Un metodo basato sulla elaborazione di dati multispettrali ad alta risoluzione è stato sviluppato da un team di ricercatori degli istituti Imaa e Ibam del Cnr di Potenza per individuare strutture sepolte di interesse archeologico.
Un nuovo approccio, basato sull’impiego di tecniche di elaborazione di dati satellitari, ha consentito ad un gruppo di ricercatori del Consiglio nazionale delle ricerche di individuare, per la prima volta, tracce di strutture sepolte appartenenti a villaggi medievali abbandonati dell’Italia meridionale.
Con l’ausilio dei sensori di nuova generazione, come quelli utilizzati su QuickBird, il satellite di Google Earth, è stato infatti possibile identificare anomalie del terreno, che hanno consentito la scoperta di un insediamento medievale a Monte Irsi, ai confini tra Basilicata e Puglia.
“I dati resi disponibili dal satellite”, dice Rosa Lasaponara dell’Istituto di metodologie per l’analisi ambientale (Imaa) del Cnr, “offrono possibilità di elaborazione maggiori rispetto alle tradizionali foto aeree. La presenza di strutture sepolte nel sottosuolo modifica le proprietà di superficie, ossia la crescita della vegetazione, i valori di umidità del suolo, l’altimetria del terreno producendo tracce non sempre visibili dall’occhio umano e neanche da foto aeree, ma rilevabili solo grazie alla disponibilità di dati multispettrali, ossia acquisiti in differenti bande dello spettro elettromagnetico. La visibilità di tali tracce è stata poi enfatizzata mediante analisi statistiche in grado di accentuare il contrasto tra le superfici sovrastanti le strutture sepolte e quelle circostanti“.
La scoperta di Monte Irsi non è l’unico successo ottenuto dagli scienziati del Cnr. “Anche nella zona di Monte Serico, in Basilicata”, dice Nicola Masini, ricercatore dell’Ibam-Cnr, l’Istituto per i beni archeologici e monumentali diretto dal prof. Francesco D’Andria, “siamo riusciti a ricostruire la ‘forma urbis’ di un villaggio medievale, già scoperto da noi nel 1995 con l’ausilio di immagini aeree. Inoltre, a Metaponto, l’elaborazione di immagini QuickBird sta consentendo di rilevare anomalie riferibili ad antiche divisioni agrarie e a canali di drenaggio realizzati oltre 2000 anni fa, in epoche durante le quali i livelli delle falde e la costa del mare erano diversi rispetto ad oggi”. E a confermarlo sono i numerosi paleo-alvei, alcuni già individuati dall’archeologo Adamesteanu negli anni’60, altri scoperti dai ricercatori del Cnr con l’ausilio delle immagini satellitari, che stanno restituendo un reticolo idrografico sepolto molto diverso da quello attuale. “Tali scoperte aprono nuove prospettive di conoscenza delle dinamiche insediative nel territorio di Metaponto, dall’VIII sec. a.C. al Medioevo”, conclude Masini. “Inoltre forniscono utili informazioni sull’evoluzione del paesaggio e dell’ambiente nel litorale ionico, da correlare a fattori di tipo climatico e tettonico”.
Attualmente il team del Cnr si sta occupando dei torrenti Celone e Cervaro, nella zona del Tavoliere in Puglia, tra Toria e Lucera, dove si registra una delle più alte concentrazioni di insediamenti neolitici d’Europa. Numerose campagne di scavo a partire dai primi anni ‘50 hanno infatti portato alla luce villaggi di notevoli dimensioni, protetti da fossati e costituiti da compound di forma circolare e semicircolare, su cui venivano realizzate le capanne, come riferisce Maria Tunzi della Soprintendenza archeologica pugliese. E da questa ricerca dipenderà l’installazione di pale eoliche su cui la stessa Soprintendenza dovrà esprimere un parere di competenza.
fonte: http://www.cnr.it/cnr/news/CnrNews.html?IDn=1603