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Montescaglioso vista da un salentino ( Giorgio De Donno)

Già partendo da Bari si ha la sensazione di andare in un posto "altro " rispetto alla Puglia della costa. Un improbabile trenino solca piccolo e sgangherato l’afa delle Murge, un manto collinare che nei pressi di Altamura diventa un mare brullo, increspato da un vento che smorza il fiato. Arrivato a Matera dopo un’ora e mezza di viaggio, l’affaticato trenino è inghiottito dall’ angusta e claustrofobica stazione sotterranea forse frutto della fase paranoica dell’opera del progettista. Prendo il pulman per Montescaglioso, di cui da lontano si vede l’Abbazia. Da Matera la strada scende in una piana ben coltivata e un pò monotona , per poi affrontare i tornanti dell’altura su cui si sviluppa l’abitato. Per me, uomo di pianura, 400 metri è come stare in montagna, e la fitta vegetazione conforta questa mia illusione. Ad una prima impressione il paese appare anonimo e bruttino, immobile nella dimensione umida dello scirocco, ma basta viverlo un giorno per cambiare idea e trovarlo interessante. Mi colpisce subito l’urbanistica: strana, irregolare, un groviglio di case e strade adattatosi come un guanto alla morfologia di un terreno molto simile alle montagne russe, impraticabile in bicicletta. La strada principale si arrampica su per i1 maggiore dei colli sui quali è costruita Montescaglioso, fino ad arrivare al centro storico, un borgo di rustica gradevolezza. La piazza del patrono è quella tipica di ogni paese agricolo del Sud, non molto grande con la statua di San Rocco che ascolta un po’ annoiata le chiacchiere sempre uguali dei vecchi. Stranamente la Chiesa Matrice non si affaccia su una piazza, ma su una via secondaria che si insinua tra vecchie casupole, lasciata nell’inagibilità dal terremoto dell’80 da ancor più inagibili coscienze, monumento dell’abbandono. Più alto s’innalza l’Abbazia, enorme, sentinella superba e imperiosa di un potere che non c’è più ; un tempo doveva essere meravigliosa, ma oggi, decadente e trascurata, dà l’idea di un vecchio soldato rimasto senza re, guardiano del nulla. Lassù, la vecchia porta del paese si affaccia all’orizzonte come una grande finestra su ancor più grandi spazi:  un paesaggio bello di una bellezza rarefatta che sfugge al tempo. Dai quattrocento metri di Montescaglioso si coglie il malinconico senso di isolamento di questa terra sfortunata, dimenticata, messa ai margini della Puglia e della Nazione, cui generosamente dà acqua, petrolio, metano. Questo senso di marginalità impregna le persone, lo si ritrova nei loro occhi, nei loro gesti, nel loro dialetto, un fardello secolare passato di generazione in generazione. 1 Montesi non sono ricchi, affatto, basta vedere il parco macchine, ma sono molto dignitosi; simpatici ma non stucchevoli, cordiali ma non invadenti, cercano il rispetto rispettando. In questa realtà 1’ immaginario metropolitano prende forme tutte particolari perché, più che i messaggi di quel mondo lontano arrivano gli echi. Fa sorridere l’ingenuità nell’interpretare i modelli esterni imposti tramite TV e giornali. Ricordo in particolare un ragazzo, indicato come ‘L’harleysta senza Harley ", vestito da navigato biker delle infinite statali americane, con i suoi stivali da cow‑boy in bella posa su un vecchissimo Benelli 50. Dalle mie parti su quel ragazzo pioverebbero commenti pesanti come sassate dalla gente stupida come me; lì invece fa colore uno dei tanti personaggi che calca quel palcoscenico dei quotidiano che è Montescaglioso. Ricordo anche una sfilata nella villa comunale organizzata da un parrucchiere, dove ragazzi e ragazze del posto imitavano con piglio serioso la moda vista in TV: per me erano belli nella loro goffaggine perché genuini nella voglia di giocare con un pubblico complice nel ruolo della platea Vip
Ogni tanto mi viene nostalgia di quella terra dura, da capire, da sentire, una terra per viaggiatori, non per turisti, che ho amato subito perché in quei paesaggi, in quella gente ho riconosciuto la Lucania che è in ognuno di noi, un luogo dell’anima isolato, malinconico, cronicamente disadattato, da sempre ai margini della Città degli uomini, eppure così intimamente bello .

            Giorgio De Donno

Francesca Zito:
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