Carnevalone di Montescaglioso. Martedì grasso. Organizzato da associazionismo locale, gruppi informali, giovani cartapestai, Comune di Montescaglioso, con il sostegno delle imprese locali.
Le feste ed i riti del Carnevale costituiscono l’occasione nella quale le pulsioni ancestrali più profonde della civiltà agropastorale del Meridione emergono in tutta la loro spettacolarità. In Basilicata, regione che conserva alcune delle tradizioni più complesse e codificate del Mezzogiorno, il Carnevalone di Montescaglioso si segnala per la notevole articolazione dei cortei carnacialeschi ed il numero e significato delle figure che sfilano.
Il Carnevalone di Montescaglioso ha orgine nel mondo contadino tra massari, pastori e braccianti. I costumi sono realizzati ogni anno con pelli di animali, tela di canapa, di juta ma anche con la plastica dei sacchi per le sementi del grano, carta, cartoni e stoffe di vecchi vestiti. Alle prime luci dell’alba del Martedì grasso, i gruppi iniziano il lungo rito della vestizione nonchè la preparazione dell’asino e del caprone. Il corteo ha precise figure e gerarchie che vanno rispettate nella collocazione e nelle funzioni all’interno del corteo. La sfilata è aperta dalla parca che rotea il lungo fuso, simbolo della ruota del tempo. Seguono i suonatori dei campanacci. La “Quaremma”, vestita di nero e con in braccio un neonato, prossima a divenire vedova di Carnevalone. La carriola e Carnevalicchio in fasce, ove depositare le offerte. La sposa gravida, più o meno legittima di Carnevalone. Il caprone simbolo delle forze della natura. La fortuna impersonata da una maschera che gira con un pappagallo addestrato, dopo una piccola offerta, ad offrire il biglietto con la frase del destino. Il Cucibocca che con un grande ago minaccia di cucire la bocca dei presenti. Chiude il corteo il vecchio Carnevalone destinato ad essere bruciato allo scoccare della mezzanotte. Verso mezzogiorno i vari cortei, giungono nella piazza principale del paese per un’ultima scampanata. Si conteggiano gli incassi in denaro e natura preparandosi alla lunga e scellerata notte di bagordi, vigilia della Quaresima.
Il pomeriggio sfilano i “ matrimoni “, gruppi di coppie, spesso di soli maschi, accompagnati da fisarmonica e possibilmente da carrozza e cavallo. Sfilano lentamente e irriconoscibili ed ogni tanto fanno una sosta ed un giro di ballo. I costumi sono tipici della buone famiglie contadine. E’un carnevale meno sguaiato e più controllato delle sfilate della mattina. A sera inoltrata cambia tutto. Entra in scena il carnevale rocchettaro e pop. Alcuni carri di notevoli dimensioni sui quali per molte settimane giovani e meno giovani hanno sudato e lavorato. Riciclano tranci di carri acquistati altrove, rimontati, integrati e riadattati secondo i temi locali. Musica a tutto volume ma soprattutto davanti al carro centinaia di giovani e giovanissimi scatenati in balli e danze. Non c’è biglietto, tutti sono liberi di partecipare. I carri sfilano per tre serate e l’ultima, il Martedì Grasso, è conclusa dall’intervento di un DJ di fama nazionale. E’ la caratteristica che fa il successo del Carnevale di Montescaglioso. A notte avanzata nel pieno del Carnevale pop, compare il funerale di Carnevalone. Un fila di preti e frati esaltati precede il feretro di Carnevalone portato a spalla dagli amici disperati e seguito dalla vedova allucinata che in grembo porta già Carnevalicchio. Il corteo si fa largo tra la folla e in piazza il feretro è bruciato, mentre la consorte dell’estinto partorisce Carnevalicchio. A mezzanotte in punto dal campanone della Chiesa Madre, partono quaranta lugubri rintocchi che segnano l’avvio della Quaresima. Inizia la penitenza, la festa è finita, ma Carnevalicchio è già nato e pronto per il prossimo anno. Anzi è già il protagonista della lunga cena notturna che chiude il Carnevale. Al mattino del Mercoledì successivo nei vicoli già compaiono le sette figure della “ Quaresima “ appese ad una corda per ricordare a tutti gli obblighi del buon cristiano per la Pasqua che è vicina. Ma questa è un’altra festa.
