere pareri ed impressioni su questo film che non ho visto. Chi me ne parla? Grazie
Cinzia