Riceviamo e pubblichiamo una riflessione di V. Dambrosio di Miglionico sulla condizione meridionale e sull’auspicabile rivoluzione culturale.
Così, cantavano" I Ricchi e Poveri " ad un Festival di Sanremo degli anni ’60.
Quello dell’abbandono del paese natio " che sta sulla collina come un vecchio addormentato " era l’unica prospettiva che avevano allora i giovani Lucani e del Sud in genere per sfuggire alla disperazione o per cercare di dare un senso alla propria vita. Rimaneva solo chi poteva contare su qualche santo in paradiso o chi era disposto a vendere la propria dignità ai compari del politico influente della zona.
E’ passato mezzo secolo e tante cose sono cambiate nel mondo ( internet, la caduta del comunismo, la scoperta del petrolio in Basilicata ecc. ecc.) ma per i giovani lucani le cose non sembrano affatto cambiate. E’ vero non c’è più la disperazione di allora, non si parte più con la valigia di cartone o con le scatole di sapone marca scala. Le condizioni di vita sono nettamente diverse, però le prospettive sono le stesse con qualche elemento in più di preoccupazione però. Non si parte come allora in maniera indistinta. Partono soprattutto chi, potendo contare sul sostegno della famiglia, va a studiare nelle Università del centro nord. Quasi nessuno di loro poi ritorna perché risulta impossibile inserirsi nel mondo del lavoro nelle nostre zone a meno che si possa contare su santi e protettori. I nostri paesi continuano a perdere così i loro giovani più promettenti.
La maggior parte di quelli che invece rimangono possono solo vivacchiare alla" meno peggio"; non hanno la possibilità di imparare un mestiere( non ci sono più botteghe di artigiani; i corsi professionali della Regione servono solo a chi li organizza) e se hanno conseguito un diploma non sanno cosa farsene. I più vivono in piccoli gruppi con il rischio di cadere nel giro delle droghe o di passare da forme di bullismo a quelle della delinquenza. Per fortuna, il forte controllo sociale, che c’è ancora nei nostri paesi, consente di evitare almeno per ora l’attecchimento della criminalità organizzata.
Pur vivendo da anni in una realtà diversa, mi sono sempre posto la domanda che è ovvia e banale "perché le cose da noi non possono o non devono mai cambiare?".
Per trovare una risposta, una spiegazione, mi sono letto gli scritti dei padri del Meridionalismo, ho letto indagini ed analisi sociologiche, economiche,.antropologiche,filosofiche. Ammetto di non essere riuscito a trovare, tra le tante cause che sono state addotte, una convincente. Quella che mi è apparsa più adeguata a spiegare la situazione del Meridione nel suo complesso ( il Sud d’Italia si presenta però con molte facce ) sarebbe a mio avviso di natura culturale ( che scoperta? Dirà qualcuno )
Non si tratterebbe però di arretratezza culturale come tanti sostengono ma di una cultura che è ed è rimasta " antica"; inadeguata a risolvere i problemi vecchi e nuovi del Sud.
La cultura meridionale mi sembra infatti tutta centrata sull’etica, su uno sterile moralismo; intrisa com’è di fatalismo, rassegnazione e superstizioni porta ad una scarsa considerazione di sé, a non avere fiducia nelle proprie capacità. Da qui l’invocazione sistematica di un intervento dall’alto per le soluzioni dei problemi, il ricorso ai favori del politico più influente o in altre parti del Sud alla protezione del capo-cosca, al padrino della zona per avere un lavoro o per risolvere un problema personale. Non si ha fiducia nella scuola e si va a studiare nelle Università del Nord; non si ha fiducia negli ospedali del Sud e ci si va a curare negli ospedali del Nord , non si ha fiducia nello Stato e si ricorre ai capi bastone della zona.
Se questa mia analisi fosse corretta, per cambiare le cose sarebbe necessaria innanzitutto una rivoluzione culturale!
Da dove cominciare questa rivoluzione? dalla scuola! non dagli studenti però ma dagli insegnanti!! Mi fermo qui perché il discorso si farebbe a questo punto molto arduo e complesso; andrebbe approfondito eventualmente in sedi e circostanze più consone.
Spero solo che questa mia provocazione possa suscitare interesse e critiche tra i nostri giovani.
V. Dambrosio da Miglionico.
concedetemi il vezzo, una rinfrescatina di Inglese, ogni tanto non guasta.
http://www.time.com/time/magazine/article/0,9171,2024136,00.html
certo sarei curioso di sapere cosa scriverebbero se si facessero un giro dalle nostre parti.
Qualcuno, in passato, sosteneva che "chi rimane vince", ed io ho sempre creduto nella nostra terra, devo riconoscerlo….sto cedendo! purtroppo non riesco, con tutto l’ottimismo immaginabile, ad intravedere sbocchi o segnali di migliorie. Ce la farà il federalismo? anche se sembra presagire più spine che rose? purtroppo le situazioni presentate dal nostro amico di Miglionico, le abbiamo sviscerate in tutti i modi possibili e le conclusioni sono state sempre le solite….per gli uni colpa della dx…per altri della sx….e continuiamo pure all’infinito!
Devo confermare la mia convinzione: la Basilicata è diventata terra di anziani,bambini e…..dipendenti pubblici!
Lo stesso articolo, ripreso dalla Stampa
Purtroppo le cose scritte nell’articolo, Wise, sono molto vere. E discusse ormai in tutte le salse qui su monte.net (come anche il tema proposto dal nostr amico di Miglionico).
Permettimi di estrapolare una frase emblematica dell’andazzo italiano:
“In a country where success is built on relationships and seniority, only the friends and children of the elite have a chance to cut the line”
La mia idea, espressa anche altre volte, è che il problema principale è l’incapacità di creare una coscienza collettiva, cioè smettere di criticare singolarmente i problemi e affrontarli insieme.
Se ho capito qualcosa in questi anni è che se aspettiamo che ogni singolo paese rivolsa i problemi non vinceremo mai.
Bisogna unire le forze tra i gruppi di contrari al sistema, dei vari paesi., perchè i problemi sono gli stessi. Se c’è un ingiustizia a Miglionico, dovrebbero intervenire anche i montesi e viceversa. una sorta di rete, come si fa per altri aspetti. Per fare un esempio se c’è un attentato di mafia in una paese si fa una manifestazione di tutta la regione.
.Detto questo, non è affatto facile.
mario