Come molti hanno già sottolineato, il sito Montescaglioso.net ha avuto un interessante sviluppo ed è diventato un soggetto di curiosità per i montesi che usano internet. Per alcuni, sembrerebbe, qualcosa di più: un punto di riferimento, un luogo di confronto, una comunità “potenzialmente” ideale.
Nel corso del tempo qui sono state avanzate proposte, critiche e riflessioni. Al di là del valore di ogni istanza, è emersa da parte di molti una voglia di fare qualcosa per la comunità reale che non riesce a trovare collocazione e concreti sbocchi operativi.
Se così è mi permetto di dare a questi navigatori un suggerimento: raccogliere materiale per creare a Montescaglioso un museo dell’emigrazione.
Penso a questa cosa da un po’ di anni e ho raccolto vari materiali, ma si tratta di un lavoro che richiede un grosso impegno di ricerca e il coinvolgimento di molta gente.
Si potrebbe cominciare con il raccogliere i dati sui montesi emigrati negli Stati Uniti e sbarcati a New York fra il 1892 e il 1924. Ci sono anche loro, spesso con nomi cognomi e luogo di provenienza scritti male sui registri di imbarco, nella banca dati che riporta i nominativi di oltre 12 milioni di emigrati negli Usa in quegli anni.
Ci sono praticamente tutti i cognomi montesi, poiché l’emigrazione è stata veramente l’unica storia di tutti. Neanche i partiti riescono a litigare su una questione di comune interesse come questa.
Chi fosse interessato a studiare con me la fattibilità di questo progetto che potrebbe chiamarsi “Memorie Migranti” – o in qualunque altro modo – può cominciare con il guardarsi il sito http://www.ellisisland.org/.
Digitando un qualunque cognome nella finestra di dialogo “search” potrà sapere, dopo qualche secondo, quanti individui con quel cognome sbarcarono a N.Y. Iscrivendosi al sito è inoltre possibile sapere di ognuno quanti anni aveva, da che paese veniva, insieme a chi viaggiava, che lavoro faceva, quanti soldi aveva con sé, in quale città americana a quale indirizzo e presso chi sarebbe andato ad abitare, ecc. ecc.
In un secondo momento si potrebbe provare a contattare i discendenti, qualora ve ne siano, di quegli emigrati e farsi dare una copia della documentazione da loro conservata.
A parte ogni altro motivo, chi è interessato a capire il grado di “purezza” della propria montesità o la diversa origine geografica della sua famiglia può farsi un’idea abbastanza precisa sulla base della situazione esistente fra fine Ottocento e primo Novecento.
E’ inutile dire che l’eventuale sviluppo dell’iniziativa farà riferimento, secondo forme da studiare, a Montescaglioso.net.
Il mio indirizzo sul sito non funziona, chi fosse interessato può scrivere a:
cristoforomagistro@libero.it
Cristoforo, la tua proposta mi entusiasma. Hai la mia completa disponibilità, per un eventuale nuovo sito web o progetto informatico io ci sono.
Intanto ho messo il tuo post in prima pagina per dargli un’adeguata visibilità. Spero che molti montesi.net dicano la propria su questa possibilità.
Hai già in mente qualcosa di preciso su come si potrebbe procedere? Un museo dell’emigrazione potrebbe forse realizzarsi in maniera più semplice sul web… una base dati e una vetrina di tutti i documenti che si riusciranno a raccogliere. Che ne dici?
A tal proposito volevo condividere con voi uno scambio epistolare che sto avendo in questi giorni con una donna americana. Dopo avermi contattato per delle info in inglese su Montescaglioso abbiamo cominciato a scambiarci parecchie e-mail. Ho così scoperto che la californiana è diretta discendente di un montese emigrato agli inizi del secolo. Ho messo in contatto lei con i suoi presunti parenti e proprio in queste ore hanno finito di metter su un albero genealogico che copre 4 generazioni e che assegna sangue montese a decine di americani. La californiana ha quindi subito organizzato un viaggio nel paesello per la prossima estate per incontrare i parenti ritrovati… ci pensate? Quanti “montesi” ci saranno sparsi per il mondo?
Rispondo in fretta, anche se lungamente, a Felice e a quanti mi hanno chiesto informazioni sul progetto “Memorie Migranti”.
A dire la verità mi aspettavo un maggiore interesse, forse non ho chiarito bene cosa si chiede a chi volesse collaborare. Non ci vogliono le “scuole alte” e non c’è bisogno di essere amico degli amici di nessuno.
Ciò che serve è una connessione veloce e un po’ di buona volonta.
Per creare un archivio elettronico degli emigrati montesi sbarcati a New York fra il 1882 e il 1924 sarebbe sufficiente che chi va sul sito http://webcenter.ellisisland.netscape.com/default.asp a guardare se il bisnonno, o quelli con il suo cognome o chiunque altro, è emigrato in America si guardasse l’elenco di tutti i passeggeri di quella nave e facesse un “copia e incolla” di tutti i nominativi di montesi.
