Un incotro positivo in cui l’Amministrazione Regionale ha ASCOLTATO i Cittadini. Ma ecco il resoconto dettagliato
Report dell’incontro tenutosi a Potenza Il 14 Aprile 2014 si è tenuto presso la Regione Basilicata l’incontro fra una delegazione del comitato TerreJoniche e rappresentanti regionali quali il portavoce del Presidente della Regione, Nino Grasso, l’assessore al Dipartimento Agrcoltura, Michele Ottati e l’Assessore alla Programmazione e Finanze Elio Manti.
Per la delegazione del comitato TJerano presenti invece due rappresentanti di Consulte e Associazioni per Montescaglioso, un’imprenditrice di Marconia, un imprenditore agricolo del Metapontino, il portavoce del movimento Gianni Fabbris e il responsabile per la comunicazione Katya Madio. Nel corso dell’incontro il comitato ha fatto tre proprie tre richieste:
1) L’istituzione di una cabina di regia o gruppo di lavoro permanente che faccia monitoraggio e accompagni le questioni relative al tema dell’alluvione. Un gruppo di lavoro tecnico, cioè, che nel giro di 2-3 mesi e non oltre, indichi i bisogni, necessità ed ipotesi di lavoro per mettere in sicurezza il territorio da ulteriori disastri.
2) Un lavoro concreto per capire come utilizzare le risorse economiche per la messa in sicurezza
3) Il risarcimento dei danni a chi è stato colpito.
Il comitato ha, quindi, sollecitato un incontro per istituire un tavolo di lavoro che superi la questione solo dell’agricoltura, dell’ambiente o delle infrastrutture. Un luogo di lavoro che sia assunto in capo alla responsabilità del coordinamento della Presidenza, e si configuri come un luogo di lavoro permanente fino a quando il problema dell’alluvione esisterà, e dove ci si possa confrontare, affrontare i bisogni e le emergenze, provare a prevenire i problemi, verificare lo stato di attuazione delle diverse questioni, provare a coordinare le diverse iniziative, etc. affinchè non si debba, ogni volta che c’è un’emergenza, ricominciare da capo. Nel 2011 con tutti i limiti dell’esperienza che il comitato ha messo in campo, in sinergia con la Regione si era riusciti nell’intento.
La cabina di regia che infatti si era costituita in seno al commissario come elemento di coordinamento, aveva fatto fare un passo in avanti nella capacità di affrontare le questioni. Abbiamo quindi ribadito la necessità di un luogo dove vengano affrontate le proposte che dal basso si esprimono per affrontare nel tempo le questioni. La seconda questione che abbiamo affrontato è il bisogno di mettere in campo una capacità di prevenire le questioni perchè non si può continuare ad andare dietro le emergenze. Come si fa? Usando un modo partecipato e costituendo un gruppo di lavoro tecnico e partecipato formato da 3-4 soggetti di eccellenza nazionale, che abbiano responsabilità tecniche di livello adeguato, necessarie per sviluppare un piano di lavoro come quello delle alluvioni. Dentro questa questione abbiamo fatto proposte concrete che dovranno avere una risposta dentro questa cabina di regia e da questi soggetti, discusso per altro, più volte dal comitato TerreJoniche in seno al tavolo regionale, assia i “contratti dei fiumi” o nel nostro caso più specifico i “contratti di foce” per la natura del nostro territorio.
Una proposta che cerca di definire il territorio del metapontino esposto alle alluvioni e che indichi le linee guida per cui vengano individuate le aree dove si possa fare agricoltura, dove no, come usare il suolo, come ridefinirlo ossia una serie di componenti che possano ripensare al rapporto territorio-individuo e in cui l’ultima relazione in tal senso risale agli anni della riforma fondiaria. Il contratto dei fiumi potrebbe essere, infatti, uno strumento di partecipazione dei cittadini nonché uno strumento anche istituzionale e codificato degli strumenti che permettono di analizzare tutta una serie di variabili quali: ridefinire il ruolo degli enti sul territorio, le finalità, come si organizza la spesa, etc. Infine il terzo affrontato è stato quello della gestione delle emergenze che è di doppia natura riguarda cioè sia la messa in sicurezza del territorio che i danni subiti dai cittadini.
Il comitato per la Difesa delle TerreJoniche, dal 2011 ad oggi, con le iniziative messe in campo ha portato al territorio di Basilicata ca. 16mln di euro nel 2011, 8mln di euro con la prima ordinanza di Ottobre 2013 e 8mln di euro con la seconda ordinanza di Dicembre del 2013 per la messa in sicurezza del territorio per un totale di 32mln di euro. Vorremo quindi discutere in qualche modo queste risorse impattano concretamente sul territorio, coinvolgendo i cittadini che lo abitano. Ci sono condizioni come il ponte sul Bradano che sono diventate uno spreco di risorse. Con la misura 126 gli agricoltori, ad esempio, hanno finanziamenti che intervengono per il ripristino dell’esistente prima del danno e nel caso dei nostri agricoltori molti rinunceranno a quel contributo perché se non sono ricostruiti gli argini simili risorse producono solo indebitamento e spreco di denaro pubblico. Quindi sono problemi che devono essere affrontati con una certa consapevolezza e organicità. L’esistenza di 32mln di euro sulle emergenze e altrettanto sulla delibera CIPE significa che su quel territorio arriveranno ca. 64mln di euro che saranno spesi sulla questione dell’emergenza alluvione. Il comitato ha chiesto alla Regione Basilicata, nell’interesse collettivo, di capire come coordinare queste risorse individuando le priorità, come integrarle fra di loro e come utilizzarle. Per quanto riguarda invece i ristori alle famiglie colpite, nel 2011 di danni accertati furono 320mln di danni perché confluirono nell’ordinanza tutti i paesi della Basilicata, compresi paesi quali Acerenza; una metodologia contro la quale il comitato si oppose fin dal primo momento.
