venerdì 22 Novembre 2024

Agricoltura Lucana

Seguo da un po’ Montescaglioso.NET e ho notato che si parla poco di agricoltura. Vorrei quindi condividere con voi alcune riflessioni che ho fatto intorno alle problematiche legate al settore agricolo e al ruolo dei servizi pubblici.
Ho realizzato uno scritto forse un pò lungo per il web. Cerco, per quanto possibile, di postare una sintesi. Chi invece ha voglia e pazienza può leggersi il documento integrale che allego al post.

1) Qual è la situazione attuale dell’agricoltura lucana?

Le dinamiche recenti (ultimi tre/quattro anni) che hanno investito i consumi alimentari e la modalità di funzionamento della Grande Distribuzione Organizzata hanno messo in crisi il modello di produzione agricola lucano che oggi si presenta:

  • come sempre frammentato, ma ora con scarso potere contrattuale anche in quei comparti e per quelle imprese che fino a qualche tempo fa rappresentavano il fiore all’occhiello del nostro settore primario (ortofrutta, latte bovino). Molti allevamenti hanno chiuso e gli agricoltori in molti casi preferiscono non coltivare (la produzione no food e la bioenergia sono la nuova ricetta per uscire dalla situazione di stallo?);
  • con produzioni alimentari scarsamente qualificate sia sul piano della certificazione di tipicità sia su quello della rintracciabilità della materia prima e sia rispetto alla caratterizzazione territoriale. Nel settore zootecnico la gran parte degli allevamenti (oltre il 90% nel comparto ovicaprino) non possiede i requisiti di igiene e benessere degli animali;
  • con modelli produttivi e organizzativi caratterizzati ancora da un diffuso individualismo e dall’assenza di approcci di filiera;
  • con servizi alle imprese polverizzati e frammentati tra numerosi soggetti e progetti, senza raccordo e coordinamento.
  • con una situazione debitoria pesante a causa delle crisi di mercato, delle ripetute calamità e di un comportamento degli Istituti bancari che applicano “patti poco chiari”.

2) Ma quale è stato l’impatto delle politiche agricole regionali degli ultimi anni?

Il Quadro Comunitario di sostegno 2000-2006 aveva tracciato strategie generali e obiettivi specifici, sia per il POR (competitività, produzioni tipiche, ricambio generazionale, associazionismo e filiere, tutela delle risorse ambientali) che per il LEADER+ (animazione, progetti dimostrativi e innovativi, ospitalità rurale, cooperazione intraterritoriale e transnazionale).

Alla scadenza dei sette anni del POR però, l’applicazione del Complemento di Programmazione FEOGA non brilla per efficacia.
Per il sostegno alle imprese di trasformazione e alle aziende agricole tempi di istruttoria biblici e procedure confuse hanno fatto si che a distanza di quattro anni dalla domanda molti imprenditori, pur essendo risultati beneficiari, hanno rinunciato al sostegno.
Le filiere sono state disincentivate; l’imprenditoria giovanile è stata sovvenzionata a dismisura con il premio di insediamento ma il ricambio non è stato promosso e supportato;
Nel Leader + regna molta confusione: progetti selezionati senza concorrenza e senza valutazione; linee guida per la spese predisposte a programma ampiamente avviato; assenza di strategia e di coordinamento; esasperazione delle regole finanziarie;
In questa situazione i Gal fanno del loro meglio o fanno quello che gli pare!

In definitiva c’è una totale assenza di una strategia operativa, di un progetto politico da perseguire per comparto e per territorio anche a causa della inconsistenza che ha mostrato il Dipartimento Agricoltura nella individuazione e gestione di percorsi di sviluppo coerenti con i fabbisogni del territorio agricolo e delle imprese.
Agli addetti al settore è nota la carenza progettuale e gestionale del Dipartimento che, partendo dal centro, ha finito per travolgere anche strutture periferiche che avevano sempre mostrato buone professionalità e impegno. Dipartimento contrassegnato da un continuo avvicendamento di Assessori e Direttori in un arco di tempo ristretto e da un forte esubero di personale, o meglio, di scarsa utilizzazione, nonostante i ritardi di istruttoria, di controllo, ecc.