Oppure, ancora meglio, di tutti i nominativi dei lucani.
Dopo che i singoli avranno fatto questa operazione si possono centralizzare i dati ricavati su un’unica banca dati e metterli su Montescaglios.net.
Il resto si vedrà, ma sarebbe bene non limitarsi alla dimensione virtuale.
Non sarebbe bello, ad esempio, mettere su a Monte una biblioteca specializzata sul tema dell’emigrazione?
A mio avviso dovrebbero esserci circa cinquemila montesi rintracciabili su Ellis Island. Sembreranno tanti, ma molti andarono in America tre-quattro volte.
Per consultare la banca dati di Ellis Island si procede così:
1. sulla casella cerca (search) digito, ad esempio, Appio;
2. mi si dice che ci sono 28 nominativi con questo cognome;
3. per ognuno è indicato paese di provenienza, età, data di partenza;
4. me ne visualizza 25 per videata;
5. noto che, tranne tre, sono tutti lucani, per lo più di Monte e Bernalda;
6. mi iscrivo, gratuitamente, al sito e questo mi dà il benvenuto;
7. clicco sul cognome del montese che è partito prima: ne trovo due partiti nel 1906, Rocco e Vito Appio;
8. clicco su Vito e mi compare una specie di diploma coi suoi dati;
9. a destra di questo “passenger record” vedo “wiew original ship manifest” che traduco in “guarda foglio d’imbarco originale”;
10. clicco su “wiew…”;
11. appare, appunto, il foglio compilato al momento in cui Vito Appio, a Napoli si imbarcò sulla nave “Principe di Napoli” che lo sbarcò a N.Y. il 2 aprile 1906;
12. per poterlo leggere devo cliccare sul simbolo con la lente d’ingrandimento;
13. nello stesso foglio vedo che insieme a lui viaggiavano i paesani Locantore Giuseppe, Russo Mauro, Miosmulli (Mianulli) Tommaso, Milano Angelo, Bitonto Rocco, Trotto (Trotta) Michele, Pietromatera Angelo, Vitale Vincenzo, Simmarasso (Simmarano) Giuseppina, Casamassa (forse Casamassima) Vincenzo;
14. se si va a vedere presso chi vanno ad abitare questi dieci si recupera qualche altro nominativo;
15. le informazioni riportate dal foglio d’imbarco su ogni emigrante sono 22, nel corso del tempo aumenteranno;
16. in alternativa alla visualizzazione del manifesto originale è possibile guardare l’elenco degli emigranti in formato testo;
17. dà meno informazioni ma consente di sfogliare più velocemente l’elenco di tutti i passeggeri della nave;
18. in genere i gruppi di paesani si presentavano e venivano registrati insieme sulla lista d’imbarco;
19. questo non accadeva sempre e perciò converrebbe guardare l’elenco completo degli imbarcati.
Queste sono le cose essenziali da sapere, le altre si capiscono strada facendo. Se ci sono riuscito io che non conosco neppure l’inglese possono farlo tutti.
Per dare un’idea di come si presentasse a Monte la questione emigrazione allego un estratto dello studio fatto da Ausonio Franzoni nel 1902 su incarico del presidente del Consiglio Giuseppe Zanardelli che in quello stesso anno visita la nostra regione.
A quella visita seguirà l’emanazione della legge speciale sulla Basilicata.
Nella relazione Franzoni si fa riferimento a fotografie del paese allegate a una relazione di Domenico Venezia e, sembra di capire, ad altre scattate dal cremonese Annibale Grasselli che accompagnò Franzoni a Monte.
Sarebbe interessante ritrovare il memorandum Venezia con foto, gli appunti e, forse, le foto di Grasselli, e un documento su Monte preparato da Luigi Loperfido detto il Monaco Bianco, ex emigrato ed organizzatore del primo grande sciopero contadino fatto in Basilicata.
Questi era un figlio illegittimo e aveva passato a Monte, dove viveva la madre, vari anni della sua adolescenza.
Per questo motivo ho allegato in fondo all’estratto della relazione Franzoni anche una parte che si riferisce a Matera e alla lega di Loperfido.
L’emigrazione in Basilicata, di Ausonio Franzoni
[…]
Montescaglioso
A percorrere i 20 chilometri di strada carrozzabile che dividono Matera da Montescaglioso, occorrono più di 3 ore, causa le gravi pendenze e lo stato deplorevole di gran parte del cammino.
Arriviamo quindi a notte inoltrata in questo paese importantissimo del circondario e vi troviamo un’accoglienza, oltre ogni dire, cortese.
Non ostante l’ora tarda, trovammo le vie del paese sufficientemente illuminate e fu possibile di raccogliere molte notizie dalle autorità municipali che, preavvisate, erano venute ad incontrarci.
