“Credo che nel caso in cui l’unica scelta possibile fosse quella tra la codardia e la violenza, io consiglierei la violenza. Ad esempio quando mio figlio maggiore mi chiese quello che avrebbe dovuto fare se fosse stato presente quando nel 1908 fui aggredito e quasi ucciso, se avrebbe dovuto fuggire e vedermi uccidere oppure usare la sua forza fisica, come avrebbe potuto e voluto, e difendermi, io gli risposi che stato suo diritto difendermi anche facendo ricorso alla violenza. In base a questo stesso principio ho partecipato alla guerra contro i boeri, alla cosiddetta ribellione degli zulù e all’ultima guerra. E sempre per questo stesso principio mi sono dichiarato favorevole all’addestramento militare di coloro che credono nel metodo della violenza. Preferirei che l’India ricorresse alle armi per difendere il suo onore piuttosto che, in modo codardo, divenisse o rimanesse testimone impotente del proprio disonore.
[…]La clemenza nobilita il soldato. Ma si ha vera clemenza soltanto quando esiste il potere di punire; essa è priva di senso quando viene da una creatura impotente. E’ difficile che un topo perdoni un gatto mentre viene fatto a pezzi da questo”
Mohandas K. Gandhi, Teoria e pratica della non violenza
Einaudi, Torino 1973, pagg. 18 – 19