Non conoscevo Pino Bianculli, ma ogni volta che passo davanti ai fiori che ricordano il luogo della sua morte non posso fare a meno di rivolgergli un pensiero.
Percorro due volte al giorno la stessa strada che Pino fu costretto a seguire in quella tragica sera di un anno fa (naturalmente la evito se piove!). Non posso fare a meno di pensare che una morte così orribile non sia “umana”, che non può un altro essere umano, con la facoltà di decidere ma incapace di prevedere tragedie simili, non intervenire in tempo utile per scongiurare pericoli del genere.
Ed è ancora più grave che, ancora oggi, non si sia provveduto ad evitare altre simili sciagure.
Quella strada è rimasta così com’era. Ed è ancora più pericolosa perché più frequentata e perché non ci sono strade alternative, se non percorrendo chilometri in più e sprecando più tempo del previsto.
Dicono che non si interviene perché quella strada appartiene alla provincia di Taranto che è commissariata e che a tutto pensa o che avrebbe dovuto pensare fin da prima che fosse commissariata, la provincia di Taranto, fuorché alla sicurezza dei cittadini, a maggior ragione se non sono tarantini. Ma perché l’Umanità (con la “U” maiuscola) deve essere divisa in bianchi e neri, in appartenenti a continenti diversi, a nazioni diverse, a regioni diverse, a province diverse, a paesi diversi, a famiglie diverse e addirittura a parenti diversi a seconda se sono di padre o di madre? E’ il genere umano che bisogna proteggere e non ci sono scusanti!
Questi signori non vedono più, non hanno più “pietas”, secondo il significato che i nostri avi attribuivano al termine, non pensano ad altro che al denaro e non si rendono conto che sono sommersi, loro, dal fango.
Ha ragione Camilleri quando scrive:
“Dottori, me la spiega ‘na cosa?”
Dimmi.
Pirchì ’n taliàno ‘u sangu addiventa sangue e ‘u fangu inveci arresta fango?
Catarè, pirchì il fango, essenno fango, è sempri fango in tutte le lingue del munno.
[…]
I colori non esistivano cchiù, non si vidiva ‘na cosa che non avissi lo stisso uniformi grigiastro della fanghiglia. Il fangue, come diciva Catarella. E forsi non aviva torto, pirchì il fango ci era trasuto nel sangue, ne era addiventato parti ‘ntegranti. Il fango della corruzione, delle mazzette, dei finti rimborsi, dell’evasione delle tasse, delle truffe, dei falsi in bilancio, dei fondi neri, dei paradisi fiscali, del bunga bunga…” (1)
Questo è il fango che ha proibito a Pino di continuare a vivere. Per questo motivo mi permetto di rivolgere un ricordo amaro, pietoso, partecipe a lui e ai suoi famigliari.
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(1) Andrea Camilleri, La piramide di fango, Sellerio ed. , Palermo, 2014, pagg. 15 e 51-52.
Le foto sono state scattate ieri, 6 ottobre 2014 alle ore13,30.
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Neanche io lo conoscevo, ma questo non ha importanza. Era un ragazzo, un giovane, un uomo della nostra terra. Mi associo al tuo ricordo e al cordoglio per la famiglia. Il miglior modo per ricordarlo sarebbe fare sì che queste tragedie non si ripetessero più, ma sappiamo tutti che, passata l'emozione del momento, tutto resta come prima, in attesa della nuova, inevitabile tragedia.
Piero Didio.