Matera
Concerto di musiche da camera di autori lucani del sette-ottocento proposti da Pietro Andrisani, curatore della ricerca e dell’elaborazione delle musiche, e donatore, insieme alla consorte Vita Avena, del pianoforte di famiglia alla Soprintendenza. Il programma prevede i seguenti brani: Diego Capuano, Sonata in Sol mag. per pianoforte solo e Concerto in Fa mag. per pianoforte e quartetto d’archi; Antonio Duni, Salve Regina per soprano, quartetto d’archi e pianoforte; Egidio Romualdo Duni, Andante per flauto, quartetto d’archi e pianoforte e La Fioraia, aria per soprano e pianoforte; Emanuele Gianturco, Movimento di sonata per violino e pianoforte e Ballata in Do diesis min. per pianoforte e quartetto d’archi. Interpreti: Chiara Bicchierri (soprano), Natalia Bonello (flauto), Vincenzo De Filpo e Vito Venezia (pianisti), Quartetto d’archi: Mario Di Marzio (violino I), Vita Sacco (violino II), Maria Maddalena Notarstefano (viola), Antonio Di Marzio (violoncello). Il concerto è promosso dalla Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoanptropologici della Basilicata.
Data Inizio:18 aprile 2010
Data Fine: 18 aprile 2010 Costo del biglietto: Prenotazione: Luogo: Matera, Palazzo Lanfranchi, Sala Carlo Levi. Orario: 19.00 Telefono: 0835.256211 Fax: 0835.256246 E-mail: artimatera@beniculturali.it Sito Web: http://www.artimatera.it Dove:
Matera, Palazzo Lanfranchi, Sala Carlo Levi.
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PALAZZO LANFRANCHISala Carlo LEVI
Matera, 18-4-2010
Programma del concertoCOMPOSITORI LUCANI Tra sette ed ottocento Pietro AndrisaniTesto per il programma di salaI Compositori in programma nel concerto di oggi oltre all’appellativo lucani hanno in comune la provenienza dalla Scuola Musicale Napoletana dei Francesco Durante (Frattamaggiore,NA, 1684-Napoli, 1755), dei Leonardo Leo (San Vito dei Normanni, BR, 1694- Napoli, 1744) che il consenso universale la giudica marcata da peculiarità di natura didattica e artistica mai riscontrate in nessun tempo e Paese. Particolarità rimarcate anche da Giuseppe Verdi quando ricorda le elevate qualità pedagogiche del proprio insegnante di composizione, Vincenzo Lavigna (Altamura, 1776-Milano, 1836). Il Lavigna, infatti, aveva appreso in quella Scuola, precisamente al conservatorio Santa Maia di Loreto, nelle classi di Giacomo Insanguine, (Monopoli, BA, 1728-Napoli,1795) e di Fedele Fenaroli (Lanciano, CH 1730-Napoli, 1818). Con Fedele Fenaroli e al medesimo conservatorio aveva studiato Diego Capuano, (Bovino, FG, 1741-Matera, 1830) ove era stato condiscepolo di Domenico Cimarosa (Aversa, NA, 1749-Venezia, 1801).Pur essendo di origine pugliese, Diego Capuano viene considerato lucano per aver operato stabilmente a Matera dal marzo del 1772, quando l’Arcivescovo Carlo Parlati lo chiama a ricoprire la carica di M° di Cappella della Bruna, al marzo del 1830, anno della sua morte. In tale ruolo oltre a comporre ed eseguire musiche di intonazione sacra per le funzioni liturgiche di prima e di seconda classe in Duomo, il Capuano, coadiuvato dal suo vicemaestro, ha il compito di tenere in forma la tecnica dell’ugola dei cantanti solisti, di curare quella dello strumento dell’orchestra, di istruire al canto e al suono nuovi musici da immettere nel nòvero dei complessi vocale e strumentale della Cappella musicale. Sotto il suo magistero il terzetto vocale e quello strumentale dei suoi predecessori (Francesco Duni, Stefano Pajostra, Paolo Festa) divengono quartetti; per i grandi eventi liturgici aumenta a sedici unità gli archi, i fiati da quattro ad otto, qualche volta a dieci. Il coro era composto da sacerdoti della scholae cantorum e del cactus firmus della cattedrale e da alcuni seminaristi dell’istituto locale (la borghesia materna non disdegnava di offrire le sue voci più intonate ai registri medio-gravi del coro); alcuni orchestrali provenivano dalla medesima fonte, altri reclutati nell’area barese, prevalentemente