Le figure ed i simboli del Carnevalone di Montescaglioso.
Carnevalone.
Nella cultura popolare le tradizioni di Carnevale sono sempre collegate ai riti della fertilità, al risveglio della terra e della natura e all’avvio del nuovo ciclo stagionale agricolo. Il nuovo deve scacciare il vecchio e propiziare la buona annata e la ricchezza delle messi. La sorte del Carnevalone, il vecchiaccio intabarrato e vestito di nero è segnata. Deve concludersi con la messa a morte ovvero il funerale rituale che a Montescaglioso trova il momento finale nel rogo di Carnevalone, capro espiatorio di tutti i mali della società e del vecchio anno che ci si lascia alle spalle. La funzione purificatrice e rinnovatrice della messa a morte collettiva di Carnevale, si attua in riti che assumono diverse conformazioni nelle varie comunità: il processo a carico di Carnevale, il testamento di Carnevale o come a Montescaglioso la funzione affibiata al Carnevalone, assiso sull’asino, di denunciare con cartelli irriverenti e sgrammaticati, i mali della società, dei concittadini e delle autorità. Nella tradizione di Montescaglioso il gruppo che sfilava la mattina, quasi sempre, per completare il rito, celebrava la sera tardi anche il funerale di Carnevalone. E solo dopo il rogo finale, ebbri già dalla tarda mattinata, si dava inizio alle libagioni notturne in cantine e bassi. Carnevalone siede pomposo e con il pancione debordante sull’asino. Porta sulle spalle i cartelli di insulti e denunce. Spesso mima sacrilegamente anche la benedizione. Ai lati, le bisacce per raccogliere le offerte in natura. Carnevalone è protetto da un ombrellaccio nero e sbrindellato. Funzionalmente l’ombrello sotto il quale si riparavano dal sole o dall’acqua i pastori ed i mandriani. Simbolicamente, l’ennesima protezione cercata in favore della comunità e contro la malannata.
La Quaremma.
Al vecchiaccio che impersona Carnevalone è associata la ” vecchia “ ovvero la “ Quaremma “ vestita di nero e simboleggiante penitenza e digiuno, aborriti dalla massa di pastori e contadini, sempre “ affamati “. Veste di scuro, quasi sempre con un lungo scialle che copre il viso e giunge fino ai piedi e porta in braccio Carnevalicchio. Rappresenta la malannata: non si mangia, non ci si diverte, prelude alla morte. Ed ancora oggi tra i detti popolari è da ricordare “ è brutta come la quaremma “.
Campanacci e Carnevale.
I campanacci ed il clamore, come in tutte le culture ancestrali, sono utilizzati per scacciare il male e nell’associazione tra campanacci “ maschi “ e campanelle “ femmine “ ancora una volta tornano i simboli della fertilità. L’unione dei due opposti propizierà la fertilità della terra e degli animali. I campanacci sono nelle mani di figure coloratissime contrapposte allo scuro della Quaremma. I colori rappresentano il richiamo alla gioiosità della natura che è sul punto di risvegliarsi. Compito delle maschere è sbatacchiare all’infinito i campanacci e procacciare le offerte. Il suono può essere ritmato ma anche disordinato, deve però coprire tutto e stordire il gruppo ed i passanti. L’incontro tra due diversi gruppi di mascherati deve dar luogo ad una contrapposizione infarcita da lazzi, urla ma soprattutto dal suono dei campanacci utilizzati per tentare di sopraffare l’avversario. Chiaro rimando ai conflitti e contrapposizioni nella comunità. Il gruppo dei campanacci circonda l’offerente, il commerciante, il professionista, fino a quando questi non scuce “ la donativa “. Non lasciare un’offerta a Carnevalone significa appartenere alla schiera degli avari e dei taccagni. L’ingenerosità sarà di male auspicio per il malcapitato specie se il richiedente è un bambino che farà la domanda rituale “ una cosa per Carnevalone ? “ E d’altra parte chi meglio di un bambino rappresenta la buona annata e le energie propiziatrici della natura ? Ecco perché si vedono dai balconi e dalle finestre tante vecchiette fare loro piccola offerta a Carnevalone oppure i genitori spingere i più piccoli a lasciare una monetina, un’arancia, un salsiccia, nel canestro di Carnevale.