La visita a Montescaglioso m’interessava assai, non solo per l’importanza speciale del paese che conta 7300 abitanti e dista non meno di 20 chilometri da qualunque altro centro di popolazione, ma anche pel fatto straordinario, che l’emigrazione, dopo avervi raggiunto la cifra di 242 individui nel 1901, in confronto di 16 nel 1900, è scesa in quest’anno, a meno della decima parte.
Partendo dal principio ch’essa è determinata soprattutto dal malessere, e dalla mancanza di lavoro, era naturale ch’io supponessi, che le cause del primo si fossero di molto attenuate, o che per circostanze speciali, i proprietari
avessero trovato proficua occupazione.
Non potevo immaginare che queste previsioni dovessero risultare assurde; e, qui principalmente, dovevo convincermi, che sarebbe una vera temerità,esprimere giudizi generali sulle condizioni dei paesi che non ho potuto visitare.
* * *
La popolazione di Montescaglioso non è diminuita nel ventennio che di
146 individui, i quali ammontano però a 1205, tenendo calcolo dell’eccedenza
delle nascite sui decessi.
Essendo rarissimo il caso che gli emigranti abbiamo condotto seco la
famiglia il paese ha, quindi, perduto un contingente enorme di uomini adatti
al lavoro, pur avendo nel suo vastissimo territorio, di oltre 200 chilometri
quadrati, esuberanza di spazio, per sopperire alla loro esistenza.
Dalle informazioni assunte risulta, intanto, che la cifra degli emigranti
di quest’anno, la quale arriva appena alla ventina non si riferisce che a quelli
che si diressero alla lontana America, e che, ad essa, deve aggiungersi quasi
il decuplo di artigiani e muratori che quest’anno scesero alle vicine città della
Calabria, e quindi si recarono a lavorare in Egitto e nella Colonia Eritrea.
Questa deviazione della corrente si attribuisce alla mancanza di mezzi
per provvedere al costoso viaggio transatlantico, mentre lo straordinario
numero di emigranti nel 1901 provenne dall’allettamento dei viaggi gratuiti
pel Brasile, che quest’anno vennero aboliti.
Le dolorose notizie sulle condizioni degli italiani nello Stato di San
Paolo, non avrebbero fatto guari impressione sugli abitanti di Montescaglioso,
ove non fosse avvenuta quella saggia proibizione.
Sennonché si affaccia l’obiezione, se all’azione proibitiva del Ministero degli
Esteri non sarebbe stato necessario accompagnare l’azione protettrice e benefica
dei Ministeri degli Interni, dell’Agricoltura e dei Lavori Pubblici, a sollievo di
quel grande disagio.
Che questo sia eccezionale, non v’ha dubbio, e le notizie fornitemi dall’intelligente
Brigadiere, comandante la stazione dei Reali Carabinieri, e le
mie osservazioni personali lo provano ad esuberanza.
Avvicinandosi epoca più rigida dell’inverno, l’elemento lavoratore che
rappresenta l’immensa maggioranza di quella popolazione, si trova sprovvisto
di tutto, non avendo altra risorsa che d’andar a raccogliere, in boschi lontanissimi,
qualche fascio di legna, ch’esso vende per sfamarsi, perché serve al
riscaldamento altrui.
La locale Congregazione di carità, con un’entrata di 1500 lire, costituite
da canoni e censi difficilmente esigibili, non può sopperire, che in minima
parte delle miserie, pur coadiuvata dallo stanziamento inusitato nei bilanci
comunali, finora esaminati, di lire 1200 per beneficenza.
Ma nel bilancio del Comune figura la cifra enorme di 59,207 lire di rendite
patrimoniali, alla quale però fa riscontro quella di 19,000 per imposte
pagate dal Comune allo Stato, oltre al canone pel dazio consumo.
Questo reddito però è in costante diminuzione, perché l’esaurimento
delle terre non concimate, e la riduzione del numero degli agricoltori affittuali,
fece che le subaste già bandite siano andate deserte, e che si debba prevedere
un rilevantissimo ribasso delle entrate negli anni avvenire.
Una sola proprietà dalla quale si poté a stento ottenere un affitto di 1600
lire (in ragione di 95 centesimi all’ettaro), è gravata di lire 2360 d’imposta
fondiaria.
Nell’anno scorso si ebbe a constatare l’inesazione di lire 2500 per affitti,
e di circa 9000 per canoni, ed il Consiglio Comunale fu costretto, per non
aggravare con inutili spese di atti esecutivi i contribuenti, ad accordare una
dilazione al pagamento fino all’agosto del 1903, nella speranza di un discreto
raccolto.
Questo, però, non può sperarsi guari migliore dei passati, se le condizioni
delle campagne circostanti sono in continuo peggioramento, e se non
si provvede, mercé l’aiuto del Governo, a migliorare i sistemi d’agricoltura,
ed a fornire, con una certa larghezza di credito, i concimi artificiali, con un
pratico insegnamento sul modo d’adoperarli.
