Abbazia San Michele Arcangelo
Montescaglioso
28-7-2011 ORE 21,00
La poesia di Nicola SOLE
interpretata da Giuseppe VERDI
e dalla Scuola musicale di Saverio MERCADANTE
(ossia Poesia e musica alla Vigilia dell’Unità d’Italia)
Giuseppe VERDI PREGHIERA DEL POETA
(Roncole di Busseto, Pr, 1813-Milano, 1901)
Giorgio MICELI, (1836-1895) LA PESCATRICE DI CUORI
(Reggio Calabria,1836-Napoli, 1895) barcarola
Edoardo BUONOMO INVITO AL VALTS
(Napoli, 1825-? Dopo 1875)
Saverio MERCADANTE LA PALOMMA[1]
(Altamura, Ba, 1795-Napoli, 1870) romanza
Achille MONTUORO LA PESCATRICE DI CUORI
bolero–mazurca
Pietro ANDRISANI A LYDIA[2]
(da Orazio. C III, 9)
Beniamino CARELLI IL PRIMO AMORE
(Napoli, 1833-1921) romanza
Saverio MERCADANTE a) LUNGI DA TE MIO BEN
b) TARANTELLA
(da La Danza augurale)
Achille PISTILLI INVITO AL VALTS
(Montagano, Cb, 1820-Aversa, Ce, 1869)
Ricerche ed elaborazioni delle musiche in programma a cura di Pietro Andrisani
Artisti:
Gianna Racamato, mezzosoprano
Sebastiano Giotta, tenore
Luigi Gallipoli, pianista
Musiche di
Edoardo Buonomo, Beniamino Carelli, Saverio Mercadante,
Giorgio Miceli, Achille Montoro, Achille Pistilli,
Giuseppe Verdi
Pietro Andrisani
Nicola Sole (Senise, MT, 1821-1859), unitamente a Laura Beatrice Oliva Mancini (Napoli, o Tursi, 1821-Fiesole, 1869), originaria di Tursi, è considerato il maggiore poeta lucano del Risorgimento Italiano.
Fin dalla sua giovinezza ammirò la complessa semplicità, la scorrevolezza, la musicalità del metro e l’eleganza dello stile che si coglie nei canti di Quinto Orazio Flacco (Venosa, 65 a C.-Roma, 8 a C.); rivolse il suo genuino talento poetico agli eventi e ai rilievi paesaggistici della sua terra natia poetando con raffinato ingegno: declamò con misurata eloquenza proprie poesie e interi canti dei classici italiani, soprattutto Ariosto e Tasso.
A Napoli iniziò a studiare medicina ma terminò i corsi universitari con la laurea in giurisprudenza.
Nel 1845 cominciò una brillante professione di penalista a Potenza dove fece sempre ammirare la sua accattivante oratoria. Contava ventisei anni quando, nel tribunale del capoluogo lucano, con le sue brillanti e concettose arringhe, fece assolvere un certa Giulia Pavese che aveva soppresso il proprio suocero.
Nel ’57 ritornò a Napoli, ove, tredici anni prima, si era laureato sotto la guida di Stanislao Mancini, marito della sunnominata Laura Beatrice. Qui, dove la sua poesia aveva goduto persino dell’ammirazione del purista Basilio Puoti (Napoli, 1782-1847), continua ad esercitare la professione forense da penalista, scrive per riviste e giornali, conquista l’amicizia del pittore Domenico Morelli (Napoli, 1826-1901), frequenta gli ambienti del mondo liberale e intellettuale che aspira alla unione tanto sognata del Regno delle Due Sicilie con quello del Piemonte.
Incontra Giuseppe Verdi
Nell’inverno del 1858 Nicola Sole stringe amicizia con Giuseppe Verdi (1813-1901) e consorte, Giuseppina Strapponi (1815-1897). I due erano giunti a Napoli il 14 gennaio per i preliminari della messa in scena del melodramma Un ballo in maschera, ma sotto l’impressione della notizia dell’attentato di Felice Orsini contro Napoleone III, la censura napoletana ostacolò la rappresentazione dell’opera generando una lunga controversia giudiziaria tra il Maestro e la dirigenza del Teatro San Carlo.
Il 23 aprile Giuseppe Verdi e la Strepponi lasciano Napoli imbarcandosi sul vapore Pompei che li riportava a Genova. Dalla banchina affollata di amici che li salutavano si levò la voce di Marco Monnier[3], brillante cronista degli eventi culturali e dei fermenti politici risorgimentali di quegli anni, che rivolgendosi a Verdi, cantò alcune strofe dell’Addio che Nicola Sole, in nome della profonda amicizia che li legava, aveva composto per la mesta partenza del Maestro.