Nel campo dei servizi alle imprese con la L.R. 29 del 2001 il Consiglio Regionale riordina il sistema: definisce il ruolo del Dipartimento e dell’Alsia e individua le procedure per il coinvolgimento degli altri soggetti pubblici e privati. Ottima legge ma completamente disattesa.

La ricerca della complementarietà e il raccordo tra i programmi di intervento in agricoltura e quelli nell’agroalimentare è stata nulla. Così mentre per gli agricoltori il quadro economico si è fatto sempre più fosco, per le piccole e medie imprese dell’agroalimentare lucano negli ultimi cinque anni si è assistito ad una crescita consistente: cantine, oleifici, pastifici e prodotti da forno, salumifici, e caseifici incrementano il loro numero anche del 25-30%. Purtroppo, la maggior parte di tali imprese (tranne che per l’olio) acquista la materia prima fuori regione! Sarebbe bastato che attraverso i bandi (FESR, 488, accordi di programma, patti territoriali, FEOGA-trasformazione) fosse stata prevista una priorità per garantire la tracciabilità lucana della materia prima e le filiere si sarebbero potute attivare a beneficio degli agricoltori della nostra regione. L’azione attraverso i Distretti è lentissima; i Distretti del Vulture e del Metapontino sono ancora al palo di partenza mentre sul Pollino, solo con una attività di assistenza tecnica, è nato un sistema produttivo agroalimentare certificato fatto solo da imprese, con un modello operativo di filiera e già attivo!

3) E i nuovi scenari?

Ci si limita a quelli previsti dalla Commissione UE per il nuovo periodo di programmazione 2007-2013 e che stanno impegnando la Giunta Regionale proprio in questo periodo:

  • Aumento della competitività delle imprese agricole orientate al mercato per garantirne il consolidamento e la permanenza sul territorio anche al fine di perseguire obiettivi di tutela e salvaguardia delle risorse naturali. Quindi grande importanza alla funzione ambientale del settore primario a beneficio dell’intera collettività;
  • Sicurezza alimentare, attraverso la rintracciabilità delle produzioni, l’adozione di tecniche produttive e di procedure di controllo che ne garantiscono la sanità, la certificazione delle tipicità e la diffusione del biologico.
  • Sostegno a processi di sviluppo territoriali e di filiera. Anche in questo caso l’integrazione di filiera può garantire competitività alle imprese agricole e, nello stesso tempo, ridurre il rischio di degrado ambientale che potrebbe derivare dalla cessazione dell’attività agricola e zootecnica.

In altre parole l’agricoltura sarà remunerata e sostenuta sulla base di quanto sarà capace di dare sottoforma di produzioni alimentari di qualità e sicurezza e di salvaguardia ambientale e culturale.

4) Quale impatto sui Servizi alle imprese?

Competitività, filiere, rintracciabilità, certificazione, tipicità da un lato; tutela risorse naturali e sanità dei prodotti dall’altro. Interessi pubblici, esigenze della collettività e legittimi interessi degli imprenditori. Come conciliare due finalità che appaiano in contrapposizione? Particolare attenzione, anche in termini di priorità, dovrà essere rivolta a quelle iniziative che, oltre a perseguire l’adeguamento tecnologico delle imprese, attivano modelli organizzativi e gestionali coerenti con gli obiettivi citati.
I servizi di sviluppo per la Commissione diventano quindi strategici.

5) Infine una proposta.

La sfida che il settore primario ha di fronte si vince se si riuscirà ad elaborare un progetto politico e un programma d’interventi che sia coerente con gli indirizzi dell’UE e con la domanda dei mercati e si adatti alle condizioni strutturali in cui si trova attualmente il mondo agricolo e rurale e ai suoi fabbisogni. Le strutture di servizio, e soprattutto i programmi d’intervento in materia di servizi, rappresentano strumenti per attuare le strategie elaborate dal momento politico e, in questo momento storico, assumono un ruolo strategico per i cambiamenti culturali a cui è chiamato il mondo operativo.