* * *
Può parer strano, infatti, che, date le condizioni economiche del municipio
e l’assenza d’imposte comunali, l’elemento proletario si trovi in tanto
disagio; ma esso proviene dalla sfiducia, ormai generale, nella produttività
della terra, ed anche dall’esistenza di molti latifondisti i quali distraggono dal
movimento economico locale tutte le rendite dei loro fondi, contribuendo al
locale depauperamento.
Ma una causa importante dell’emigrazione sta pure, nel pericolo che
incombe a molta parte del paese, di rovinare per frammenti del terreno sottoposto;
senza contare che, anche nel centro del paese, le case, pur presentando
apparentemente caratteri di grande solidità, vanno facilmente crollando;
sì che ad ogni tratto se ne incontrano parecchie in completa rovina.
Queste case, d’altronde, pur appartenendo ai loro miseri abitatori, sono
soggette a gravosi canoni, sì che m’avvenne di costatare che una donna, certa
Carmela Mianulli, che ha il marito in America, e vive con tre figliuoli in una
stanza, appoggiata ad una cisterna (che fa trapanar l’acqua dalle pareti), paga
per quella povera abitazione 10 lire di rendita fondiaria, ed altrettante per
censo del fondo del culto; corrispondendo quindi, in quell’isolato paese, per
imposta, una somma superiore a quella che, per un simile ambiente, dovrebbe
pagare, a titolo di affitto, in una mediocre città.
“Il comune ricorse, tempo addietro, nell’intento di sollevare le sorti dei
proletari, alla quotazione di alcune terre comunali; ma i risultati furono affatto
contrari, perché la maggior parte dei beneficiati, sfruttato nei primi anni
il terreno, o lo abbandonò, o dovette cederlo agli usurai, che avevano facilitato
i mezzi di coltivarlo”.
In un memoriale minuzioso e preciso, che l’Amministrazione comunale
di Montescaglioso volle rimettermi, accompagnandolo con fotografie che
illustrano le condizioni speciali del paese, risultano chiaramente quali sarebbero
i provvedimenti, che converrebbe adottare per diminuire l’emigrazione,
i quali si riducono a misure locali atte a sollevare le sorte della popolazione
lavoratrice.
Questi possono riassumersi:
1° Nella cooperazione dello Stato all’opera di consolidamento delle frane od alla costruzione di case rurali, in sostituzione di quelle crollate in paese.
2° Nella esenzione della imposta di ricchezza mobile pei proprietari di animali da lavoro, di tiro e d’allevamento, ancorché non siano legati al suolo per cui debbono servire.
3°Nell’influenza governativa, per regolarizzare le relazioni fra proprietari ed affittuali, onde rendere impossibili gli arbitri antichi dei latifondisti e degli agenti loro.
4° Nella costruzione immediata dei tronchi di strada provinciale nn. 211 e 154 di serie, contemplati nella legge 3 luglio 1902, n. 297.
5° Nell’affrettamento delle operazioni di perequazione fondiaria.
6° Nell’impianto, nell’agro estesissimo del comune, d’una stazione rurale esperimentale, con deposito d’attrezzi, concimi ed animali, da fornirsi, con credito privilegiato, ai contadini ed ai piccoli proprietari, e coll’intento di servire da scuola pratica a tutto l’elemento agricolo del comune.
[…]
( pagine 178-182)
Il Consigliere provinciale Avv. Domenico Venezia, uno dei più grossi proprietari
di Montescaglioso, noto per le sue opinioni politiche conservatrici,
volle, anzi, favorirmi, in proposito, alcuni appunti: afferma, che i grossi proprietari
potrebbero sopportare agevolmente le imposte esistenti sull’agricoltura,
quando non mancassero le braccia pel lavoro ed il credito ad equo interesse
per i necessari capitali.
Propugna, quindi, esso pure, come tutti gli altri, l’adozione di provvedimenti
speciali di sgravio per la gente minuta, e li farebbe consistere, principalmente;
nell’immediata soppressione delle quote minime fino a lire 10 complessive,
riversandone il peso sui maggiori censiti; e nella, non meno immediata,
quotizzazione dei beni demaniali, sfruttati male dalle amministrazioni,
peggio ed a torto dalle camarille locali.
Aggiunge che è necessario, altresì, abolire i dazi sulle carni e sul vinello
immediatamente; salvo addivenire nel 1904, all’abolizione totale del dazio
consumo sugli altri generi.
E poiché in fatto di sgravi, gli appunti del Cav. Venezia, compendiano
gli unanimi desideri e le opinioni che ho raccolto, al proposito, in Basilicata,
io non posso che riferirmi ad essi, convinto, che l’adozione di questi provvedimenti,
riuscirebbe efficacissima, per diminuire l’emigrazione.
