L’imponente patrimonio archeologico costituito da vasi, armi, gioielli e statue, rinveniente dal territorio di Montescaglioso è attualmente conservato in alcuni tra i principali Musei dell’Italia Meridionale. Non si conosce, però, la qualità e la vastità del patrimonio esportato illegalmente fin dal secolo XIX.
Attualmente materiali provenienti da Montescaglioso sono esposti nel musei di Matera, Metaponto, Policoro, Taranto, Potenza e Reggio Calabria.
Il complesso espositivo più vasto è certamente quello di Matera ove nel Museo Nazionale Ridola, sono conservati ma esposti solo in piccola quantità i materiali provenienti dagli scavi realizzati a partire dagli anni ’80 nel territorio di Montescaglioso.
Foto tratte da ” Monasteri italogreci e benedettini in Basilicata – vol. II ” a cura di L. Bubbico, F. Caputo, A. Maurano (Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici della Basilicata – 1996).
Qui sono presenti i corredi funerari provenienti dalle necropoli rintracciate durante la realizzazione della Scuola Elementare (anni ’50) e la edificazione della Scuola Media, dagli scavi attinenti vari lavori pubblici e quelli provenienti dall’abitato di Difesa S. Biagio, il cui scavo sistematico ha avuto inizio intorno al 1983.
Di particolare importanza risultano le raccolte funerarie provenienti dalla necropoli monumentale dell’abbazia di S. Michele, attribuita alle elites guerriere e sociali dell’abitato indigeno e greco di Montescaglioso. L’incredibile quantità di materiale rivela un altissimo livello qualitativo nel quale si riconosce l’attività dei più importanti ceramografi del metapontino e del tarantino. Raccolte di vasi di ogni dimensione e di gioielli e soprattutto di corredi in ambra costituiscono un testimonianza del livello sociale ed economico raggiunto dall’abitato antico di Montescaglioso. Sempre nel Museo di Matera si conserva un pavimento in mosaico di epoca tardo repubblicana attestante alcune cariche ed un importante edificio pubblico presenti nell’abitato romano repubblicano. Un’altra importante raccolta, purtroppo non esposta, è costituita dai vasi di arredo della cucina, delle celle e dell’erboristeria dell’abbazia benedettina di S. Michele. Il lasso temporale di questa raccolta pressocchè unica nel panorama della regione per unitarietà e stratificazione è compresa tra i secoli XI e XVIII.
Tra i vasi attinenti la comunità benedettina si segnalano raccolte attinenti l’erboristeria, servizi d vasellame per la mensa dell’abate ed il refettorio dei monaci. La stratificazione comprende reperti di epoca normanna e tra questi materiali di importazione dalla Sicilia e dal Nordafrica musulmano, ceramica sveva, angioina ed aragonese ed infine una ampio quantitativo di ceramica prodotta nella vicina Laterza, in provincia di Taranto, per la quale la committenza dell’abbazia doveva essere sicuramente tra le più significative.
Altre raccolte di reperti indigeni e greci, sia pure in quantitativi molto minori sono nel Museo Archelogico di Taranto e Reggio Calabria ove si conserva l’eccezionale telamone, una statua rappresentante una figura maschile ed utilizzata per sorreggere un orizzontamento, proveniente da un edificio pubblico rintracciato casualmente nel 1926.
Testo: Francesco Caputo (CEA Montescaglioso).