a Gravina e ad Altamura. Nelle grandi solennità religiose offrivano i propri servigi filarmonici, prendendo parte attiva nel coro e nell’orchestra, anche i locali nobili dilettanti di musica che sovente si esercitavano nelle accademie di casa Capuano sita, allora, nell’odierna piazza Vittorio Veneto, nei pressi della chiesetta dei Cavalieri di Malta. Per gli illustri musici e musicisti che ospitò, per le musiche artisticamente valide eseguite nelle solennità liturgiche della cattedrale, la Cappella musicale della Bruna di Matera, in quel ‘700, non ebbe nulla da invidiare alle consorelle delle cospicue Chiese napoletane e pugliesi coeve. Ampia testimonianza di questo inedito volto materano ne danno delibere capitolari, atti notarili, e, soprattutto, parti e partiture in unicum che il sottoscritto ha ordinato, in larga misura, negli archivi diocesani di Matera.Contemporaneamente alla direzione della Cappella musicale della Bruna il Capuano, a Matera, era impegnato in altri ragguardevoli incarichi: organista della Cappella del SS. Sacramento; per il Procuratore della Reggia Udienza era il compositore e il direttore ufficiale dell’apparato musicale delle feste reali; l’Università, ossia, la Giunta Comunale lo chiamava ad organizzare le onoranze musicali per solennizzare i festeggiamenti di S. Eustacchio; a Palazzo Lanfranchi era quasi di casa essendo direttore del coro e dell’orchestra nei riti vespertini e della Messa cantata per le celebrazioni della Madonna del Carmine, ed insegnante di canto figurato al Seminario diocesano dove durante rilevanti ricorrenze eseguiva sue musiche cameristiche fra le quali potremmo identificare la Sonata in sol per tastiera e il Concerto per cembalo ed archi del programma di oggi.La Sonata si compone di due movimenti: l’Allegro spiritoso, notevole per brio e magistrale elaborazione tematica in stile gradevole; l’Allegro brillante dominato dalla smania di gioire momenti di esuberante vitalità esaltandosi in scorrevoli nuclei tematici di vorticosa giga.Nel Concerto per pianoforte ed archi, rifacendosi al costume del primo settecento napoletano dei Durante, dei De Maio, dei Fiorenza, il Capuano lascia libero sfogo allo strumento solista cui affida ampie performance mentre il complesso d’archi deve rinunciare, suo malgrado, a volte, a sonorità brillanti; tuttavia non mancano spunti per vibranti dialoghi piacevolmente vivaci tra solo e tutti. L’Allegro iniziale anella una varietà di idee tematiche con genialità inventiva e intensa ricerca modulativi; all’Andantino sono riservate melodie distese e cantabili con punte di suggestivi accenti lirici; il Rondo presenta un tema dal piglio insidioso interpolato da passi di turbinosa danza.A dieci anni di età Antonio Duni (Matera, 1700-Schwerin, 1766) fa sfoggio della sua voce bianca interpretando la parte di Drosilla nel melodramma Idaspe concertato e diretto da suo padre, Francesco e rappresentato a Matera per le nozze di Filippo Bernaudo Orsini, duca di Gravina con Giovanna Caracciolo dei principi della Torella, avvenute l’otto novembre del 1710. L’anno dopo venne condotto a Napoli per essere collocato nel conservatorio della Pietà dei Turchini ove apprese sotto la guida di Giacomo Sarcuni (Matera, 1690-Napoli, 1756) e di Nicola Fago. (Tatanto, 1677 - Napoli, 1745). Nel 1718, appena terminati gli studi musicali fece sicuramente parte dei virtuosi compositori-violinisti (Giancarlo Cailò, Petrillo Marchitelli, Antonio Avitrano, Angelo Ragazzi) che operarono a Napoli, a Vienna e a Barcellona catalana. Nel ’26, da Barcellona Antonio Duni si reca a Madrid per servire il duca di Ossuna in qualità di maestro di cappella ed insegnante di musica e dove, per il teatro del Buen Retiro, compone almeno due zarzuele: Locuras hay que dan juicio y sueños verdad (23-2-1726) e Santa Ines di Montepoliciano (25-12-1757) su libretti rispettivamente di Antonio de Zamora e di M. F. de Armeso. Dopo alcuni anni si reca a Treviri per