Rispetto al 2011 ora nella gestione delle emergenze da parte del governo nazione è nuovamente mutato. Sappiamo che alla prima ordinanza emessa da Gabrielli dopo la nostra azione messa in campo per altro durante lo sciopero della fame a dicembre ne seguirà un’altra che sarà determinata dall’entità delle segnalazioni che verranno fatte pervenire in ogni comune fino al 18 p.v. Sulla base delle stesse e anche rispetto a quali risorse il governo voglia metterci sopra potrà essere prevista una seconda ordinanza. Per il 2011 i danni alle aziende agricole fu stimato di 12ml di euro; per le aziende non agricole 10 mln di euro e 1milione 850 mila euro per le case di prima abitazione Nel 2013 divise fra le due emergenze di ottobre e dicembre si parla tra i 20 e i 22 mln di euro per un totale di 44mln di euro ca. Di queste somme, che non sono eccessive, abbiamo chiesto alla Regione Basilicata che innanzi tutto emerga il dato nella sua interezza sia economica che politica, e siano trovate forme idonee in compartecipazione (Governo nazionale e Regione) per dare vita al risarcimento di chi ha avuto il danno, ricordando il caso del Veneto dove si provvide a rimborsare il 75% del danno accertato. Abbiamo preso atto del grande lavoro e squisita disponibilità degli organi regionali a lavorare con il comitato nel trovare risorse e di una prima risposta avuta in tale direzione. C’è un impegno della Regione, infatti, di un primo fondo di 500 mila euro destinato sul bilancio di previsione, definito da Fabbris un caffè a fronte di tutte le emergenze rilevate e i danni subiti e che il comitato ha chiesto di portare ad almeno 700mila euro (per recuperare dei ritardi ancora sulla questione del 2011) e abbiamo proposto di istituire un fondo che dovrebbe essere utilizzato per intervenire come una misura già realizzata per altro nel 2011 per prevenire il rischio usura fra le famiglie degli agricoltori dell’aria epicentrica colpita del metapontino. Nel 2011 infatti fu distribuito 1mln di euro, arrivato alle famiglie nel giro di 15 giorni, ossia a quelle famiglie che comunemente avevano già difficoltà di accesso al credito e che l’alluvione aveva contribuito a peggiorarne la situazione, sviluppando fenomeni di usura. Sulla scorta di quel modello chiediamo agli uffici della regione di istituire un fondo di rotazione ossia uno strumento non una tantum ma una misura permanente di rotazione che di anno in anno venga dotato e che di anno in anno venga orientato a seconda delle emergenze che ci saranno per prevenire, ancora una volta, il fenomeno dell’usura delle famiglie colpite. Una volta istituito il fondo con una legge regionale le famiglie in difficoltà potrabbero accedere a questo fondo che interverrebbe quando c’è una calamità naturale, come un alluvione, un incendio e così via. Il fondo sarebbe di rotazione in quanto nell’immediato erogherebbe somme a quei nuclei maggiormente in difficoltà che le restituirebbero qualora le stesse rientrino in dei progetti particolari quali ad es. la misura 126 poc’anzi evidenziata.
L’incontro si è concluso con parere favorevole della delegazione regionale a lavorare insieme in questa direzione.
Grazie per le preziose informazioni. Da quanto riportato emerge con chiarezza una questione lampante: in Basilicata si continua a preferire investire fondi nella mitigazione degli eventi calamitosi, piuttosto che fare prevenzione. Mi va di aggiungere una considerazione circa il quesito: come si fa a prevenire le emergenze? Sicuramente la risposta a tale problema necessita di un approccio di tipo olistico, ma di una cosa sono convinta. L’assenza e l’assoluta inadeguatezza degli strumenti urbanistici per la gestione del territorio alla scala di area vasta. A livello regionale sono presenti alcuni piani paesistici (come quello del metapontino, del vulture,…) che però trattano alcune questioni limitatamente a piccole porzioni di territorio. Sono stati redatti inoltre, dall’autorità di bacino, alcuni piani che mappano il dissesto idrogeologico. Sicuramente piani del genere sono uno strumento utile per controllare il dissesto idrogeologico, ma non sono sufficienti, se mancano gli strumenti di indirizzo, i piani a scala regionale, che dovrebbero offrire una sintesi di sistema entro cui le norme e i vincoli indicati da tali piani dovrebbero inserirsi. Pertanto, una azione, secondo me significativa, da portare avanti, sarebbe quella di sollecitare in Regione la redazione di uno strumento quale il PPTR ( Piano paesaggistico territoriale regionale). E’ uno strumento generale, che abbracci l’intero territorio regionale, che indichi le linee guida e le strategie future per la corretta gestione e antropizzazione del territorio. Spesso gli affetti sui territori non sono dovuti alla eccezionalità dei fenomeni naturali ma al cattivo rapporto tra trasformazioni antropiche e natura che è stato perseguito negli ultimi anni. La presenza di strumenti pianificatori a scala regionale dovrebbe inoltre fare da traino per la redazione di piani urbanistici alla scala comunale che si allineino con gli indirizzi generali. Il ruolo della pianificazione territoriale nella prevenzione da calamità naturali è indubbio, ed errori o mancanze in tal senso porta a conseguenze che sono evidenti…gli ultimi fenomeni che hanno toccato il nostro comune dovrebbero confermarcelo.
