Sabato 6 gennaio è stata inaugurata la nuova Piazza Giovanni Paolo II.
Bella giornata con un paio di cucibocca della sera precedente che non sono riusciti a spaventare i molti montesi accorsi, complice la bellissima giornata di sole.
Con sottofondo musicale offertoci da un gruppo di bravi sassofonisti (erano sassofonisti? spero di non scrivere stupidaggini) è stato possibile visitare la nuova piazza ma anche i due chiostri dell’abbazia nella fase terminale dei lavori.
Il mio giudizio:
se si fa un confronto con la situazione precedente ovviamente il risultato è positivo. Da zero a qualcosa non poteva essere altrimenti.
Eliminando i riferimenti però, la piazza è davvero bruttina. Il parcheggio del centro commerciale dove vado a fare spesa è più carino. Ma i gusti sono soggettivi. Mi chiedo invece qual’è il valore aggiunto che questa piazza ci ha fornito. Secondo me infinitesimale se paragonato a quello che avremmo avuto con una progettazione più intelligente mirata all’armonia con l’abbazia e alla valorizzazione delle enormi ricchezze che si è deciso invece di tenere nascoste. Spendiamo soldi ora e ne spenderemo altri tra qualche anno.
Non sarebbe stato meglio aspettare tempi più maturi con un progetto più serio?
Voi che ne pensate?
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Secondo il mio punto di vista,
ancora Cicas, sembra che non vi siano altre piante, evvero che andiamo in contro alla desertificazione, ma ancora cicas...
Proporrei di piantare palme da dattero e banane chissa, forse avremo nuovi orizzonti produttivi.
ciaop
sicuramente, ciffo, senza dubbio sarebbe stato meglio aspettare tempi più maturi, una progettazione più seria e adeguata.
purtroppo, sembra che nel nostro paese non si riesca a venir fuori dal pasticciaccio pre-elettorale e da tutto quello che ne consegue..
quando inizieremo a lavorare insieme e seriamente in maniera trasversale con un unico obiettivo ... cioè la crescita vera del paese e non quella dei voti a fine spoglio?
e che non ci si debba limitare a dire, vabbè, alla fine qualcosa almeno è stato fatto?
e lo chiedo ad entrambi gli schieramenti
topobiche_81
Quello che condivido.
La continuità amministrativa. L’intervento realizzato è il momento finale di una lunga procedura iniziata con la precedente amministrazione di centrosinistra. La fattibilità presentata al PIT Bradanica, oltre a permettere di aggiudicarsi il finanziamento ha, per la prima volta, messo mano al risanamento delle aree circostanti l’abbazia ormai invivibili. L’amministrazione successiva (centrodestra) ha condiviso tale scelta sviluppando le procedure fino al progetto esecutivo ed ha ritenuto, legittimamente perché legittimamente aveva priorità diverse ed assumendosene meriti e demeriti, di modificare l’impostazione iniziale, estendendo l’intervento fino a Piazza del Popolo. Ognuno eredita qualcosa dall’altro e viceversa lascia qualcosa. Così come era successo all’amministrazione Bubbico che aveva ereditato dall’amm. Panarelli altri lavori e così come sarà per la prossima amministrazione di qualunque colore sia.
Il risanamento dell’area. Non se ne poteva più di avere nel cuore del centro storico una vera e propria discarica pubblica con un rilascio di polveri nell’ambiente molto alto e pericoloso.
Le lanterne sotto il porticato del noviziato. Ben equilibrate nel rapporto con l’architettura, svolgono umilmente il loro compito senza imporsi sull’edificio.
Il pavimento in cemento. Paradossalmente, per quanto orrendo, è una delle cose più condivisibili, perché immediatamente rimuovibile. Tale soluzione è il risultato delle prescrizioni della Soprintendenza Archeologica finalizzate a impedire il definitivo occultamento dell’area archeologica sotto una colata di cemento.
Quello che non condivido.
L’impostazione generale della piazza. All’antica configurazione su due livelli degli orti consolidatasi nel secolo XVI ed arrivata quasi intatta fino agli anni sessanta, sono stati sovrapposti un banale rettangolo totalmente estraneo al luogo ed un pendio che nasconde solo macerie. La sistemazione quasi ad un unico livello della piazza è il risultato dello scarico dei detriti di cantiere e del riempimento dei terrazzi realizzati dagli anni settanta in poi. Si è voluto consolidare una organizzazione dello spazio avulso dalla storia e non in grado di valorizzare il potenziale turistico della piazza.
La perdita delle gallerie. La soluzione adottata invece di riportare alla luce le tre gallerie ( le abbiamo viste durante la visita ai sotterranei dell’abbazia) che sbucavano nella parte più bassa dell’orto – giardino, le ha nuovamente seppellite, impedendo il ripristino degli antichi accessi ai sotterranei ( probabilmente un futuro parco archeologico) e l’offerta di una notevole attrazione turistica.
L’occultamento della gradinata. Si tratta di una scala o di una rampa di cui gli anziani hanno memoria che collegava l’attuale Piazza Cavalieri di V. Veneto con il livello più basso dell’orto – giardino, esattamente di fronte allo stemma dell’abbazia esistente in asse con l’androne di ingresso. Già ricoperta da detriti, è finita sotto il prato.
La concezione del verde. Giardino del tipo si guarda e non si tocca. Prato ad altissimo costo di manutenzione e di consumo idrico. Ripristinare le quote cinquecentesche significava organizzare il verde secondo gli schemi tipici del giardino monastico: quindi viali percorribili, piante aromatiche officinali ed arbusti a basso consumo d’acqua e di grande resistenza ( ovvero bassa manutenzione ).
I lampioni. Completamente fuori scala. Si impongono sul monastero schiacciandolo e modificando completamente la percezione dello spazio.
Conclusione.
Complessivamente una buona soluzione se provvisoria, pessima e totalmente inaccettabile se definitiva. Pertanto soldi buttati al vento ed intervento da rifare, anzi pensato per essere rifatto. Ed allora c’è da chiedersi perché mai non è stato concepito tenendo conto in partenza della ricchezza archeologica e delle potenzialità turistiche dell’area che pure, dopo tante ricerche, convegni e pubblicazioni, tutti conoscono. Bastava concentrare le risorse sull’obiettivo principale e realizzare lo scavo archeologico estensivo sull’intera area e lo svuotamento dalle macerie con il ripristino della doppia quota. L’intervento lo avrebbe progettato, per così dire, la stessa abbazia il cui sottosuolo avrebbe “ parlato “ e restituito gli elementi necessari a realizzare un’opera adeguata al luogo. Le tecniche della paleobotanica e dell’analisi dei pollini ci avrebbero detto anche cosa i monaci avevano piantato. A Pompei hanno realizzato un giardino con questo metodo con eccezionali risultati. Il completamento delle ricerche avrebbe permesso la realizzazione di una pavimentazione (laddove necessaria) definitiva. Credo che nel caso dell’abbazia non ci si possa accontentare di una soluzione qualsiasi. La piazza poteva essere uno dei fulcri dell’offerta turistica di Montescaglioso. Ritengo necessario prendere atto della provvisorietà dell’opera ed attrezzarsi per un rifacimento. Franco C.