servire quella corte. Ma nel ’36 lo ritroviamo a Madrid in compagnia di Carlo Broschi detto Farinelli (Andria, 1705-Bologna, 1782). Qui sembra venga immortalato in un composito ritratto (nel quale figurano Filippo V ed Elisabetta Farnese) dal pittore di corte, Corrado Giaquinto (Molfetta, 1703-Napoli, 1765). Subito dopo riprese la sua vita errante passando per Londra e Praga. A Praga, nel ‘53 incontra un suo emulo di esistenza errabonda, Giacomo Casanova (Venezia, 1725-Dux, Boemia, 1798), il quale secondo alcuni indizi, gli preparò il libretto per un pastiche, l’Amor mascherato. Sicuramente il Casanova fu testimone alla rappresentazione (‘54) del Demetrio (libretto del Metastasio) che Antonio Duni compose per il Teatro Nuovo della capitale cèca. Nel 1755 si reca a Schwerin per dirigere una compagnia italiana di teatro musicale ma per una causa intrapresa nei confronti di Nicola Peretti, direttore di quella compagnia, il buon Antonio perse l’incarico. Dopo aver insegnato canto per alcuni anni all’Università di Mosca (’57-‘63) e a Riga (’64-‘66) ritorna a Schwerin con la moglie e suoi quattro figlioli ove ha termine la sua vita intensamente avventurosa. La produzione musicale di A. Duni è catalogata nelle più importanti biblioteche d’Europa e comprende oltre alle due zarzuele, e al pastiche Amor mascherato, musica da camera, sinfonica e religiosa, tutta di personale qualità stilistica con un valido rapporto dialettico tra tecnica ed arte. Nel mottetto Salve Regina la voce solista esprime purezza stilistica e ricchezza inventiva animata da profondo sentimento religioso; lo strumentale le offre un gradevole commento melodico, un proficuo supporto armonico e ne interpreta la natura solenne e invocante.La storiografia più accredita indica Egidio Romualdo Duni (Matera, 1709-Parigi, 1775) quale padre della elegante ed agile opèra-comique che a sua volta genera i modelli del singspiel mozartiano, dell’operetta francese e danubiana e del musi-cal inglese. L’opèra-comique ha i suoi natali nella opulenta Reggia del ducato di Parma allora caratterizzato dall’opera riformatrice del ministro francese Guglielmo de Tillot. Qui il Materano vi copriva la duplice veste di M° di Cappella e di istitutore della figlia maggiore dell’Infante Filippo e Luisa Elisabetta Borbone, la sfortunata Isabella che venne privata del titolo di Imperatrice d’Austria perché colta immaturamente dalla morte. Negli anni in cui miete i più lusinghieri allori a Parma e oltralpe E. R. Duni compone almeno due oratori per cattedrali pugliesi. Il Gioas (‘49) e il Giuseppe riconosciuto (‘59) (l. Metastasio) che vennero composti per i festeggiamenti dell’Immacolata e rappresentati nel Duomo di Bitonto, città che aveva dato i natali ad Agata Vacca, madre di Egidio Romualdo. Dedicatario dell’opera fu il vescovo della città, Nicola Ferri. L’Andante per flauto, archi e pianoforte in programma ha le sue radici nella prima aria, E’ legge di natura, del Giuseppe bitontino. L’aria, unitamente ad altre del Catone in Utica duniano (Napoli, Teatro San Carlo‘45), i concertisti dell’epoca le trasformarono in brani per complessi strumentali di musica da camera, prevalentemente nella formazione del quartetto d’archi e basso continuo. L’Andante pervaso da geniali impulsi musicali di spirituale melodicità oggi potrebbe fare bella mostra di sé in repertori di musica da camera e sinfonica. Il flauto, sorretto sapientemente da un substrato orchestrale che affida armonie arpeggiate al registro superiore e ai bassi un contrappunto cantabile, modula linee melodiche ad ampio respiro venate da vibranti pulsazioni e toccanti accenti lirici. La fioraia è una tipica ariette in forma di rondò del teatro francese di Duni che nell’opera La Fée Urgèle (Parigi, 1765), la protagonista Marion esegue mentre raccoglie fiori su un prato per attirare in una dolce imboscata un passante apparentemente occasionale, il cavaliere Robert, che lei ama segretamente e dal quale, con