Se si condividono gli scenari descritti allora si può facilmente intuire come anche in futuro non potrà non esserci bisogno di una azione pubblica nel campo dei servizi finalizzata a:

  • garantire lo sviluppo di procedure applicative che rispondono ad interessi collettivi mettendo a punto supporti che possono essere costosi da realizzare per un singolo operatore.
  • valutare che i progetti realizzati dalle Agenzie private siano sempre coerenti con le finalità d’interesse pubblico (sicurezza alimentare, impatto ambientale, ecc.);
  • monitorare i risultati di tutti gli interventi in materia di servizi e valutare i nuovi fabbisogni;
  • creare l’interfaccia tecnica con il mondo della ricerca per tutte quelle attività di formazione specialistica, di sperimentazione e di collaudo delle innovazioni necessarie prima della loro diffusione;
  • valutare i fabbisogni di formazione e di aggiornamento degli operatori e dei tecnici in relazione all’offerta di innovazioni, ai mutamenti di mercato, agli orientamenti di politica agricola;
  • assicurare le competenze in materia agricola, agroalimentare e rurale a progetti integrati intersettoriali e/o intraterritoriali, quando a richiederla sono Dipartimenti regionali diversi, Enti locali, PIT, altre agenzie regionali;
  • attivare specifici servizi a supporto di quelle agenzie private che facilitano l’accesso al credito;
  • mettere in atto iniziative finalizzate allo scambio di esperienze tra i soggetti che operano nel campo dei servizi anche di altre regioni e predisporre percorsi di aggiornamento permanente per i tecnici che vi operano;
  • assicurare i supporti necessari per favorire la partecipazione dei soggetti organizzati (consorzi, associazioni, ecc.) alle iniziative di cooperazione transnazionale.