(Da pagina 229)
Matera
Capitale antica della Basilicata, conta 17,000 abitanti, avendo aumentato
di un decimo la sua popolazione nel ventennio.
Il complesso della città è grazioso e pulito; edifici dall’aspetto solidissimo
la adornano, le case sono spaziose e pulite e le vie e piazze principali convenientemente
lastricate ed illuminate.
Nei profondi avvallamenti, tracciati dal torrente Gravina, e che s’aprono
come ad affiancare ai lati della città, sono scavate nel tufo friabile, che indurisce
rapidamente al contatto dell’aria, delle grotte profonde, in cui vive la
povera gente, come ai tempi dei trogloditi.
Pur avendo ormai abituato la vista ed il cuore a simili spettacoli, questo
non lascia d’infondere profonda tristezza. Non sembra però che quella gente
primitiva si trovi, in quelle abitazioni, enormemente a disagio. Ciò che più
impressiona, è che anche su di esse graviti inesorabile l’imposta sui fabbricati e
che chi abita non si sottragga all’apparentemente giustissima tassa di focatico.
Avvicinando quella gente infelice, v’hanno momenti in cui l’incoscienza che
essi dimostrano della loro abbiezione, fa tacere nell’animo la pietà, per sollevare
l’indignazione.
Non si riesce infatti a comprendere, come essi non s’accorgano dell’impressione
disgustosa che producono; e, non provando essi alcuno dei bisogni più elementari
dell’igiene personale, non sembra si facciano un’idea, che altri li possa sentire.
Quest’impressione dolorosa si accresce, notando, l’indifferenza, con cui
le persone, anco intelligenti e colte del luogo, assistono a questo miserevole
spettacolo; e come in esse l’abitudine abbia prodotto l’insensibilità.
[…]
I contadini, angariati e scorati, e profittando dalla vicinanza di regioni
più progredite, abbandonano Matera, il cui territorio vastissimo rimane così
incolto per la massima parte.
Aggiungasi l’esistenza di due o tre grandi latifondisti, i quali non si curano
affatto di introdurre miglioramenti nella coltura delle loro immense proprietà,
ed il fatto, che molti beni ecclesiastici del territorio Materano, vennero
acquistati dai capitalisti Baresi, i quali, naturalmente, come i latifondisti, ne
godono da lontano il frutto, senza alcun profitto pel Comune.
Questo si trova ridotto perciò, a sopportare spese, senza possedere le
congrue entrate e l’Amministrazione quindi è costretta a rivalersene sulla
popolazione intera, col facile mezzo del dazio consumo e delle imposte locali
a larghissima base.
Il conseguente fermento della popolazione lavoratrice, si risolve qui in
un iniziale, ma vivacissimo movimento di contadini, i quali, ammaestrati ed
eccitati dall’esempio della Puglia vicina, si sono costituiti in lega, e discutono
con energia, affatto insolita in Basilicata, dei loro diritti e delle loro pretese,
trovando, naturalmente, chi approfitta del loro risveglio, per rinfocolarne
le passioni.
* * *
Attratto dalle novità del caso e seguendo il metodo obiettivo propostomi,
volli recarmi alla sede della Lega, ove trovai raccolto un centinaio di contadini
attornianti quel tipo originale, ma interessante, di apostolo della rigenerazione
proletaria, che è conosciuto sotto il titolo di Monaco Bianco e che
risponde al nome di Luigi Lo Perfido.
Trovai cortesissima accoglienza e, poiché ebbi esposto i motivi che mi
conducevano, e che erano quelli di conoscere le cause che inducevano i loro
parenti ad emigrare e studiare i mezzi adatti, nei limiti del possibile, ad attenuarle,
si iniziò una discussione, in cui quella povera gente incolta, ma non
ottusa, espose con ingenua semplicità la propria opinione.
“Poco o nulla essi lamentarono lo stato miserabile delle abitazioni in cui
sono nati e cresciuti, del vitto frugalissimo, che non si preoccupano di
migliorare.
Dissero, invece, come anche quelle tane essi siano soggetti a tasse municipali
gravose e come il sistema vigente di contratto a fittanza dei terreni li
costringa a lavorare senza posa tutto l’anno, per poi trovarsi alla fine carichi
di debiti verso il proprietario e verso l’usuraio, cui dovettero ricorrere pel
pagamento delle tasse, e più estenuati di prima”.
Il loro aspetto infatti è lungi dal potersi paragonare a quello dei contadini
anche delle più infelici plaghe settentrionali, ed i cibi che li vidi mangiare nelle
loro grotte, sono tali da metter ribrezzo.
“La terra che coltiviamo, essi aggiunsero, ci rende difficilmente tre o
quattro volte la semente che vi abbiamo sparso, e per procurare pascolo alle
pochissime pecore, che ancora possediamo, dobbiamo sottostare a pesi che
assorbono l’utilità che ne potremmo ritrarre.