apparente riluttanza, si lascerà baciare.Contemporaneamente agli studi giuridici Emanuele Gianturco (Avigliano, PZ, 1857-Napoli, 1907) frequentò i corsi di violoncello (con Gaetano Braga) e di composizione (con Giuseppe Puzone e Paolo Serrao) al conservatorio S. Pietro a Maiella. Ebbe a condiscepolo Camillo de Nardis e Ruggero Leoncavallo. Alla seconda accademia (‘78) in onore di Vincenzo Bellini, Francesco Florimo (1800-1888), organizzatore della stessa, lo incaricò di preparare un discorso celebrativo che il pubblico della sala Scarlatti salutò con prolungati applausi. Dopo aver conseguito la laurea in giurisprudenza e il diploma in composizione gli si offrì la possibilità di insegnare all’ateneo e di dirigere una grande orchestra di New York. Di fronte all’arduo dilemma dovette rinunciare all’amore e al fuoco dell’arte che l’adescava col suo fascino. Dietro i consigli di Giustino Fortunato si attenne al desiderio paterno: scelse la via delle scienze giuridiche. Tuttavia coltivò la musica da nobile dilettane, nell’intimità familiare, senza professarla. Nelle tregue della vita ufficiale più volte partecipò ai concerti con sua moglie, violinista, accompagnandola al pianoforte; compose musica per piccola orchestra formata prevalentemente dai suoi numerosi figlioli, tutti con laurea universitaria e studi musicali. Dalle dediche recanti in calce ad alcune delle sue partiture musicali si può dedurre che siano state composte per lieti eventi, particolari anniversari familiari (A mia figlia Adriana, Alla signorina Rosa Miraglia, Alla nuova e simpatica cuginetta Bice Ponchain), visite di ragguardevoli politici (marchesa Rudinì, consorte di Antonio Starabba, presidente del Consiglio dei Ministri). La Sonata in si minore per violino e pianoforte (1888), di cui oggi si esegue il primo movimento, l’Allegro giusto, fu dedicata al commendatore Giovanni Masucci che quell’anno aveva dato alle stampe un interessante lavoro giuridico, Dell’azione penale e commerciale secondo il nuovo codice di commercio. In essa si fanno notare peculiarità personali di stile e di forma severamente classica, ma vi aleggiando propensioni a coloriture rarefatte di gusto pos-romantico. Oggi la Sonata potrebbe costituire un pezzo prediletto di repertorio nella letteratura violinistica. Nell’Allegro giusto, caratterizzato da melodie sobrie, armonia forbita e intensa pittura fonica, il violino talvolta interpreta con estro improvvisatore, un discorso spontaneo e ricco di spunti melodici mantenendo sempre un serrato rapporto col pianoforte che gli tiene un proficuo bordone con volate in progressione, coloriti passaggi cromatici e squarci di virtuosismo generoso.La Ballata in do diesis minore, composta sempre nel medesimo anno, la consacrò All’illustre Maestro Paolo Serrao. È una pagina musicale d’intonazione narrativa campeggiata da momenti di decisa impronta onomatopeica. L’ondulante portamento melodico interrotto, a volte, da lunghe pause e da repentini incisi dal piglio impetuoso, sembra voglia cantare una medievale leggenda di mare dagli arcani risvolti.
Napoli, 2-04-2010
PROGRAMMA
Concerto Palazzo Lanfranchi
Sabatto 18-4-2010 ore 19
Autori lucani del sette-ottocento
Diego CAPUANO a) SONATA in re per pianoforte(Bovino, FG, 1741-Matera, 1830) Andante mosso Prestob)CONCERTOin fa per pianoforte e quartetto d’archi
Allegro Andante Rondò
Antonio DUNI SALVE REGINA in do minore
(Matera, 1700 – Schwerin, 1766) per soprano, archi e pianoforte
Egidio Romualdo DUNI a)LA FIORAIA(Matera, 1709-Parigi, 1775) per soprano e pianoforte
b) ANDANTE in re minore
per flauto, quartetto d’archi e pianoforte
Emanuele GIANTURCO a) BALLATA in do diesis minore
(Avigliano, Pz, 1857-Napoli, 1907) per pianoforte e archi
b) ALLEGRO GIUSTO
dalla Sonata in si minore per violino e pianoforte
I brani in programma, eccetto E. Gianturco, sono presentati in prima esecuzione nei tempi moderni
Ricerca ed elaborazione delle musiche a cura di Pietro ANDRISANI