La richiesta di un “tavolo” intorno al quale cittadini ed istituzioni possano dialogare per il BeneComune è stata avanzata sia per Montescaglioso che per la Regione Basilicata.
Nei prossimi giorni terremo una conferenza stampa per fare il punto e indicare le prossime tappe.
Il percorso non è facile ma il coraggio non ci manca. Invito Lucrezia e altri cittadini volenterosi a partecipare.
(Per cambiare bisogna osare. Per fare massa critica non bisogna aspettare che gli altri facciano per noi. Ognuno di noi è “uno”. A 999 grammi ne basta “uno” per fare un Kilogrammo).
Colgo l’occasione per fornire un piccolo spunto circa le proposte operative che un eventuale gruppo di lavoro potrebbe condividere. Ultimamente, nei diversi ambiti di applicazione, come la pianificazione territoriale, si sta sempre più ricorrendo a nuove tecnologie basate sulla logica degli Open Data. Forse qualcuno già conosce lo strumento del Crowdmapping. E’ uno strumento potentissimo, assolutamente versatile, nel senso che può essere applicato in vario modo, a seconda dello scopo di utilizzo. Il principio è semplicissimo: si dispone una piattafroma virtuale, on line, con la finalità di costruire delle mappe. Ognuno può contribuire alla formazione della mappa che si vuole realizzare, fornendo la propria segnalazione. La mappe sono tematiche e vengono realizzate a seconda di ciò che si vuole mappare: edifici, problemi e potenzialità di un territorio, zone soggette a particolari richi…si può decidere di mappare praticamente tutto.
Facendo specifico riferimento al tema trattato, ovvero alla necessità di monitorare sul breve e medio periodo il territorio colpito dalle ultime alluvioni, provo a fare una ipotesi progettuale.
1_Si predispone una mappa neutra del territorio
2_si individuano le categorie di elementi da mappare. Se si decide di mappare i fenomeni che possono costituire un campanello di allarme e che potrebbero costituire un problema in caso di piogge abbondanti si fa una lista: ad es. restringimento argini di fiume, occlusione di canali di bonifica, mancato funzionamento delle cunette stradali , assenza di muretti di contenimento,…e così via.
3_Sulla base degli elementi che si sceglie di mappare, ogni cittadino, attraverso semplici strumenti informatici (app, sms, e-mail,…) può lasciare delle segnalazioni, in base a quello che si osserva direttamente sul territorio. (Ad esempio, se sono un coltivatore diretto e vedo che i canali di bonifica non funzionano, lo segnalo. Se abito vicino un ponte che si sta intasando, lo segnalo…)Tutte le segnalazioni vengono georeferenziate sulla mappa e contribuiscono a formare un quadro abbastanza dettagliato delle problematiche che si è deciso di osservare.
4_la mappa è aggiornabile in qualsiasi momento, questo consente di fare monitoraggio, e consultabile da tutti. Anche dalle pubbliche amministrazioni, che possono utilizzare i dati come supporto per eventuali politiche di intervento.
L’utilizzo di tali strumenti possiede molteplici vantaggi, di cui i principali forse sono i seguenti:
1_i cittadini possono contribuire con la loro conoscenza, diretta e capillare, del territorio a mettere a disposizione della pubblica amministrazione, utili informazioni che spesso non vengono intercettate. Questo contribuisce a responsabilizzare i cittadini, con ricadute positive nella gestione del territorio e dovrebbe incentivare dinamiche di trasparenza nella gestione della spesa pubblica.
2_è possibile individuare delle priorità di intervento: è chiaro che se in un punto ci sono moltissime segnalazioni, probabilmente il problema è vissuto come grave da molti, e quindi necessita di una soluzione prioritaria.
3_è uno strumento di facile realizzazione e abbastanza economico.
A titolo informativo, per gli interessati, linko il sito di una attività di crowdmapping, lanciata a livello nazionale, con l’obiettivo di individuare buone pratiche nella gestione del territorio e priorità di intervento in campo ambientale.
http://www.cittadinireattivi.it/linchiesta/