Commenti da Facebook

9 Commenti

  1. titus

    Noto con piacere, un post ed un argomento poco trattato…
    Premetto che l’argomento e lungo, potrei tralasciare degli aspetti, i quali saranno argomentati in fase di discussione.
    Detto ciò…
    Il titolo del mio post non è stato scelto a caso, dopo gli ultimi accordi comunitari riforma Pac 1782/2003 e successive modificazioni ed integrazioni, i vertici comunitari cosa hanno deciso.
    Che il comparto agricolo Italiano non è un comparto o un sistema produttivo.
    Ma dovra usufruire, di finanziamenti al sostegno del “reddito” è ripeto “reddito” delle aziende.
    Quindi deduco che quando un sistema produttivo per sopravvivere necessita dell’elemosine…si può dichiarare economicamente inattivo.
    Evvero che nel corso degli ultimi vent’anni l’italia e la stessa Basilicata hanno usufruito di finanziamenti a fiumi per il comparto agricolo, ma ciò che è mancato è stato un buon direttore ricordo ciò che asserivano il Serpieri,Di Cocco, Ricchioni, Michieli et alii.(Padri dell’economia e Dell’estimo Agrario)
    Il uno dei problemi da risolvere nel sistema produttivo agrigolo Italiano è la polverizzazione fondiaria.
    Costituito da un micro cosmo di aziende piccole con una bassa efficenza economica, fatta per lo più di produzioni di sussistenza.
    Non entro nel merito delle scelte politiche (anche se sono quelle che determinano la via percorsa da una nazione), che si siono susseguite in questi anni, ma in scelte tecniche.
    Sugli organi d’informazione nel corso di questi anni si sono susseguiti Ministri dell’agricoltura e assessori al ramo che dicevano sempre le stesse cose.
    Dobbiamo fare sistema, Dobbiamo fare qualità, dobbiamo fare eccellenza di produzione.
    Mi domando e dico ma come????questi grandi uomini e “pensatori”,di un sistema vedono solo il punto da raggiungere, e non fanno caso al percorso e alle strutture che hanno a disposizione….
    Ma come si fa a fare sistema con una nebulosa o galassia di micro aziende??? la loro risposta è stata facciamo le cooperative… Importiamo i modelli di cooperative del nord Italia in meridione…poteva essere una soluzione, ma come al solito si è fatto i conti senza l’oste… la cultura delle zone in cui importare il sistema cooperativo era pronto a metabolizzare le nuove regole…
    beh credo proprio di no…anche qui a monte ne abbiamo qualche esempio.
    Si è parlato di consorzi di produttori ultimamente…ma con un sistema e un mercato che non tira a chi vendere il prodotto o perlomeno dove piazzarlo, un mercato che è soggetto alle regole della Grande distribuzione, la nuda e cruda verita che le aziende produttive sono l’anello debole del sistema, e subiscono la forza della grande distribuzione…
    Non entriamo poi nel merito DELLA QUALITA’…Noi italiani siamo bravi a fare l’olio il vino il formaggio etc…
    ma ha fare questi prodotti non siamo gli unici, la spagna, portogallo e grecia già in alcuni comparti ci Hanno buttati fuori es mercato olio di oliva…
    Invece noi che abbiamo fatto ci siamo trincerati dietro dei marchi Dop, Doc Igt, Igp….(in italia ne abbiamo circa 120 (dato che verificherò).
    Invece di dare imput alla produzione non si è permesso di produrre, di aumentare le superfici da produrre anzi…
    Ritiro dei terreni dalla produzione, in italia non si coltivava più e la spagna ci scalzava dal mercato tedesco dell’orto frutta.
    Davvero furbi i nostri politici illuminati, la spagna piantava olive da olio e da mensa in italia, toglievano i terreni dalla produzione.
    In spagna si facevano serre con colture idroponiche a massima efficenza nelle asturie, in italia e in basilicata lo stesso progetto veniva rifiutato.
    Poi ci parlano di efficenza e condizionalità…
    In due parolela condizionalità sarebbe: tu fai il bravo ed avrai il contributo… mi spiego, per percepire il premio olio dalla UE l’azienda è tenuta a potare l’olivo almenno ogni tre anni… accorgimenti che vanno nel senso contrario della disciplina agronomica.
    -Governo del mercato, controllo sulle varie fasi di passaggi tra i prezzi alla produzione e prezzi al consumo…
    -Infrastrutture per i trasporti delle merci.
    in poche parlore ascolatare la base produttiva, e non imporatre modelli da altre realtà, ma una volta tanto partire dalla nostra realtà per risolvere o dare una risposta seria ad un settore morentee vecchio.
    mi scuso se mi sono dilungato,
    fine prima parte.
    seconda parte Biologico certificazioni e sistema di filiera.
    sono troppo incavolato ora a dopo

    1. ciffo

      Premetto che la mia conoscenza del campo è quasi nulla nonostante un padre e un fratello che operano nel settore.
      Detto questo… titus tu offri soluzioni a livello globale (infrastrutture e governo del mercato).
      Ma a livello locale non si può far nulla?
      Non si potrebbe a livello comunale realizzare una specie di incubatore? Un supporto per tutti gli agricoltori su diverse tematiche: accesso al credito, formazione, ricerca acquirenti, marketing, ecc….
      Scopro l’acqua calda?
      Magari confagricoltura/coldiretti/ecc. fanno già tutto questo?

