domenica 22 Dicembre 2024

La condizione femminile nel ventennio fascista

Credo che un modo utile per celebrare l’8 marzo sia quello di riflettere sulla condizione toccata alle donne nel corso del tempo. A tale scopo avevo contattato l’amministrazione comunale di Montescaglioso proponendo una mostra fotografica-documentaria sulle donne al confino nel Materano durante il ventennio fascista e ricevendone in risposta prima un sì, poi un forse e infine il silenzio.

A quanto pare il problema era la mancanza di spazi in cui sviluppare l’iniziativa.

Naturalmente mi fa piacere sapere che il fervore culturale nel caro paesello è tale e tanto da aver reso il mio progetto inattuabile.

In attesa di tempi migliori e non volendo comunque passare sotto silenzio la ricorrenza, mi è sembrato opportuno ripiegare su aspetti che, pur facendo sempre riferimento allo stesso tema e allo stesso momento storico – la condizione femminile durante il ventennio fascista -, fossero più adatti ad essere proposti attraverso questo sito.

Lo faccio proponendo la lettura di due documenti di seguito riportati.

Il primo – che ho già avuto occasione di citare in alcuni lavori- è una relazione del medico provinciale di Matera sulla mortalità infantile negli anni trenta, il secondo un articolo del giornale La Stampa su un caso di separazione  discusso in un tribunale torinese nel 1942.

Drammatico il primo, quasi comico il secondo; mi pare che tutti e due illustrino in maniera concreta il trattamento riservato alle donne dal regime che fra fanfare e pennacchi portò il nostro paese alla rovina. Un regime del quale ancora in tanti – e non mi riferisco alle polemiche giornalistiche che hanno preso di mira l’ultima arrivata– continuano a dire che in fondo non fu così terribile come si vorrebbe.

Mah…

L’educazione fascista nelle immagini ufficiali L’educazione fascista nelle immagini ufficiali

L’educazione fascista nelle immagini ufficiali

 

 

R. Prefettura di Matera – Prot. N.—Div. Sanità

                                                                  Matera 24 Febbraio 1933-XI

 

OGGETTO: Mortalità infantile estiva

 

Ill/mo Sig. DELEGATO Straordinario dell’O.N.M.e I.

                                                                                     MATERA

 

Poiché si avvicina la stagione estiva, reputo mio dovere segnalare alla S.V. Ill/ma il grave fenomeno da me rilevato durante i due anni di permanenza in questa Sede, ma che si verificava anche negli anni precedenti, quello cioè della mortalità infantile estiva.

         Ogni anno, a partire dal mese di giugno e fino a settembre, si osserva il rapido innalzarsi della mortalità: le indagini da me eseguite e l’esame dei registri delle cause di morte, mi hanno dato modo di controllare che l’aumento della mortalità è dovuto principalmente ai bambini: in qualche mese dell’ultimo biennio la mortalità infantile fino ai due anni di età ha raggiunto il 60%; tenuto conto dei bambini dai due ai cinque anni di età, si può affermare che oltre l’80% dei morti è rappresentato da questi giovani virgulti. A parte ogni altra considerazione, non è che ben evidente il danno che tale intensa mortalità infantile rappresenta per il bilancio demografico e futuro della nazione la quale, per 20 anni, [non] ritrarrà [ne]anche un minimo di reclute dalle classi di leva.

         Guardando le cause di morte, poi, si osserva che la quasi totalità di questi piccoli è stata preda di malattie dell’apparato digerente (diarree verdi-enteriti, gastro-enteriti, ecc.).

         Queste constatazioni, mi hanno spinto ad indagare sul perché di tante malattie intestinali, ed ho potuto rilevare che esse sono dovute alla ignoranza della popolazione in fatto d’igiene infantile e di alimentazione ed al fatto che in questa Provincia la popolazione è prevalentemente agricola ed occupata quindi, durante i mesi estivi, in lavori di mietitura e di trebbia.

         Avviene così che le madri si recano in campagna, portando seco i figlioletti che non [hanno] a chi affidare e che devono, pertanto, vivere forzatamente una vita che non si addice ai loro teneri organismi. Costretti a dormire su di un letto di fortuna , talvolta appena coperti da un pagliaio, alimentati con pane stantio, con pietanze a base di conserva o di forte, senza avere a disposizione, molto spesso, che dell’acqua torbida, raccolta in vasche o pozzanghere inaridite, esposte al sole cocente, alla polvere ed al terriccio che si innalzano dalle aie e dalle biche, questi bambini hanno i primi disturbi gastroenterici. I genitori, costretti dall’ansia e dalla miseria a non perdere neppure un’ora per porre al sicuro il raccolto, frutto di un anno di fatica e di sudore, non si preoccupano per nulla della diarrea comparsa (anzi talvolta non la vedono neppure) e quel tenero intestino ha tempo di fermentare e di rovinarsi. Solo il quadro feriale richiama l’attenzione delle famiglie che allora soltanto si affannano, corrono, pregano ma invano: la tomba è aperta per raccogliere un’altra fanciullezza stroncata.

