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  1. Francesco Lomonaco FL

    Albina Colella: “Vi racconto ‘cosa c’è dietro’ la mia condanna”

    Lunga intervista alla docente dell’Unibas condannata a nove anni di carcere per concussione e peculato

    Nove anni di reclusione per concussione e peculato.

    All’indomani della durissima sentenza emessa dal Tribunale di Potenza nei confronti della docente universitaria Albina Colella, condannata nell’ambito di un’inchiesta su un progetto europeo sulle risorse idriche della Val d’Agri, sono davvero molto numerosi i messaggi di solidarietà giunti alla professoressa sul suo profilo facebook, oltre che in privato. Diversi i post di coloro i quali ritengono ci sia un collegamento tra l’impegno in prima linea della Collela sul fronte no triv, e l’esito del processo. Insomma l’opinione pubblica, se pure prevalentemente attraverso una piazza virtuale , si è divisa in innocentisti (per la verità assai numerosi) e colpevolisti. Noi abbiamo voluto parlarne con la diretta interessata. Ed ecco cosa ci ha detto.   

    Professoressa Colella, quando nasce questa storia?

    Nel 1997-98, prima che come Professore Ordinario di Geologia fossi invitata a trasferirmi dall’Università di Catania a quella della Basilicata, per sostituire il Prof. Doglioni alla direzione del Centro di Geodinamica, e quando qualcuno decise che questo non si doveva trasformare in Dipartimento di Scienze Geologiche. Un collega mi confidò che ero stata invitata a sedere su una poltrona con la dinamite sotto, ma io allora non compresi.

    Sarebbe a dire?

    All’epoca, il chimico professor Tamburro (poi deceduto) disse ai giovani geologi del Centro di Geodinamica che se si fossero azzardati a far istituire un dipartimento di tipo geologico avrebbe usato metodi leciti e anche meno leciti per impedirlo, o qualcosa del genere. Questo mi è stato confessato da uno di loro. Preciso che ho le prove di quanto dico, da anni inoltrate a varie Procure d’Italia quando costui era ancora in vita. Certo non è bello parlare dei morti, ma io parlo con prove e i vivi continuano a pagare.

    Perché osteggiare questo Dipartimento?

    Avrebbe fatto sicuramente concorrenza ad altri in merito al lucroso giro di convenzioni, incarichi, consulenze, fondi europei nel settore geologico, erogati dalla Regione Basilicata e da enti locali (Autorità di Bacino, ecc.). C’erano equilibri d’affari molto consolidati nel settore ambientale, tra terremoti, petrolio, acqua, dissesto idrogeologico, erosione costiera, grazie anche agli enormi finanziamenti legati ai fondi europei per le Regioni-Obiettivo 1 e alle royalty del petrolio. La stessa stampa all’epoca parlava di una lobby della Facoltà di Ingegneria e della Facoltà di Scienze cui è attestato un giro di affari che muove grandi interessi di tipo economico e politico nell’ambito di un ben definito settore della sinistra. Preciso, comunque, che il dipartimento geologico non fu osteggiato da tutti docenti dell’Unibas, ma solo da un gruppo in qualche modo legato al Dipartimento di Strutture, Geotecnica e Geologia Applicata all’Ingegneria (DISGG).  

    E cosa è accaduto? 

    Hanno chiuso il Centro di Geodinamica dopo solo un anno dal mio arrivo a Potenza! Avevo già avviato la battaglia per l’istituzione del Dip. di Scienze Geologiche, intrapresa per far crescere le Scienze della Terra nel piccolo Ateneo lucano, nato dopo il terremoto del 1980 per la difesa del suolo.  

    Cosa le è successo dopo l’istituzione del dipartimento ?

    Sono stata oggetto di un’attività persecutoria e vessatoria da parte dei rettori succedutisi fino al 2009. Tutta la Facoltà di Ingegneria all’unanimità aveva votato contro l’istituzione del dipartimento.

    Dopo il grande apprezzamento che gli enti lucani hanno riservato al mio progetto europeo POP-Agrifluid, oggetto dello studio delle risorse idriche e del monitoraggio ambientale della valle del petrolio (Val d’Agri), dopo aver coinvolto in Basilicata i migliori gruppi di ricerca nazionali sulle acque, come quello del Politecnico di Torino, dopo il mio intervento pubblico a sostegno della non idoneità del sito di scorie radioattive di Scanzano, dopo l’allestimento di una serie di laboratori scientifici, tra cui quello di Geologia Marina per gli studi delle coste, su di me si è scagliato un intero sistema politico-affaristico. 

    E’ stato svuotato il mio Dipartimento, dopodiché occorreva rendermi inoffensiva sul piano personale e professionale: così le azioni si sono concentrate direttamente sulla mia persona.  