“ U fus’ “ o la ” Parca “.
E’la figura che apre i cortei del Carnevale di Montescaglioso ed una delle presenze più straordinarie delle sfilate: ci riporta direttamente al mondo delle popolazioni indigene, greche e romane. Costituisce la personificazione giunta quasi intatta nei riti popolari della “ Parca “ romana delle “ Moire “ greche. Sono figure mitologiche che soprassiedono al destino dell’uomo ed al fato inesorabile, rappresentate come vecchie tessitrici. Sono destinate a tre funzioni diverse. La prima dipana il filo della vita e presiede alla nascita; la seconda assegna i destini stabilendo la durata della vita; la terza taglia il filo della vita nel momento predestinato. Nel Carnevale di Montescaglioso, una vecchiaccia immonda e sguaiata impersonificata da un maschio, è armata con un grande fuso agganciato a una lunga corda. Quando il corteo si ferma “ u fus’ “ è lanciato in strada. Ruota per terra agganciato alla cordicella manovrata dalla “ Parca “, disegnando un ampio cerchio intorno al quale si assiepano i passanti. Guai a farsi toccare dal fuso. La morte incombe. L’interruzione del cerchio, ovvero l’eterno ritorno dei cicli vitali, rappresenta nella memoria ancestrale delle Parche, l’interruzione del filo della vita e del destino. La presenza nel corteo di Carnevale di altre figure femminili, la “ Quaremma “ e la femmina gravida, a simboleggiare la nascita, riconduce alla memoria delle tre Parche che nel corso dello sviluppo della tradizione carnascialesca hanno poi assunto caratteri propri.
La femmina prena.
Figura femminile puntualmente impersonificata da un uomo. Ha un aspetto indecente e sguaiato. Da una tunica più o meno colorata si gonfia un pancione: il futuro Carnevalicchio. Ha un viso truccato come una donna di strada e lascia intravedere un seno prosperoso. La prosperità degli attributi fisici è un’evidente rimando al propiziare il nuovo anno. Avvicina con modi lascivi i passanti chiedendo anzi imponendo l’offerta per Carnevalicchio. Allude ad una presunta moglie di Carnevale. Nella nottata sacrilega si trasformerà in vedova di Carnevale e, tra lazzi e vino darà alla luce Carnevalicchio.
La carriola.
Una figura femminile, più o meno lascivia, o maschile conduce in una carriola un pupazzetto che impersona Carnevalicchio. Incede disordinatamente nel corteo bloccando i passanti e chiedendo l’offerta. Moltiplica con la ” Quaremma ” e la ” Femmina prena ” i rimandi al Carnevalicchio per il quale bisogna fare la questua e garantire una buona annata.
Carnevalicchio.
Simbolo emblematico del carnevale montese. La compresenza nel corteo di Carnevalone e Carnevalicchio, ovvero del condannato a morte e del nascituro che però è già nato, segnala un altro elemento di forte complessità. Le forze della natura si risvegliano; le energie della nuova vita, del nuovo anno, premono impazienti. I cicli vitali e naturali si compenetrano e si sovrappongono in un apparente disordine, il nuovo contro il vecchio, la vita contro la morte, foriero del nuovo ordine che prenderà definitivamente corpo allo scoccare della mezzanotte con il rogo di Carnevalone. Solo allora Carnevalicchio finalmente estenderà il proprio regno sul mondo degli umani che tornati savi nella Quaresima, rientreranno nel nuovo, ma sempreterno, ordine. Carnevalicchio compare contemporaneamente in più figure del corteo a simboleggiare i vari cicli vitali, dalla nascita alla morte. La “ femmina prena “ lo esibisce nel pancione come nascituro. La moglie di Carnevalone lo presente nella carriola a procacciare le offerte. A mezzanotte in punto la vedova di Carnevalone, assistita dal medico e da un fratacchione che, dopo aver condotto “ il vecchio “ al rogo, più che benedire ne maledice la rinascita, conscio della potenza animalesca e bestiale delle forze naturali, darà alla luce, platealmente sulla pubblica strada, Carnevalicchio, ristabilendo la circolarità del ciclo vitale e stagionale. Carnevalicchio è rappresentato come un bambinello in fasce. Può essere infisso su una lunga canna o su un’asta avendo tra le mani un piccolo “ kandr “ ovvero l’antico e mai dimenticato cacatoio, dal greco kanteron, (vaso), in terracotta nel quale raccogliere le offerte da finestre e balconi.