Perciò appena possiamo, emigriamo; e quelli di noi che sono trattenuti
dai lavori pel proprio poderuccio, attendiamo l’occasione per disfarcene e
poter recare in America, dove ci dicono, che i padroni sono cattivi, ma non
crediamo possano essere peggiori dei nostri; e dove almeno, è certo, che si
mangia meglio di qui.
Se noi ci rifiutiamo di lavorare nei campi dei signori, questi, quando si
tratta di aiutarci nel disbrigo delle questioni di leva, o di sollevarci da qualche
tassa ingiusta, ci mettono mille difficoltà; emigrando poi, siamo obbligati
a lasciar le nostre donne, ed è tanto più facile, che pesi su di esse il malcontento
di chi ci vide partire”.
Questo il sunto della loro esposizione fatta senza scompostezza e violenze
e rispondente esattamente, del resto, alla verità.
Nessuna delle frasi rivoluzionarie che caratterizzano i nostri ambienti
nordici, un senso in tutti, più di stanchezza che di rancore, ed una fede vivissima
nell’opera rigeneratrice dell’attuale Governo, che personificano ed
applaudono nel nome di Giuseppe Zanardelli.
* * *
(pagine 172-173)
(Ministero degli Affari Esteri. Commissariato dell’emigrazione. L’emigrazione
in Basilicata, relazione del Cav. Ausonio Franzoni, Roma, Tip. Nazionale Bertero, 1904.)
Veramente interessante questo documento Cristoforo. Spero che gli utenti di monte.net non si siano fatti scoraggiare dalla lunghezza e lo abbiano letto.
Vedere con gli occhi di uno del nord la miseria e le condizioni pietose in cui vivevano i nostri antenati solo 100 anni fa ci spiega con facilità il perché della massiccia emigrazione e forse anche il perché dei soprusi subiti dai nostri emigranti in America. Se quelle erano le condizioni di vita e igieniche….. facile pensare che l’americano vedesse la nostra gente come animali da soma.
Dove si potrebbe cercare per le foto di cui parlavi?
Chiudo con una brutta notizia per un’eventuale progetto di un museo virtuale dell’emigrazione. Ho letto i termini di utilizzo del sito ellisisland…
“…you may not otherwise copy, download, store, manipulate, reformat, distribute, display, publish(including,but not limited to,on the internet), create a derivative work from,resell or make any commercial use of, or make any other use of, the Service or any Information contained therein”
E’ vietato usare dati e riutilizzarli per fini diversi da quello personale. 🙁
Lo stralcio riguardante Montescaglioso dello studio di Franzoni sull’emigrazione lucana prova che solo a un’osservazione superficiale i nostri paesi si presentavano immobili come presepi. Lo erano nel costume politico e nella mentalità, ma chi rischiava di morire di fame si muoveva e come.
Ciò che a me sembra interessante fra le annotazioni dell’inviato di Zanardelli è quella che se non ci fosse stata una legge –il decreto Prinetti del marzo 1902- che proibiva l’emigrazione per il Brasile le “capetoste” montesi avrebbero continuato ad andarci pur sapendo che rischiavano di finire nelle fazende a sostituire gli schiavi che il governo brasiliano aveva liberato.
L’altro spunto che merita la massima attenzione è questo: «Dalle informazioni assunte risulta, intanto, che la cifra degli emigranti di quest’anno (1902), la quale arriva appena alla ventina non si riferisce che a quelli che si diressero alla lontana America, e che, ad essa, deve aggiungersi quasi il decuplo di artigiani e muratori che quest’anno scesero alle vicine città della Calabria, e quindi si recarono a lavorare in Egitto e nella Colonia Eritrea.
Questa deviazione della corrente si attribuisce alla mancanza di mezzi
per provvedere al costoso viaggio transatlantico…».
Significa che circa duecento artigiani e muratori erano partiti quell’anno, a piedi e senza una lira, per imbarcarsi da qualche porticciuolo della Sicilia per il Nord Africa avendo come meta finale l’Egitto o l’Eritrea.
Altro che il viaggio di Ulisse!
Si mantenevano e raccoglievano i soldi per le tappe successive con lavoretti che trovavano da fare strada facendo. Qualcuno non ce la faceva e non se ne sapeva più nulla anche quando, non sempre, le famiglie attivavano i consolati per rintracciarli.
Testimonianze sparse e frammentarie possono trovarsi anche su di loro. Bisognerebbe cercarle.
Qualcosa si trova sempre anche se la ricerca archivistica dà spesso risultati imprevedibili e può capitare di non trovare ciò che si cerca, ma altre cose.
Credo che le foto su Monte a cui accenna Franzoni potrebbero trovarsi all’Archivio Centrale di Stato a Roma, ma vale la pena di cercare altri materiali quando non si riesce a rielaborare quello, sterminato, già disponibile?