    Ed è sul progetto POP-Agrifluid che partono le indagini a suo carico

    Esatto. Già durante la ricerca c’è stato il boicottaggio del mio progetto da parte di due collaboratori, che non hanno fornito risultati a fronte di cospicui investimenti europei di circa 235 milioni di lire, e che poi lestamente si sono trasferiti nel dipartimento del Tamburro e in quello diretto dalla sua compagna, il direttore del DISGG. Poi, il 20 marzo.2002 è stata inoltrata alla Procura di Potenza una denuncia del Tamburro a mio carico. 

    A dirigere le indagini nei miei confronti, dal 2004 sotto il controllo del giovane Sostituto Procuratore dr.ssa Mariangela Magariello fu il Col. Pietro Gentili, che all’epoca mi sembra fosse indagato per truffa insieme all’on. Bubbico per la vicenda del villaggio Marinagri, costruito su un tratto della costa ionica ad alto rischio ambientale. Magariello era giunta da poco dal Tribunale di Napoli, dove sembra che lavorasse come magistrato il fratello dell’ing. Rosa Viparelli, consulente della Regione Basilicata sulle “acque” e su argomenti affini al mio progetto “Agrifluid”. 

    Le indagini nei miei confronti furono certamente condotte con grande determinazione e celerità, senza risparmio di uomini e mezzi (intercettazioni telefoniche comprese), ma a dire il vero anche con una certa distrazione. Infatti il PM Magariello dichiarava che agli atti delle indagini non c’era alcun documento pubblicistico dell’uso del gommone, mentre sulle pareti dei corridoi del mio dipartimento, area delle indagini, era esposta in bella vista una pagina di un quotidiano con l’immagine del gommone e un articolo che ne spiegava l’uso.

    Durante le indagini ho fatto pure richiesta al PM Magariello di essere ascoltata per dare spiegazioni, ma costei ha rigettato la richiesta. Con grande clamore da parte della stampa, soprattutto di quella locale – il 17 settembre 2004 venne applicata la misura degli arresti domiciliari per 30 giorni, perchè dovevano interrogare dei testi. 

    Due settimane prima erano cominciati i movimenti per la chiusura del Dip. di Scienze Geologiche: già nella seduta del Senato Accademico del 2 settembre 2004, il rettore Lelj Garolla aveva istituito una Commissione d’Ateneo per la revisione dei dipartimenti. Da allora è stato distrutto il mio gruppo di lavoro, con enormi danni alla mia attività di ricerca, anche a causa delle ripetute sospensioni facoltative.  

    Ma lei crede veramente ad un complotto nei suoi confronti?

    Guardi le faccio vedere alcune cose, poi decida lei.

    Questo è uno stralcio di un’intercettazione telefonica avvenuta nel corso delle indagini a mio carico.

    X: Qui all’Università c’è uno sciacallaggio incredibile – gente senza scrupoli –  in mezzo ai lupi… stanno tentando di utilizzarmi per la terza volta

    Y: cioè per ammazzare –per ammazzare completamente Albina, no?

    X: no, ormai quella è fatta fuori, per chiudere il Dipartimento di Scienze Geologiche, vogliono chiudere il Dipartimento di Scienze Geologiche perché hanno altre mire – quello si dice, che forse le daranno, le daranno ancora più addosso – dove mi volto volto vedo distruzione e voglia semplicemente di fare il proprio tornaconto e di distruggere – la merda più totale l’ho trovata qui a Potenza.  

    Lei ha subito provvedimenti di sospensione?

    A partire dall’11. Novembre 2004 mi sono state irrogate una serie di sospensioni facoltative dal lavoro, seguite da altrettante reintegrazioni ad opera del Consiglio di Stato. La prima sospensione è stata irrogata dall’Ing. Rosa Viparelli, le altre dal poi rettore Tamburro. Un atto persecutorio e discriminatorio mai avvenuto nell’Ateneo neanche nei confronti di docenti condannati in primo grado per reati commessi in qualità di pubblici ufficiali.  

    Torniamo alla vicenda giudiziaria. E’ stata condannata a cinque anni per concussione. 

    Non ho mai agito per scopi personali, ma solo per il bene pubblico. Non c’è stato alcun profitto personale. Ho solo cercato di realizzare il mio ambizioso progetto europeo senza fare danni alla Pubblica Amministrazione, a seguito degli imprevisti ritardi dell’avvio del progetto, scaturiti dalla violazione che la Regione Basilicata ha fatto del suo stesso bando, posticipando la scadenza della stipula degli impegni giuridicamente vincolanti.

    Non solo sono riuscita a fornire i risultati attesi dal finanziamento, nonostante i boicottaggi subiti, ma ho anche fornito costosi prodotti aggiuntivi gratuiti, non finanziati dalla Regione Basilicata, per un importo di circa 261 mila euro.  