Una famiglia contadina negli anni quaranta

Una famiglia contadina negli anni quaranta

         La stessa scena si verifica per i lattanti, costretti a subire, attraverso l’allattamento, le stesse vicende di un’intensa giornata lavorativa: latte accaldato prodotto da organismo deperito (talvolta anche preda della malaria), cibi incongrui, dati per l’ignoranza e per sopperire alle deficienze del seno; il risultato è lo stesso, con uno scenario di sintomi pressoché simili. A questo proposito potrei riferire episodi da me osservati e controllati, ma lo ritengo superflui dati che la S.V Ill.ma -essendo della Provincia- conosce certamente meglio di me quanto vado esponendo.

         Altre volte le povere madri credono di poter essere tranquille per aver lasciati i figlioletti in paese, affidati alle cure di una vecchia nonna o di una parente o di una vicina. I bambini, il più delle volte, sono lasciati arbitri di se stessi e noi li vediamo indi, unti e pieni di mosche attirate dal loro moccio, girare per le vie o per i chiassiuoli, avvoltolarsi sulla terra, portare in mano un pezzo di pane contaminato da tutte le porcherie con cui vengono in contatto: anche questi bambini, per la maggior parte, pagheranno il loro tributo alla morte, che li ghermisce attraverso il loro intestino.

         Questo è il quadro desolante che mi è apparso durante le mie investigazioni e che già ritenni di dover segnalare anche alla Direzione generale di Sanità Pubblica.

         A questi mali bisogna trovare dei rimedi e mancherei ai miei precisi doveri se non sottoponessi alla S. V. Ill.ma quanto credo che possa farsi in materia, in rapporto con i mezzi finanziari non eccessivi disponibili.

         Occorre illuminare le coscienze e le menti delle madri e, parallelamente, creare ai bambini delle condizioni più favorevoli di vita, almeno durante il periodo di maggior pericolo.

         Le madri di famiglia, specie contadine, devono essere convinte, con una forma paziente, assidua, facile, di propaganda dei canoni fondamentali dell’alimentazione infantile, delle norme elementari di igiene, dei pericoli cui il proprio figlio va incontro se sottoposto a strapazzi o ad una vita comunque non idonea. Devesi venire incontro alle necessità terapeutiche che talvolta, per la scarsezza dei mezzi, non possono essere risolte, ed alle necessità alimentari, specie per quanto riguarda l’allattamento artificiale o sussidiario. A tale scopo istituire ambulatori o consultori comunali, da affidare a medici locali volenterosi i quali dovrebbero essere coadiuvati, nella loro opera di assistenza e proselitismo, da signorine o signore disposte a compiere tali doveri di solidarietà. Quindi: accordi locali tra l’Opera Nazionale, i Fasci Femminili, le donne cattoliche, le giovani italiane. Unire in quest’opera di bene anche i Comuni e le Congregazioni di Carità che dovrebbero erogare i mezzi per somministrare quei sussidi terapeutici che non è tra i compiti della “Maternità ed Infanzia” di somministrare: principalmente limonee peptiche, fermenti lattici, acido cloridrico e lattico, ecc.

         Questa azione non può svolgersi attraverso Consultori mobili o Cattedre Ambulanti di Puericultura, a cui sono contrario, per quanto riguarda questa Provincia: la S. V. Ill.ma ricorderà che tale avversione ebbi già modo di manifestarla allorchè facevo parte della Giunta Esecutiva provinciale.

         E’ sommamente difficile infatti convincere le nostre contadine (e non quelle soltanto) a recarsi ad ascoltare la “chiacchierata” che –in forma più o meno elevata- farà il “professore” venuto da Matera, ma quand’anche si arrivasse ad ottenere ciò, tutto resterebbe nelle condizioni di prima: il “professore” parlerà, darà dei consigli, visiterà anche dei bambini, detterà delle ricette e poi…arrivederci fra otto o quindici giorni. I bambini continueranno a rimanere abbandonati a se stessi e continueranno a morire. Questo non si verifica col consultorio comunale dove la possibilità di più agevole accesso, la confidenza col medico già conosciuto, la cura affettuosa della dama assistente, la somministrazione di qualche farmaco più necessario attirerà sempre più gente e darà la possibilità di svolgere, contemporaneamente, opera curativa ed educativa. Ci si avvierebbe, per gradi, alla istituzione di quei centri di assistenza materna ed infantile che sono fra le finalità dell’Opera Nazionale e che qui non sarà mai possibile creare di colpo. In questa azione profilattica e curativa potranno essere chiamati ad intervenire anche i Parroci, che sono membri di diritto dei Comitati del patronato e che possono (anche dal pulpito) essere di notevole ausilio in questa campagna, i cui diretti benefici non tarderebbero a verificarsi. Accanto a questa azione da svolgersi nei confronti delle madri è necessario provvedere per i bambini, limitandosi in un primo tempo, a quelli di età superiore ai tre anni. Io sono sicuro che grandi benefici arrecherebbe la istituzione di asili infantili estivi che propongo alla S.V. Ill.ma.

