Calcolate la vostra IMPRONTA ECOLOGICA con questo giochino. Poi diteci come è andata! Nel nostro piccolo pianteremo alberi ed arbusti per compensare, almeno, il nostro impatto.
L’impronta ecologica dell’Italia
L’impronta ecologica di un italiano medio è 5,5 ettari pro capite. In pratica, ogni italiano oltrepassa di ben tre volte il tetto dei consumi accettabili per avere un’economia ambientalmente sostenibile e un’equa ripartizione delle risorse.
Si può inoltre confrontare l’impronta ecologica italiana con la capacità biologica della nazione, pari a 1,92 ettari pro capite. La differenza fra l’impronta ecologica e la capacità biologica rappresenta il deficit ecologico della nazione, equivalente, nel caso italiano, a 3,59 ettari pro capite. Il deficit ecologico fornisce una valutazione del sovraccarico locale, svelando quanto una specifica regione sia dipendente da capacità produttive extraterritoriali, attraverso il commercio e/o l’appropriazione dei flussi naturali. Questo significa che solo un terzo dei consumi degli italiani può essere prodotto a partire dai territori nazionali e che quindi, con il nostro stile di vita, stiamo utilizzando terreni produttivi e quindi risorse e servizi naturali che vengono sottratti ad altri abitanti del pianeta.
Che cosa è l’impronta ecologica
Il termine compare per la prima volta sulla scena ufficiale nel 1987, con la presentazione del Rapporto Bruntland, nel quale si asserisce che “l’umanità ha la capacità di rendere sostenibile lo sviluppo: deve garantire che esso soddisfi i bisogni del presente senza pregiudicare la capacità delle generazioni future a soddisfare i propri”.
La definizione risulta ambigua e poco chiara, in quanto esprime un concetto che tenta di far coesistere due dimensioni contrapposte: sviluppo economico e conservazione dell’ambiente.
A livello teorico tutti sono d’accordo nell’accettare il principio dello sviluppo sostenibile, il problema sorge quando si tratta di tradurlo in definizioni operative che consentano di applicarlo nella pratica. Vi sono, ad esempio, studiosi che sostengono che la sostenibilità sia un ideale e che pertanto non si debba ricercare alcuna definizione. Altri hanno idee diametralmente opposte, per cui senza una definizione pratica questo concetto rimane privo di ogni significato e spogliato della sua potenziale capacità di indurre cambiamenti in campo economico e sociale.
Per avere una definizione operativa, bisogna definire ed utilizzare strumenti che permettano di dare una stima quantitativa dei fenomeni in questione, valutando il livello della sostenibilità ambientale e le sue variazioni. Tali strumenti vengono chiamati indicatori perché permettono di indicare quantitativamente l’andamento del fenomeno in esame, dando informazioni rispetto ad un problema più ampio o ad un fenomeno. Tra gli esempi più vicini a noi possiamo considerare la misura della temperatura corporea, che rappresenta un buon indicatore del nostro stato di salute. In campo ambientale sono stati proposti numerosi indicatori di sostenibilità, come gli indicatori basati sul concetto di energia (es. i bilanci energetici). Uno tra gli indicatori più interessanti per l’ingegnosità della definizione e per l’utilità dei risultati che si possono ricavare è l’Impronta Ecologica, introdotta presso la University of British Columbia, in Canada, da Wackernagel e Rees nel 1996.
L’impronta ecologica nasce per stimare l’impatto che una popolazione ha sull’ambiente. Il principio di base consiste nel calcolare in ettari l’area di territorio necessaria per produrre, in modo sostenibile, tutte le risorse di cui quella popolazione ha bisogno, e per riassorbire, sempre in modo sostenibile, tutte le emissioni che essa produce. Si tratta quindi di conteggiare tutte le aree dei territori ecologicamente produttivi che sono alla base dei consumi della popolazione, indipendentemente dal fatto che tali superfici siano localizzate all’interno o all’esterno della regione in questione.
Ad esempio, il consumo di mezzo chilo di frutta e verdura al giorno equivale all’uso di circa 150 m2 di territorio, mentre l’utilizzo di un litro di carburante al giorno vale 1260 m2. Il valore finale si calcola sommando i risultati parziali ed ottenendo così l’area che quella popolazione utilizza effettivamente per vivere, ossia la sua Impronta Ecologica.
La metodologia dell’impronta ecologica è centrata sui consumi di una popolazione e non sulle produzioni: in questo modo essa non fornisce informazioni sull’inquinamento locale causato dalle produzioni che avvengono all’interno della regione considerata, ma riesce a conteggiare l’impatto ambientale provocato, a livello mondiale, dalla popolazione stessa. Grazie ad essa è possibile far emergere le responsabilità che ogni singola nazione ha sul consumo globale di capitale naturale. Se consideriamo, ad esempio, il caso di una nazione come la Svizzera, solitamente ritenuta molto rispettosa dell’ambiente per il fatto di possedere un territorio poco inquinato, si scopre, attraverso l’impronta ecologica, che in realtà ha una grande responsabilità nel causare danni ambientali a livello globale.