    I giudici hanno ritenuto che lei da questo progetto ha tratto profitto personale

    Se avessi voluto trarre profitto, dopo l’accertamento della Regione Basilicata del 25 Luglio 2002, che ha ritenuto il mio progetto regolarmente concluso, mi sarei limitata ad intascare i soldi accantonati, senza continuare a lavorare fino al Dicembre 2003 (e oltre), per consegnare all’Autorità di Bacino di Basilicata i prodotti gratuiti aggiuntivi non finanziati per 261 mila euro, oltre alle mappe e database derivanti dall’elaborazione dei dati raccolti.

    Oppure, volendo trarre profitto, avrei potuto tenere per me quei prodotti aggiuntivi e rivendermeli, facendo in modo di ottenere incarichi e convenzioni dagli enti pubblici lucani per realizzare qualcosa che avevo già pronto nelle mani.  

    Va bene, ma dalle carte emerge che lei ha comunque commesso delle irregolarità amministrative

    Certo, lo rifarei per salvare il Progetto e la Pubblica Amministrazione dell’Unibas e della Regione Basilicata. Avevo ricevuto fortissime raccomandazioni da dirigenti regionali di non ripetere i danni fatti dai progetti Unibas del triennio precedente, che avevano fatto perdere il cofinanziamento europeo.

    Non per mia responsabilità il Progetto ha subito un ritardo di 6 mesi sui 24 mesi complessivi del progetto. Ritardo gravissimo per un progetto di monitoraggio delle risorse idriche come il mio, in cui il “tempo” era importante, perché i monitoraggi delle acque richiedono dati idrologici almeno biennali per essere affidabili.  

    E’ qui che si infila nel reato di concussione?

    Definire concussione un escamotage amministrativo per salvare il progetto, mi sembra esagerato. L’unico modo per accantonare dei soldi (e non ce n’erano altri) che consentisse di rendicontare entro i termini previsti e non far perdere il cofinanziamento europeo, e poi continuare a lavorare per altri due anni per acquisire una maggiore quantità di dati, trasformarli negli strumenti operativi (carte, mappe, banche dati, ecc. ) auspicati dal bando regionale, e anche fornire i risultati aggiuntivi, era agire sui contratti innalzandone il tetto, ma senza togliere nulla del dovuto ai contrattisti.

    A dire il vero per questi problemi amministrativi c’è stato un disastro nell’Unibas. Ben 15 progetti POP-FESR su 22 hanno avuto i miei stessi problemi, ma li hanno risolti a modo loro: hanno ricevuto di nascosto, dalla dirigente regionale M. T. Lavieri (poi indagata per abuso d’ufficio) responsabile dei progetti POP-FESR, proroghe illegittime (come da consulenza del CTU), non previste dai bandi regionali ed europei.

    Di queste proroghe illegittime nessuno mi ha mai messo al corrente: una soluzione per pochi amici, a quanto pare. Per giunta alcuni progetti hanno fatto perdere anche il cofinanziamento europeo. L’efferata solerzia della denuncia a mio carico e le misure intraprese assumono un preciso significato se confrontati con la cappa di silenzio che è scesa invece su questo disastro, che ha causato un ammanco di circa 2 milioni di euro nell’Unibas.

    Non sono state applicate le sanzioni previste, neanche quelle per i danni all’erario, anzi l’ammanco è stato in parte tamponato dai fondi perenti della Regione, cioè fondi dei cittadini lucani. Più di un miliardo di lire della Scuola di Geologia e Sismologia è stato sottratto agli studenti di Scienze Geologiche per tamponare le spese correnti.

    Ci sono volute tre interrogazioni regionali, parlamentari, europee e un procedimento penale su mia querela per scoprire tutto ciò: tra i responsabili c’erano anche i due rettori Tamburro e Lelj Garolla….  

    Se l’hanno condannata a cinque anni di reclusione, è evidente che i contrattisti sono stati da lei costretti ad accettare

    Non ci sono tracce nei verbali di udienza di mie minacce o ricatti nei confronti dei contrattisti affinché accettassero la proposta. Io ho spiegato loro i miei problemi, e loro in buona fede hanno accettato. Potevano rifiutarla o accettarla liberamente, qualcuno lo ha anche espressamente dichiarato in udienza. Uno di loro è stato ricattato, ma non da me. Legga questa intercettazione: “Sono sotto ricatto” “ ero sicuro che sarei stato ricattato, ma che succedesse il giorno dopo no”; “sono stato usato la prima volta, sono stato usato una seconda volta, e adesso stanno tentando di utilizzarmi per la terza volta” …certo, vogliono chiudere il dipartimento perché hanno altre mire”…. non pensavo che un professore ordinario arrivasse a tale bassezza, veramente no” “E’ sua abitudine fare queste manovre, e usare la gente” “il rettore (Lelj Garolla) è stretto amico di questo grande professore”.