Sapevo della clausola sull’uso dei materiali del sito Ellis Island, ma non mi pare uno scoglio insuperabile. Intanto perché moltissimi dei dati che loro riportano sono citati anche da altre fonti.
Il problema non è quello.
Felice aveva intitolato un suo post “Cominciamo a fare sul serio”.
Ripropongo la sua affermazione aggiungendoci un punto interrogativo.
Risponderò in modo esauriente a Felice fra qualche giorno.
Intanto voglio alimentare l’entusiasmo di Zodd: il sito Ellis Island non è a pagamento.
Dò un esempio di cosa è possibile scoprire in meno di un’ora.
Facciamo finta che il nonno di Zodd si chiamasse Venezia Nunzio Paolo e andiamo a controllare se fosse mai emigrato in America sbarcando a NY.
La risposta sarà sì: si era imbarcato a Napoli sulla nave Victoria, era stato segnato col numero 778 sulla lista d’imbarco ed era arrivato a NY, la sua destinazione finale, il 12 ottobre 1903. Era un contadino (peasant), aveva 25 anni e 19 dollari in tasca, era coniugato, non era mai stato prima negli SU e non ne parlava la lingua, si era pagato il biglietto da sé e sarebbe andato ad abitare da Nicola Garbellano al numero 76 di Burger Avenue nella parte ovest di N.B. .
Non so cosa significhi N.B. Forse New Brooklin? Ci sarà la possibilità di capirlo ritrovando nuovamente questa indicazione.
In compenso so ancora che il nonno di Zodd: non era mai stato in prigione, non era poligamo, anarchico, deforme ed era in buone condizioni di salute.
Con lui viaggiava il compaesano Pietro Andriulli, stesse condizioni e 10 dollari. Andava a stare da Raffaele Motola al 118 East della 42° strada a NY.
So quindi che Garbellano e Motola a quella data erano già “sistemati” e potevano ospitare paesani o perlomeno fornire loro un fittizio domicilio legale.
Se imposto la ricerca su Garbellano Nicola e Motola Raffaele potrebbe anche capitare di non trovarli perché magari erano espatriati clandestinamente. Se li trovo saprò chi era stato il loro primo referente in America e arrivare magari al primo anello della catena migratoria di cui il nonno di Zodd era stato in America.
Sul piano sociale il fatto che Nunzio Paolo Venezia -che in seguito come grande affittuario metterà su un’azienda agricola, un mulino e un pastificio-, fosse emigrato mi dice che emigravano anche persone che, in teoria, risultavano relativamente benestanti.
Potrei chiedermi come era stata per Nunzio Paolo l’America e sapere se dopo il ritorno aveva comprato terre o avviato attività, andando a vedere gli atti notarili.
Altri compaesani sulla nave Victoria erano: Oliva Giovanni di 24 anni;
Montemurro Giuseppe di 21; Matera Giovanni di 33; Panico Nunzio di 22, ecc.
Se scorro l’elenco completo dei passeggeri ne troverei sicuramente qualcun altro. Spulciare gli elenchi d’imbarco è ciò che si potrebbe cominciare a fare.
.. e magari, caro Zodd, riusciamo a scoprire che tuo nonno è stato il referente negli Stati Uniti per i fratelli di mio nonno, Domenico e Giuseppe Appio figli di Andrea,che da qualche calcolo approssimativo fatto con papà dovrebbero essere partiti tra il 1915 e il 1920 ca.. Giuseppe è ritornato una sola volta in Italia a 60 anni, mentre di Domenico non si è saputo più niente ..provo a fare anch’io qualche ricerca.
topobiche_81
Accidenti: interessantissimo questo database… mi stavo giusto chiedendo in quale angolo del mondo fossero stati centrifugati dalla mancanza di lavoro alcuni miei avi…. Di certo potrei ascrivermi anch’io nella categoria degli apolidi, ma oggi ci si può permettere il lusso di partire anche solo per la curiosità di conoscere il mondo.
E’ una domanda che mi sarebbe piaciuto fare a questi lontani epigoni di Magellano…
Tra gli emigrati di Montescaglioso di fine ottocento, un nome che ai più (giovani) non dice niente ma che Cristoforo conosce bene Luigi Loperfido, più noto come il “ Monaco Bianco “. Ho ritrovato il suo nome nell’archivio di Ellis Island. Negli anni settanta, giovane e pimpante studente con altri amici, frequentando la Camera del Lavoro, ascoltavo i racconti dei più anziani nei quali la memoria ed il mito del Monaco Bianco erano ancora molto vivi. Credo che la stessa Menzano ed altri protagonisti dell’occupazione delle terre nel secondo dopoguerra fossero ancora in contatto con questa grande ed inusuale personalità. Alcune notizie.