      1. car

        Il mondo rurale lucano è da tempo oggetto di profondi mutamenti che mettono a dura prova un equilibrio già fragile. Il declino delle attività agricole tradizionali, l’esodo dalle campagne, il conseguente invecchiamento demografico e le carenze delle infrastrutture e dei servizi essenziali figurano tra i problemi principali delle nostre zone rurali. In provincia di Matera l’agricoltura occupa mediamente il 14% degli attivi e dove solo il 16% di questi sono giovani con un’età compresa tra i 14-29 anni. Il ricambio generazionale in agricoltura è realmente nullo. Più della metà degli agricoltori sono ultrasessantenni; con la conseguenza che nei prossimi 25 anni il 25% delle aziende agricole potrebbero scomparire. Il pur rilevante intervento pubblico finora elargito, di provenienza comunitaria, non è riuscito ad indurre quelle innovazioni tecnologiche e organizzative che altrove hanno trasformato radicalmente l’impresa agricola mettendola in grado di ottenere soddisfazioni economiche adeguate agli standard di reddito di altre attività extragricole. L’esigenza di una modernizzazione, della competitività e della sfida della qualità deve essere portata avanti con coerenza e con coraggio, tenendo conto, anche, del ruolo sociale ed ambientale che svolge l’agricoltura nelle aree di montagna e svantaggiate. La nostra grande forza è nel territorio che deve essere il vero protagonista. E’ all’impresa, alla sua crescita tecnologica,  organizzativa e di mercato, che và rivolta la nuova politica agraria e di sviluppo del nostro territorio. In altri termini il sistema locale di sviluppo rurale, sebbene non possa prescindere in ogni caso da una opportuna ristrutturazione del settore agricolo, deve orientarsi verso azioni ad alto contenuto ambientale e di valorizzazione della tipicità delle produzioni dell’intera filiera. Un’agricoltura, quindi, in grado di soddisfare le esigenze dei consumatori per quanto riguarda la qualità e la sicurezza delle derrate alimentari, la protezione dell’ambiente e le aspettative legate alla sicurezza economica. Mantenere, infatti, in vita aziende-famiglie pluriattive nel settore, rafforzandone il ruolo economico-sociale e ambientale, significa assicurare una tutela vitale e funzionale del territorio con una valenza paesaggistica e ambientale di grandissima rilevanza.
        Se è certamente corretto per la nostra agricoltura puntare a proteggere i prodotti di alta qualità, è dall’altra parte necessaria una maggiore concentrazione dell’offerta attraverso strutture alternative (si può pensare ad un mercato generale della qualità) che coinvolgano, direttamente, nel management amministrativo e operativo ogni singolo imprenditore agricolo.
        Questa è la grande sfida .

        C.Pierro

      2. titus

        Le scelte oggi le si fanno in seno alle commissioni comunitarie.
        Oggi il sistema agricoltura dipende quasi esclusivamente dall’UE.
        Ciò che ci vorrebbe è una concertazione, o i Cosidetti tavoli Verdi!!!!!
        Poi bisogna portare un piccolo esempio che il mondo produttivo agricolo stà invecchiado inesorabilmente, i giovani impiegati in agricoltura sono bassissimi…
        non vi è un ricambio generazionale.
        A livello locale, si è scoperto anche l’uovo di colombo, quello che tu dici…accesso al credito, formazione, ricerca acquirenti, marketing, ecc….Magari confagricoltura/coldiretti/ecc. fanno già tutto questo…
        lo dovrebbero fare i sindacati, oggi come oggi anche i sindacati si sono messi a compilare solo scartoffie.
        L’unica salvezza è rappresentata da qualche giovane volenteroso, che con strenui sacrifici continua a produrre a crederci ed investire (che brutta razza gli agricoltori).
        Poi a livello locale è meglio tacere, mi permetto di far notare l’incompetenza dei vari assessori al Ramo (secco), cavolo esistono delle profesionalità attinenti all’agricoltura facciamo parlare gli agronomi e forestali… no i ragionieri o commercialisti ed avvocati o gl’immancabili medici che sanno tutto…
        I settori o gli studi di settore si esguono con professionisti del ramo, non con tizio caio e sempronio.
        La verità e che poca professionalità e competenza, quindi poi i risultati sono visibili a tutti.

