Infatti si tratta di un esodo (sempre verso il nord italia) che non fa notizia, e non ne sentiamo parlare perchè i meridionali che vanno al nord non sono più un caso sociale come per i contadini degli anni ’60, infatti oggi ad emigrare sono per lo più giovani compresi tra i 25 ed i 40 anni, dotati di titoli di studio, che usano internet e parlano perfettamente italiano e quindi facilmente integrabili con la realtà nazionale, la parte dei meridionali di 50 anni fa, oggi, la fanno gli extracomunitari.
Insieme a questa marea umana c’ è anche un flusso monetario, si tratta di qualcosa come 10 miliardi di euro che lascia il sud per arricchire le regioni del nord.
E questo avviene perchè, oltre agli studenti universitari, coloro che emigrano per motivi di lavoro spesso non ce la fanno ad arrivare a fine mese e sono costretti a ricorrere agli aiuti della famiglia.
La maggior parte di questi lavoratori si accontenta del posto di lavoro precario in attesa di un futuro contratto a tempo indeterminato.
A lasciare il sud per motivi di lavoro sono per lo più laureati, se si pensa che dei 67 mila neolaureati che il sud produce ogni anno, le imprese meridionali ne richiedono soltanto il 16,4% si capisce che la partenza diventa quasi una necessità! Ed è proprio questo surplus di offerta di laureati che fa riflettere.
Se analizziamo il dato degli anni 50/60, ovvero quello dei primi flussi di emigrazione, vedremo che esso corrisponde con il periodo che ha visto la progressiva scomparsa dei cosiddetti Vecchi Mestieri ( o mestieri artigianali) che erano molto praticati dalle nostre parti, mi riferisco ai lavori di cui oggi rimangono solo pochi esempi ( falegnami, fabbri, calzolai, sarti, ombrellai, vasai, vetrai, liutai, smaltatori, arrotini ecc…).
Facendo un piccolo excursus storico possiamo far risalire la rinascita dei centri urbani medioevali grazie soprattutto al compito che svolgevano le botteghe artigianali, botteghe che spesso si costituivano in corporazioni ed assurgevano ad un vero e proprio ruolo dirigente delle città, promuovendo quella che poi nel tardo XIV sec. sarà l’ascesa della borghesia.
Oggi molti di questi mestieri non solo sono economicamente insostenibili, ma sono anche difficili da recuperare dal punto di vista del sapere tecnico, ma per alcune altre professioni vi è una forte e crescente domanda (ad esempio sono molto richiesti e ben pagati i mosaiciti, i vetrai, i liutai, gli smaltatori, i vasai) tutte professioni facili da recuperare in quanto esistono scuole di specializzazione che offrono costosi corsi avanzati che assicurano un lavoro ben retribuito ed appagante sotto molti aspetti!
Il consumismo e la mentalità usa e getta è ormai ben radicata nelle nostre menti e nei nostri usi, ma in un futuro prossimo saremo obbligati a rivedere molti nostri atteggiamenti, non sarà possibile infatti parlare di sviluppo sostenibile se non si guarderà al recupero degli oggetti quotidiani e quindi se non si rivedranno molte di queste professioni (che pure sarebbero lo stesso remunerative se attuate e pubblicizzate con gli attuali mezzi di comunicazione) e non le si applica al mutato contesto economico e sociale.
Recuperare, ad esempio, un paio di scarpe, o farsi fare un vestito su misura, o riparare una porta in legno è, non solo qualitativamente meglio e durevolmente più longevo (e quindi economicamente conveniente sul lungo periodo) che acquistare un paio di scarpe o vestiti cinesi, o comprare un mobile IKEA, ma è anche socialmente responsabile!
Sarebbe dunque un opportunità per i piccoli centri urbani del sud, ma non solo, quella di recuperare tali professioni, guardando con un occhio alla sostenibilità, ed un altro allo sviluppo economico dei centri urbani abbandonati, pur consapevoli che non sarebbe questa la soluzione su larga scala al male dell’emigrazione, avrebbe comunque un effetto calmante di tale fenomeno offrendo occupazione ad una fetta di individui che comunque svolgerebbe lavori non gratificanti ed economicamente insufficienti al centro nord e che se sapientemente indotta ed agevolata preferirebbe fare questo nella propria terra.
Per cui aiuti statali o locali dovrebbero spingere in tal senso i giovani in cerca di una professione, ancor più se si tiene presente che queste professioni non rappresentano solo un sapere millenario ma anche una crescita sociale e personale nell’ operare sapientamente e con pazienza !
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Non credo che ci debbano essere aiuti statali per sovvenzionare professioni in via di estinzione... penso invece che gli aiuti andrebbero ridotti al minimo in tutto e per tutto perchè proprio l'assistenzialismo ci ha ridotto in queste condizioni. E se proprio aiuti devono esserci allora è bene darli a imprese e professioni economicamente autosostenibili.
Queste professioni in via di estinzione si potrebbero comunque recuperare grazie a mercati di nicchia.
Ad ogni modo i soldi non sono tutto:
http://www.regione.basilicata.it/ufficiostampa/FPArticoliPDF/188489.pdf
L'articolo è molto interessante, quei soldi però potrebbero essere utilizzati per sostenere le famiglie, come bonus per i figli e cercare di favorire una maggiore natalità..Servirebbero davvero tanto nuove forze fresche per la nostra regione, che in circa 20 anni ha perso più o meno 18.000 abitanti. Un problema che condiziona anche la chiusura di molte strutture scolastiche e quindi occupazione e quanto altro ancora sia correlato.
Per rendersi conto delle cifre...
http://demo.istat.it/dat81-91/REGIONI/R_17_T.HTM (demografia 1982-1991)
http://demo.istat.it/pop2007/index.html (demografia 2007)
giuliano buompastore
ciffo hai ragione, l'assistenzialismo ci ha portato ancora più in basso, ma d'altronde non possiamo pensare che il meridione si sviluppi da solo con le proprie forze.
Intanto, per le professioni in via di estinzione non economicamente sostenibili non si può far niente, lì sarebbe assistenzialismo puro, e non è a quelle che mi riferisco, ma parlo di sussidi mirati (meglio parlare di agevolazioni fiscali) per quelle attività di cui cè domanda o che non nascono più per motivi culturali e non per motivi di parità di bilancio! (vi sono rari esempi di giovani intraprendenti che si sono lanciati in attività che si pensava in via d'estinzione ma che con la crisi economica hanno ripreso a vivere).
Dato che comunque l' Italia rimane il paese dell' Unione Europea in cui è più difficile e richiede più tempo, avviare una nuova impresa, pensare di aiutare almeno le giovani imprese artigiane anche dal punto di vista burocratico non sarebbe affatto negativo, e forse sarebbe meglio di tanti altri incentivi "a pioggia" che si sono visti nella nostra regione!
Ramingo errante