“Quando dovevamo giocare una partita, i difensori avevano gli incubi dalla sera prima…”
Debuttava cosi Tobia Zaza quando parlava del suo passato da calciatore. Attaccante puro, bomber di razza e leader trascinatore all’interno del gruppo.
Zaza, classe 1953, bernaldese DOC ma montese d’adozione (ah se lo sentisse…) è cresciuto nelle giovanili dell’Indipendente Bernalda.
La sua carriera calcistica è trascorsa a suon di gol tra i campionati di Promozione ed Eccellenza lucana, diventando uno dei più prolifici attaccanti della Regione. Nella sua carriera vanta tanti campionati vinti e tanti titoli di capocannoniere.
Borussia Policoro, Scanzano, Montescaglioso, Corleto Perticara e Bernalda le sue squadre, ma anche alcuni “rifiuti” importanti dovuti ai tempi dove non era permesso concedersi il lusso di lasciare una famiglia con altri cinque fratelli più piccoli da mantenere per provare fortune calcistiche.
Nel 1975 il Siracusa, allora in Serie B, lo cercò ma per i motivi sopracitati dovette dire di no.
Altre squadre di Serie B e C provarono a convincerlo a trasferirsi, tra queste Foggia, Taranto e Catanzaro.
L’ultima quasi ci riuscì e prima di firmare ci ripensò, tra lo stupore del Presidente calabrese.
“Presidente la ringrazio, ma io gioco a pallone per divertirmi e dove gioco tutti mi conoscono e mi vogliono bene; non me la sento di lasciarli soli.”
Tanti gli aneddoti nella sua carriera, perché oltre ad essere un Bomber di razza era anche un trascinatore.
Famosi i suoi modi di provocare gli avversari durante una partita.
“Perdevamo 1-0, il portiere per fare un rinvio ci metteva un quarto d’ora. Alla seconda volta sono andato vicino e gli ho detto: “”Portiè non perdere tempo adesso, perché quando ti avrò segnato due gol vorrai recuperarlo”. Gli feci doppietta e mentre ad una rimessa dal fondo si affrettava a battere gli ho ripetuto: “Hai visto? Adesso però non andare troppo veloce, altrimenti rischi che ti faccia altri gol!”
E ancora: “Ad una partita avrei dovuto giocare sotto falso nome perché squalificato, andammo in trasferta ed io e i miei compagni eravamo tranquilli perché mi conoscevano di nome ma non come fossi fatto fisicamente. Eravamo tranquilli, facciamo il riconoscimento, entra l’arbitro nello spogliatoio e la prima cosa che dice è: “Oh abbiamo il grande Tobia qui!”. Non giocai.”
Un incidente nel 2007 ha deciso di mettere fine alla sua simpatia e alla sua bontà, ma ancora oggi chiunque lo ricordi lo fa con un grande sorriso e con grande orgoglio di averlo conosciuto.
Perché Tobia Zaza non era solo un grandissimo attaccante, era soprattutto un grande uomo.