          1. titus

            Car non ho capito il senso del tuo post.
            “Nessuno di noi è intelligente come tutti noi insieme……………….” che significa???

            vorrei capire…

          2. car

            …nel senso che ho letto attentamente il tuo post…ho fatto una semplice cosniderazione: se persone  che hanno passione, interesse e capacità di mettere a fuoco un “problema reale” (mi devo complimentare con te) si relazionassero più attentamente su vari temi……..certamente la nostra società sarebbe migliore.

      3. titus

        Il post precedente…
        ciffo ciò che vale per monte, vale per matera, potenza, napoli, roma, e milano….
        La grande sfida oggi per le aziende agricole è vendere il prodotto.
        Trovandoci nella situazione che un “mercato perfetto”, il prezzo è dato dall’incontro della domanda e dell’offerta, le leggi scolastiche dell’economia dicono almeno così, ma dove troviamo una delle anomalie.
        1)l’offerta (produttori avendo un’afferta polverizzata) subiscono la domanda (intermediari e grossisti i quali a loro volta fanno capo il più delle volte alla grande distribuzione).
        Quindi il produttore rappresenta l’anello debole del sistema, se non compra da tizio ci sono altri 10.000 tizzi che vendono lo stesso prodotto, quindi subisce la domanda.
        Qual’è la conseguenza che il prezzo alla produzione è irrisorio, mentre poi nei vari passaggi aumenta + del 150%.
        Con l’avvento negli ultimi 10 anni della grande distribuzione cos’è accaduto, che in una prima fase la GdO acquistava o dai mercati generali o in campo, poi hanno iniziato a far produrre a contratto le aziende, e in ultima analisi essendo delle multi nazionali, producono in paesi terzi, ed importano nei loro punti vendita.
        Qual’è la conseguenza le aziende prodruttrici locali, muoiono.
        Dove intervenire:
        1)Carmierizzare i prezzi dei prodotti è anacronistico,ma sarebbe il metodo più veloce per porre un rimedio al paradosso del sistema (ma nel lungo periodo sarebbe antieconomico inquanto abbasserebbe l’efficenza produttiva delle aziende);
        2)Concentrare la domanda, dei produttori (formare diciamo un contro cartello) attraverso le coop di produttori (già ampliamnte fallimentari) o attraverso i consorzi di produttori (forme produttive + libere e meno vincolanti)
        ma anche in questo caso dato che la GdO ha la possibilità di importare da proprie aziende produttrici baipasserebbe il sistema.
        Secondo me
        1)Vendita diretta o filiera corta, il sistema utilizzato per la vendita del latte crudo, direttamente dalle aziende.
        2)Filiera corta, ridurre l’intermediazione con vendita diretta sui mercati.
        3)Sensibilizzazione del consumatore, di non subire passivamente, il Marketing e le scelte fatte dai distributori, controllare l’etichetta che deve portare la zona d’origine del prodotto, e dare una mano al sistema produttivo nazionale ( Diciamo una forma di Protezionismo Solidale).
        alla prossima parte

        1. titus

          Lo sciopero previsto per il 22/01/2007, che vedeva coinvolte tutte le associazioni di categoria, a seguito della mediazione del prefetto di matera avuta nella giornata di ieri con le associazioni di categoria, è rientrato.
          La giornata di lunedì sarà utilizzazta per un incontro con i vertici Reginali per intavolare trattative, con il settore rappresentato dalle organizzazioni sindacali.
          Per il momento i trattori si fermano, ma non sono affatto spenti,ma sono pronti a marciare.
          La precarietà in cui versa il settore, e le mancate promesse degli enti e la mancanza di concertazione di una politica stutturale e d’impresa, saranno la base di discussione.
          In vista della rimodulazione del PSR 2007-2013.
          A questo si denota grande senso di responsabilità delle associazioni, che ad un’azione di forza plateale hanno preferito riportare la discussione su tavoli tecnici,
          Speriamo che non accada come nell’antica Roma…. Che I senatori discutono, ma Roma bruciava…
          altre news con i prossimi sviluppi:
          Comunque oggi le consultazioni continuano solo in serata si saprà se o meno le sciopero di lunedì rientrerà…
          si attendono sviluppi…

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