Nasce a Montescaglioso nel 1878 da un’ostetrica. Emigra diciottenne in America nel 1895. Ove studia in scuole d’arte ed è in contatto con ambienti evangelici che influenzano profondamente il suo sentire religioso. Rientra a Matera. Si impegna sul fronte del sindacalismo contadino. Entra in contatto con il nascente movimento socialista. Tenta anche di affermarsi come scultore ed organizza una sua personale nella sede della Società Operaia di Matera ove fonda nel 1900 “ Lega dei Contadini “. Predica l’uguaglianza, la necessità dell’istruzione delle classi più umili e il diritto ad una giusta retribuzione. Indossa un saio bianco e da qui il nome che lo rende famoso tra i contadini con il nome di “ Monaco Bianco “ e porta una fluente barba. La “ Lega “ nel 1902, (qualche migliaio di iscritti) organizza i braccianti ed i contadini materani ispirati dall’atteggiamento messianico del “ Monaco Bianco “. Con uno sciopero nel maggio-giugno del 1902 ottiene una riduzione dell’orario di lavoro ed aumenti salariali per i braccianti. Gli agrari, però, disattendono gli accordi vietando ai salariati la “ spigolatura “ . I contadini riprendono gli scioperi ma occupano anche le terre. A Matera i Carabinieri sparano provocando feriti ed un morto, il bracciante Rondinone, e procedono all’arresto di 24 contadini e del Monaco Bianco, che difesi da Ettore Cicciotti e dal nipote Raffaello Pignatari, saranno rilasciati dopo alcuni mesi. Il Monaco Bianco accentua l’aspetto profetico e spirituale della sua predicazione. Nel 1904 aderisce alla chiesa battista e riceve il battesimo nel fiume Basento insieme ad altre 26 seguaci segnando la nascita della chiesa Battista a Matera sotto la sua stessa guida. Poco dopo assume anche la responsabilità della comunità di Miglionico. Avvia, senza molto successo, alcune esperienze di gestione cooperativistica e comunitaria delle terre. Durante il fascismo il controllo sulle attività del Monaco Bianco si accentua e nel 1940 Luigi Loperfido è inviato al confino. Muore nel 1960.
Non ricordo chi me lo aveva detto… forse Angelo Lospinuso… questo famoso monaco bianco c’entrava anche con la costruzione di borgo andrisani? Sbaglio?
Con la costruzione del rione, no. Molto probabile invece rapporti con la comunità evangelica insediata nel borgo ove ancora esiste la chiesa, tuttora officiata. Andrebbero, però, indagati i rapporti tra la presenza nel Borgo della comunità evangelica e la dimensione fortemente comunitaria di questo spazio urbano. Nel prossimo posto vi invio una foto del Monaco Bianco. Franco C.
Un controllo in biblioteca con correzioni di alcuni dati relativi al Monaco Bianco. La data esatta di nascita è il 5.6.1877. Nasce a Matera da madre che non accetta di essere nominata. E’iscritto all’anagrafe con il nome di Luigi Medauro. E’preso in affidamento da Maria Giuseppa Barra di Grottole che esercita come ” levatrice ” a Montescaglioso. Questa sposa Emanuele Loperfido di Matera. I due hanno altri figli e legittimano l’adozione di Luigi solo il 9.11.1890 pochi giorni o settimane prima della partenza del padre Emanuele e di Luigi per l’America che quindi è da anticipare al 1890. In America lavora come decoratore ed espone come scultore in alcune città ed anche a Parigi. Nel 1899 riesce ad essere definitivamente riformato alla leva. Rientra in Italia. Nel 1900 è in Basilicata. Nel 1901 rientra dalla madre a Montescaglioso. Le prime ” predicazioni ” a Monte creano subbuglio tra gli agrari che minacciano la madre di licenziamento dal comune. Il giovane preferisce perciò trasferirsi a Matera, ove trova un’ambiente meno ostile. Fonda la Lega nel 1902. La data del battesimo per alcuni è il 1904, per altri è il 1903. E’ tutto. I carri sono per strada: vibrano tutte le finestre di casa. E’ora di ficcare il naso fuori. Franco C.
Buonasera,
l’idea mi sembra interessante. Sono in contatto con alcuni Andrisani in USA e stiamo cercando di capire insieme le possibili relazioni di parentela. Su Ellis island un certo Domenico Andrisani di Montescaglioso risulta partito nel 1910. Questo è il primo contatto utile che siamo riusciti a trovare. Se qualcuno fosse interessato alla ricerca abbiamo creato un gruppo su facebook, si chiama Andrisani all over the world. Dovete solo iscrivervi a Facebook, cercare il gruppo (basta usare la parola chiave Andrisani) e cliccare su join. Forse questa ricerca può anche essere in qualche modo utile alla possibile creazione di questo museo/archivio migranti, sempre se il progetto è ancora in piedi.
A presto!