‘U zembr’ (il caprone).
In molti cortei di Carnevale la figura del demonio, è esplicita nella presenza e nella rappresentazione. A Montescaglioso l’elemento demoniaco è rappresentato dalle infinità di corna innalzate in buon parte delle maschere armate di campanacci. Le corna sono agghindate con colori vivaci e striscioline di carta o stoffa multicolori. Ma alla rappresentazione delle forze demoniache, ovvero le forze primordiali e incontrollabili della natura, è riconducibile anche la presenza nel corteo del caprone, ovvero ‘u zembr’. E’una presenza quasi dimenticata che ogni tanto ricompare in qualche corteo. ‘U zembr esplicita la rappresentazione codificata del demonio, ovvero il caprone. Nel Carnevale ‘u zebr potrebbe impersonificare le forze elementari del ciclo vitale della natura ben rappresentate dalla vigoria sessuale del caprone che nel gregge è addetto esclusivamente alla riproduzione. La bestia è condotta da un guardiano tramite una corda. Così come per l’orso presente in altri cortei di Carnevale soprattutto nelle aree montane, l’animale può essere sospinto verso gli astanti, soprattutto se donne, ma trattenuto e controllato dal conduttore.
Il Cucibocca.
Personaggio tra i più oscuri e misteriosi che gira per i vicoli del paese la notte della vigilia dell’Epifania. Non è chiaro se dall’Epifania la figura è transitata verso il Carnevale o viceversa. Diversamente dalle altre figure del “ Carnevale “, non urla, non strepita. Porta con una mano un lungo ago e con l’altro ‘u panar ‘ (il cesto) ove stivare le offerte. Silenziosamente minaccia i presenti con l’ago ed il gesto di cucire la bocca pretendendo così l’offerta. Cammina lentamente perché al piede porta una catena spezzata. Perciò non danza, non si agita, non si allontana molto dall’asino di Carnevalone e con i lgesto di cuicre la bocca ricorda anche che la Quaresima e quindi il diguno o la fame, sono ormai prossimi.
U zit’ e ‘a zit’.
Chiaro riferimento a corteggiamento, motivi nunziali e sessuali, quindi, propiziatorio del nuovo ciclo stagionale. Le coppie sono quasi sempre impersonificate da due uomini. A Montescaglioso le due figure hanno dato luogo ad un evento autonomo e specifico: il corteo nuziale. Si svolge il pomeriggio del Martedì grasso ed è formato da coppie precedute da un organetto. Il corteo ogni tanto si ferma, si dispone in cerchio e le coppie danzano al suono della tarantella. In tutti i riti primaverili la danza ha un inequivocabile valore come propiziatrice della fertilità della terra e dell’abbondanza delle messi ulteriormente sottolineato dalla disposizione a cerchio delle coppie. L’andamento circolare della danza rimanda alle memorie più ancestrali nelle quali, il cerchio, elemento di unità, equilibrio e ciclicità, assume simbolismi sacrali o magici.
Il medico, il frate, ‘u mamon.
Sono figure probabilmente di tradizione più recente. Il medico è rappresentato come un sorta di scienziato pazzo. Anche le certezze della scienza, con Carnevale non hanno senso. Segue spesso la femmina prena e la sera assiste la vedova di Carnevalone nel parto. Il frate è rappresentato con le vesti di un francescano gaudente. Accompagna il funerale di Carnevalone, consola ed assiste la vedova nel parto di Carnevalicchio. Dall’ambito ecclesiastico anche ‘ u mamon, ovvero l’incappucciato. La figura è copiata di sana pianta dai costumi che le confraternite utilizzano nella processione dei Misteri, il Venerdì Santo. Insieme al Cucibocca è figura spaventosa ed utilizzata per richiamare all’ordine i bambini. Nel Carnevale, tramandando la memoria medievale dell’accompagnamento dei condannati a morte al patibolo, porta la bara di Carnevalone o precede in corteo il feretro. Ovviamente assiste sguaiato al rogo e messa a morte di Carnevalone.
Il video del funrale di Carnevalone su:
Testi e foto: Francesco Caputo. Testi e foto liberi da copyright: si prega di citare la fonte.