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SS. Concezione

IL convento delle Monache intitolato alla SS. Concezione è uno dei più grandi monasteri femminili della Basilicata ed uno dei tre appartenenti all’ordine benedettino-cassinese presenti in Basilicata. Il convento resta aperto fino agli anni venti del novecento, quando con l’ultima monaca la comunità si è definitivamente estinta. Il monastero sorge, tra gli trenta e quaranta del secolo XVII, intorno alla chiesa della SS. Concezione che già esisteva sul finire del sec. XVI. Inizialmente nasce come un “ conservatorio femminile “, una sorta di collegio, sostenuto dal lascito di un canonico locale, Don Pietro Luzzi.

     

Tra il 1645 ed il 1650, i Grillo, feudatari di Montescaglioso, cominciano a chiudere nella comunità la numerosa discendenza femminile, ben sei figlie, più altre consanguinee. La famiglia marchesale, nell’ampliare a proprie spese l’edificio, ottiene la trasformazione della comunità in un vero e proprio monastero che adotta le consuetudini benedettine–cassinesi. Risponde all’autorità dell’Arcivescovo di Matera, ma è anche sottoposto alla vigilanza dell’abate della limitrofa abbazia di S. Michele. Nel convento confluiscono ragazze e fanciulle provenienti dalle famiglie più abbienti di Montescaglioso e dei paesi limitrofi. Nel lungo elenco di monache compaiono, oltre alle Cattaneo, claustrali appartenenti a numerose famiglie di Montescaglioso, Salinari, Fidatelli, Giagno, Erario, Mianulli, Oliva, Burdo, Gallipoli, Venezia, Taddonio o di altri paesi come le Troyili di Montalbano, De Canijs di Pomarico, Certosa di Tricarico, Vosa di Acerenza e Malvinni di Matera.  Nel secolo XVIII, il monastero arriverà ad ospitare ben sessanta monache professe più un numero indefinito di persone di servizio. Il sovraffollamento del monastero origina uno sviluppo delle fabbriche che tra la metà del secolo XVII e la metà del secolo XVIII, determina un complesso assetto organizzativo: ben quattro chiostri, due piani fuori terra ed un piano interrato, passeggiate e terrazze pensili che aumentano lo spazio aperto a disposizione delle monache.

La chiesa del monastero è a navata unica coperta da un’elegante volta a botte a lunette attribuibile a maestranze del Salento. Lungo le cornici, decorazioni a stucco e stemmi della comunità. L’altare maggiore è all’interno di una sontuosa ed imponente macchina barocca firmata dal napoletano Maurizio Dalessio realizzata in muratura e stucco indorato con al centro la nicchia con la statua della Madonna con il Bambino, in pietra dipinta. Altre opere di un certo interesse sono una statua di S. Pietro, alcune tele tra cui una raffigurazione di S. Nicola benedicente, un piccolo presepe in cartapesta, i reliquiari di S. Bagio e della SS. Croce. La chiesa conserva quasi del tutto integro il corredo di paramenti sacri costituito da pianete, piviali, argenteria di fattura napoletana. Tra gli oggetti più importanti il pastorale della Badessa ed un antifonario con copertina in legno ricoperto di raso con le immagini della SS. Concezione e di S. Benedetto. In buona parte superstite è anche l’archivio del monastero, confluito in quello della chiesa parrocchiale. Il monastero conserva ancora due dei quattro chiostri, la terrazza della badessa con un elegante archivolto e gli stemmi della famiglia Grillo apposti nell’area dell’edificio occupata dalle monache appartenute alla casa marchesale.

La soppressione definitiva della comunità giunge con l’Unità d’Italia. Alle monache è consentito di continuare ad abitare il convento ma con il divieto di accettare nuove monacazioni e l’obbligo di cedere al Comune gli spazi del monastero che si liberavano man mano che il numero di monache diminuiva. Nel primo dopoguerra il Comune entra in possesso dell’intero edificio, ad eccezione della chiesa, e nel corso degli anni utilizza il monastero per varie funzioni: case per indigenti, scuola di arti e mestieri, Casa del Fascio, Caserma dei Carabinieri, Camera del Lavoro. Negli anni sessanta del novecento l’amministrazione comunale dell’epoca, con l’intento di ricavare spazi aperti o edificabili nel centro storico, avvia la demolizione dell’edificio monastico, bloccata dalla Soprintendeza per i Monumenti di Bari, in quegli anni competente per la Basilicata, ma un chiostro ed un’ala del monastero che delimitava il giardino del monastero, l’attuale Piazza Racamato, erano già stati demoliti. Segue un lungo periodo di abbandono durante il quale si effettuano solo piccoli interventi di messa in sicurezza delle parti più pericolanti. Nel 1999 è avviato un complesso intervento di restauro concluso nel 2010, che ha salvato l’edificio dalla distruzione, tornato ad essere uno dei principali monumenti di Montescaglioso.  

        

Testo e foto: Francesco Caputo (CEA Montescaglioso).

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