Global / local. Il dibattito sulla globalizzazione è una costante in tutte le attività culturali transnazionali. La globalizzazione è una opportunità, un’ampliamento della democrazia, o al contrario l’imposizione di modelli culturali e di consumi unici imposti dalle leggi del mercato ? Il processo di formazione dell’unità europea suscita la diffidenza dei cittadini anche perché impone modelli indifferenti alle identità locali e territoriali. Nel progetto GARBa del 2001, l’approccio al tema del global/local è organizzato dal gruppo italiano con modalità inconsuete: una cena votata alla disubbiedienza. Il punto di partenza è la constatazione che un aspetto particolarmente non condivisibile delle centinaia di normative prodotte a ciclo continua dalla burocrazia europea riguarda l’imposizione di norme rigide sulle produzioni gastronomiche tipiche locali, apparentemente dettate dalla necessità di innalzare il livello igienico e sanitario del prodotto al consumo. Sono normative e procedure vissute dalle popolazioni locali specie nell’Europa mediterranea come un tentativo di azzeramento della identità del territorio, un sostanziale contributo alla distruzione delle diversità dei prodotti gastronomici e il prodotto delle imposizioni della grande industria alimentare. Insomma la pizza non andrebbe cucinata nel forno a legna, il formaggio di fossa dovrebbe essere cancellato come pure le produzioni casalinghe ed artigianali. Ed ecco la disubbidienza dei consumatori. Organizzare una cena dedicata al consumo di prodotti fuori mercato o non accettati dalle normative comunitarie.
La organizzazione della cena è molto laboriosa poiché il gruppo di lavoro deve partire dalla conoscenza delle tradizioni e dei prodotti locali e dopo procurarsi la materia prima. Si giunge alla cena tra i molti interrogativi dei commensali: con che cosa ci avveleneranno? Ed ecco il menù al quale tutti con molto coraggi odi avvicinano nonché il risultato di tante ricerche. L’acqua: via dalla tavola quella minerale ed anche quella di rubinetto, solo acqua di sorgente prelevata alle fonti di S. Canio tradizionalmente ritenute le migliori di Montescaglioso. Verdure crude di contorno: esclusivamente erbe di campo raccolte sulla Difesa e sulla Murgia, rucola molto piccante, bietole e cicorie selvatiche e insalata con la ormai scomparsa “ p’rchiazz “. Ricotta e formaggio fresco direttamente dallo jazzo del pastore. Melanzane e carciofi sottolio dalle vecchiette del centro storico. Capuzze di agnello al forno e cervella ripassate in padella. Involtini con interiora di agnello. I frutti ormai fuori mercato: melegrane, fichi d’india, fico rosso “ canetano “, carrube secco e tisana alla carrube e all’eucalipto, cotogno cotto sotto la cenere. Dolce super proibito: sanguinaccio di maiale. Infine il fuorilegge per eccellenza, il pecorino con i vermi della Murgia.
Testo Francesco Caputo (CEA Montescaglioso); foto Edith Molnar (Young Artists Association – Budapest), archivio progetti GARBa.