         Quando noi, previa intensa opera di propaganda, avremo prelevati dalle proprie case quei bambini che dovrebbero altrimenti seguire le proprie madri in campagna o dovrebbero essere abbandonati a se stessi, quando li avremo tenuti per l’intera giornata in locali idonei, sotto la sorveglianza di personale cosciente,, quando avremo somministrata loro una refezione sana e salubre, controllando e curando subito gli eventuali loro malesseri, restituendo poi questi bambini alla famiglia solo per la notte, noi avremo evitate tante cause di malattie e salvate per la Patria tante giovani vite.

Anni trenta. Foto ricordo del campeggio dei balilla a Montescaglioso

Anni trenta. Foto ricordo del campeggio dei balilla a Montescaglioso  (per concessione di P.Lupo)

 

         Dove sarà possibile – in questo o negli anni a venire – si istituirebbero anche degli Asili-Nido per i bambini lattanti, dando anche la possibilità alle madri di assolvere con maggiore serenità ai loro doveri, e dei dormitori per raccogliervi i figli di quelle madri che sogliono passare in campagna anche le notti, nei periodi di più intenso lavoro.

         Esaminando le possibilità finanziarie per l’attuazione di questo programma, posso affermare che l’alimentazione di un bambino cui si somministrino due pasti al giorno, costi al massimo £. 1,40. Con 30 mila lire quindi –ivi comprese le spese generali e di personale- potranno essere assistiti per tre mesi trecento bambini. Se poi potrà sfruttarsi il sentimento di solidarietà umana, ottenendo contributi dai ricchi, le spese diminuirebbero. E diminuirebbe pure il numero delle piccole bare che ogni anno scendono nel terreno. La S.V. Ill.ma vaglierà il mio piano e giudicherà dell’opportunità o meno di attuarlo: io ho inteso, formulandolo, di adempiere ad un dovere di ufficio, di umanità e di patriottismo, studiando i mezzi che renderanno meno grave la mortalità infantile nei mesi estivi.

         Con osservanza.

 

                                                                           Il Medico Provinciale

                                                                           Dr. Carmine Calvanese

La Stampa del 16 luglio 1942

La Stampa del 16 luglio 1942


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2 Commenti

  1. ADMIN

    La mostra proposta da Magistro sulle donne al confino nel materano durante il fascismo ci sembra una buona iniziativa. Il Centro di Educazione Ambientale è impegnato da alcuni mesi nella progettazione di una iniziativa sulla condizione femminile nelle nostre comunità a partire dalle vicende del monastero benedettino femminile della SS. Concezione. Partendo da questa particolare vicenda riguardante Montescaglioso vorremmo  affrontare altre tematiche. Il progetto di Magistro può coordinarsi con questa iniziativa e contribuire ad allargare lo sguardo. I problemi di spazi si risolvono tranquillamente. Da parte del CEA, inoltre, la disponibilità a mettere a disposizione, come per altre iniziative, le nostre attrezzature, tra cui i pannelli espositivi. Si prevede di realizzare l’iniziativa nel periodo estivo, ovvero nel momento di massimo afflusso nell’abbazia, anche per offrire al visitatore un tema forte. Proponiamo a Cristoforo di vederci e discutere di questa possibilità durante le feste di Pasqua, se è a Monte. Oppure ci contatti sul cell.334.8360098. Gli operatori del CEA.

  2. vince_ditaranto

    Ciao Cristoforo,

    compliementi per la tua iniziativa. Le tue ricerche storiografiche sono sempre interessanti e suggestive.

    Fai bene a ricordare a tutti cosa sono i fascismi e i totalitarismi, perchè purtroppo c’è ancora chi vuol buttarsi in un revisionismo ridicolo e fuori luogo. Purtroppo l’italiano medio è debole e anela al dittatore, al leader che solleva se stesso dalle responsabilità.

    L’atteggiamento verso le donne è una cartina al tornasole (una delle fondamentali) della civiltà di un popolo: quello italiano è profondamente maschilista, forse più di ogni altro. C’è un piccolo “silvio” in tutti noi maschietti, è questa la verità. 

    Spero che con la collaborazione di CEA tu possa riuscire a concretizzare nell’Abbazia la mostra che hai pensato.

     

    Saluti.

    Vincenzo

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