    Ma perché lei non si è limitata a terminare il suo lavoro all’atto della rendicontazione contabile? E’una benefattrice ?

    Perché i gravi ritardi maturati ci avevano consentito di fare solo il minimo indispensabile, mentre come direttore io ambivo a realizzare un buon progetto, secondo gli auspici del bando regionale, che costituisse il biglietto da visita scientifico del neonato dipartimento agli occhi del territorio e degli enti locali. E infatti il progetto è stato molto apprezzato, tanto da avere le lodi pubbliche da parte dell’Autorità di Bacino, che a sue spese ha curato la stampa di una monografia con 13 lavori di approfondimento e lo ha inserito sul suo sito online. Da allora il dipartimento geologico è diventato uno stimato interlocutore del territorio.  

    E veniamo al reato di peculato. Quattro anni di reclusione.

    Il gommone l’ha utilizzato per scopi personali?

    No. Questo non solo non è emerso dalle carte processuali, ma è ridicolo. Non ne avevo bisogno: da più di 30 anni possiedo una comoda imbarcazione da turismo. Il “Gommone” è invece è una vecchia, pesante e spartana imbarcazione, priva di accessori e sedili, ma con lo spazio necessario a prua per le operazioni di campionatura dei sedimenti subacquei con la voluminosa benna. Il gommone appartiene al Laboratorio di Geologia (marina) del Dipartimento di Scienze Geologiche dell’Unibas, che ho allestito nel 1999 per lo studio delle coste, invasi, laghi, e che ho attrezzato con costose attrezzature scientifiche di precisione, e cioè con una benna per la campionatura di sedimenti, un sistema di rilevamento GPS a risoluzione submetrica, un software per navigazione con GPS, e da un ecoscandaglio di precisione per i primi 200 metri. All’epoca l’Unibas, per una serie di difficoltà, non poteva garantire la tutela del gommone, che essendo vecchio necessitava di continua manutenzione con i due motori. Né c’erano officine specialistiche a Potenza, e neanche i soldi sui capitoli giusti per affidarlo a pagamento ad un’officina. E’ falso che il gommone, il rimorchio e il motore Mariner 90 Hp siano stati acquistati sui fondi europei POP-FESR. L’acquisto è gravato sui fondi di un mio progetto ministeriale MURST 40%, per uno studio dei sedimenti subacquei del Golfo di Catania.  

    Si, ma lei lo ha usato per fini personali?

    Mai. Ho soltanto garantito la manutenzione senza oneri per nessuno, in qualità di direttore e consegnatario dei beni, nonché responsabile di eventuali danni: e di questo devo essere ringraziata. Non esiste prova nelle carte processuali di un abuso da parte mia dell’imbarcazione.  

    Bene. E allora perché l’hanno condannata ad una pena così pesante?

    Potrei dire che non lo so. Cosa pensa lei? Potrebbe trattarsi di una punizione di chi criticamente si oppone al sistema e fa battaglie scomode ?  

    Lei aveva chiesto la ricusazione del giudice Gubitosi, lo stesso giudice che ha emesso la sentenza

    I miei due legali, l’avv. Rossi del Foro di Siena e l’avv. Rossodivita del Foro di Roma, hanno contestato tutta una serie di cose, tra cui il fatto che il giudice Gubitosi avrebbe usato una dura reprimenda nei loro confronti non ammettendo domande sulla natura e caratteristiche dei fondi europei POP-FESR, nonostante questi rappresentassero il tema dell’imputazione; avrebbe negato il confronto tra tre testimoni, ritenuto decisivo dalla difesa; avrebbe fatto le domande ad un teste prima che tutte le parti avessero terminato l’esame o il controesame, contrariamente a quanto previsto dalla legge; avrebbe concesso un numero di testimoni a carico dell’accusa superiore rispetto a quello dei testimoni della difesa, e così via.  

    Professoressa mi dica, crede che sia stata punita per le sue battaglie anti inquinamento?

    Non saprei. C’è anche chi suppone che sia stato un modo per escludermi da una eventuale mia candidatura alle prossime elezioni. In ogni caso questa condanna mi ha lasciato molto perplessa, anche per l’entità della pena. Non ho arrecato danno alla Pubblica Amministrazione, tutt’altro, né ai cittadini della Basilicata. Forse ho dato fastidio a certe consorterie. Ricorrerò in appello e sono convinta che in quel grado di giudizio troverò giustizia.  (Giusi Cavallo)

    http://basilicata.basilicata24.it/cronaca/lunga-intervista-ad-albina-colella-18763.php

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