Ecco la cronaca fatta da alcuni giornali di vario orientamento (nittiano, socialista, filofascista) sui brogli elettorali di Montescaglioso a favore di Francesco D’Alessio dell’aprile del 1921 e sulla devastazione della Camera del Lavoro del primo maggio dello stesso anno.
Montescaglioso
A Montescaglioso, paese di origine del candidato D’Alessio, è stata sotto ogni riguardo manomessa la legge e la libertà di voto.
Basti pensare che, su 2200 iscritti di cui 583 emigrati, 81 defunti, 69 notoriamente assenti e altri gravemente ammalati, hanno votato 1739 elettori quando i presenti non potevano essere in numero superiore a 1465.
Per dichiarazione del signor Torraca, presidente di una delle sezioni, risulta che nella sezione in cui egli dirigeva le operazioni elettorali, la percentuale dei votanti fu di poco superiore al 45% mentre nelle altre due sezioni, una presieduta da un fratello e l’altra dal cognato del D’Alessio, la percentuale dei votanti salì quasi al 100%.
Chiunque si presentava a votare aveva il dovere di introdurre la scheda nella busta senza entrare nella cabina, e così avvenne che la Sezione Socialista, forte di ben 500 aderenti, non potè dare che un voto solo alla sua lista. parimenti gli elettori della lista Stella che pure erano numerosi, si ridussero ad uno.
(Da Il Risveglio, giornale nittiano, del 25 maggio 1921)
L’Ordine a Montescaglioso
Ai compagni di Montescaglioso contro i quali domenica scorsa, si scatenò, non provocata, la violenza belluinamente selvaggia della teppa che costituisce il degno entourage del panciuto rinnovatore (!) agli arrestati, alle loro famiglie, giunga, in quest’ora fosca e torbida la nostra parola di solidarietà fraterna e l’incitamento a persistere nella lotta già così superbamente ingaggiata contro quei dispotici signorotti che, come i tori nei circhi ispanici, montano su tutte le furie e si imbestialiscono al solo apparire del nostro fiammeggiante vessillo.
Il cammino del Socialismo è fatale e nessuna più inaudita violenza potrà arrestarne il divenire sia pure di un minuto soltanto.
Lo sappiano pure i signori di Montescaglioso e correggano il loro daltonismo se non vogliono provocare la giusta ira di quei lavoratori.
Come si è votato nel materano.
Vincere: a qualunque costo. Questa la parola d’ordine trasmessa dal boia labbrone ai satrapi lucani e da questi propagata fino all’ultimo minor satellite dei comunelli di montagna. Nessuna meraviglia quindi se nessun mezzo sia stato trascurato, dalla corruzione al broglio, dalla intimidazione alla violenza, dalla soppressione dei vivi alla… resurrezione dei morti, per far sì che dalle urne balzassero fuori quanti più nomi erano possibile fra i dieci più cari al cuore della vecchia volpe di Dronero.
(da Il Lavoratore, dell’8 Maggio 1921)
A Montescaglioso si scoprono le tombe.
Altra zona rossa era quella di Montescaglioso: il paese che si vergognerà in eterno di essere stato la culla dei reazionari.
Anche a Montescaglioso occorreva rinnovare: far scomparire, vale a dire, ogni traccia del socialismo. Il primo maggio si bruciò la sezione Socialista, si arrestarono i nostri migliori compagni, si instaurò, in una parola, il terrore,
I servi della gleba avevano rialzato il capo: bisognava fargliela riabbassare. Alla bisogna servirono magnificamente i mazzieri. Colle pistole alla mano questi messeri scorazzavano per le strade, girarono per le case, violarono i domicili, inchiodando sulle pareti e attaccando sulle vetrine l’immagine corpulenta del padrone e intimando di votare la scheda della bandiera. Ma i contadini tennero duro.
Si ricorse allora ad un altro mezzo: quello di abolire le cabine, riducendo così l’esercizio del diritto del voto ad un semplice atto di presenza. L’elettore infatti non aveva nemmeno il piacere di introdurre con le sue mani la scheda nella busta. Solo così era possibile eliminare le schede avversarie. Chi volle protestare, come fece qualche nostro compagno, fu messo a tacere con argomenti poco logici ma abbastanza persuasivi e allontanato con la forza. Ad evitare inutili spargimenti di sangue, 500 contadini si astennero dal votare. Ci fu però chi provvide a farlo per loro.
Ma Montescaglioso era la patria del professore e si dice che anche i morti e gli emigrati, presi dalla nostalgia della dolce terra natìa, uscirono dalle tombe e valicarono i mari per rendere onore e dare il voto ad un tant’uomo.
Fu così che il 15 Maggio gli avelli si scoprirono e le distanze furono abolite.
(da Il Lavoratore, del 28 Maggio 1921)
Quelle che non si vendettero
Montalbano Jonico, Montescaglioso e Grassano, ecco la triplice che non garba agli avventurieri esaltatori dell’astro ormai tramontato (Nitti, ndr.). Queste tre cittadine, che seppero nobilmente affermarsi italiane, condannando all’unanimità la lista radico-clerico-comunista, vanno invece nominate a titolo di gloria perchè vollero respingere con coscienza lucana l’oro col quale si sperava di comprarle. Missionari con portafogli ben gonfi vennero qui, come ad un mercato, ma i vili furono costretti a salvarsi con la fuga per tema di meritate punizioni.
I corpi elettorali di Montalbano, Montescaglioso e Grassano vanno ricordati a titolo d’onore invece, così come la basilicata non avrà mai a dimenticarsi di quei paesi che si vendettero ai nemici d’Italia, votando senza convinzione per una lista che, se non fosse stata bocciata, avrebbe fatto apparire la nostra regione agli occhi della Nazione, addirittura quale un’insensibile al grido d’allarme da questa lanciato.
(da Giornale di Basilicata, del 28 maggio 1921)
Lo stesso giornale riporterà che, nella seduta del 30 giugno 1922, la Giunta per le elezioni, malgrado le proteste di Alfredo Rocco, aveva deliberato “l’annullamento delle elezioni nelle sezioni di Montescaglioso e di Grassano e per l’annullamento delle elezioni dell’on. Materi” per brogli e convalidato invece l’elezione di Pietro Faudella di Montalbano.
(il Giornale di Basilicata del 1-2 luglio 1922)