Giuseppe Verdi, pochi giorni prima, in nome di quella profonda amicizia, aveva composto una lirica per canto e pianoforte La preghiera del poeta, mettendo in musica una poesia in ottava rima improvvisata dal poeta lucano durante una delle loro passeggiate serali per le vie Chiatamone e Santa Lucia. In questa lirica Giuseppe Verdi, disegna una genuina melodia diatonica dai toni religiosi che canta soavemente su un substrato armonico cadenzato da arpeggiati accordi consonanti; la gamma spirituale va da una tenerezza sentimentale quasi idilliaca alla fervida invocazione verso un eterno Iddio.
Fra gli amici del lungo soggiorno napoletano di Giuseppe Verdi troviamo il poeta e librettista calabrese, marchese Achille Themines De Lauzieres (1818-1894), autore di molti testi di belle romanze salottiere in vernacolo, di versioni ritmiche dal francese in italiano della Carmen di George Bizet, del Faust di Charles Gounod, del Don Carlos di Verdi e di tante altri melodrammi giunti in Italia d’Oltralpe. In quell’epoca, il Verdi musicò uno dei più popolari stornelli del De Lauzieres, brano che, unitamente alla accorata romanza L’abbandonata, di Saverio Mercadante, fece parte di un album di sei arie per canto e pianoforte pubblicato a beneficio del poeta Francesco Maria Piave, autore dei libretti Rigoletto, La traviata, Simon Boccanegra, La forza del destino.
L’abbandonata è lo struggente canto col sottotitolo Lungi da te ben mio che il’Maestro altamurano delinea con una vaghezza di disegni melodici avvivanti vibrazioni intime e intense alternate ad ardori di vita affettiva, a sentimenti di perdono, al presentimento di un amore finito.
La romanza dialettale
Nella Napoli di quell’800 era di moda la romanza da salotto in vernacolo di ispirazione popolare che ostentava ricchezza di forme e di colori. Ne composero Gaetano Donizetti (Bergamo, 1797-1848), i fratelli Federico (Napoli, 1809-Conegliano, 1877) e Luigi Ricci (Napoli, 1805-Praga, 1859), Valentino (Roma, 1764-Capua, Ce, 1837)e Vincenzo Fioravanti (Napoli, 1799-1877), l’autore delle musiche per l’incoronazione della Bruna di Matera, Saverio Mercadante; anche gli autori dei testi letterari appartenevano al teatro musicale fra i quali ricordiamo Marco D’Arienzo, il già ricordato Achille De Lauzieres, Giambattista Cely Colajanni che a metà secolo fu sottintendente di
Matera, oggi diremmo titolare della prefettura della Provincia di Matera.
Di questo dovizioso repertorio è parte integrante La Palomma, che unitamente a La Rosa, a L’uocchie de nenna mia, a Lo zucchero d’ammore è una delle romanze da camera ricche di piacevoli sonorità e melodie accattivanti che Mercadante compose su poesie vernacolesi di Marco D’Arienzo (Napoli, 1811-1877), liriche sempre venate da tenerezze affettive, da detti filosofeggianti, da maliziosi doppi sensi in un idioma garbato ed elegante.
La Danza Augurale
Nel 1859, per i festeggiamenti dell’avvento al trono del Regno delle Due Sicilie del Borbone Francesco II e le sue nozze con Maria Sofia Amalia di Baviera, la macchina organizzativa di quella corte commissiona la consueta Cantata encomiastica a Nicola Sole (testo poetico) e a Saverio Mercadante (musica). L’opera di deciso piglio celebrativo imbevuta di balli classici e di colore locale, ebbe titolo La Danza Augurale. Nella Cantata primeggiavano personaggi simboleggianti le origini di Napoli (la sirena Partenope), e le famiglie dei novelli regnanti (Genio della Bavierae e Genio delle Sicilie).
La Danza Augurale venne rappresentata al teatro San Carlo il 26 luglio alla presenza di teste coronate e principi di reami europei. Uno dei brani strumentali caratterizzanti la parte popolaresca dell’opera, risulta una effervescente Tarantella che Mercadante nobilita con audaci soluzioni armoniche ed elaborati incisi melodici. Quella Tarantella in versione pianistica fece subito parte integrante dei repertori musicali eseguiti nei salotti partenopei divenendo, spesso, spunto di discussione sulla bontà artistica della Cantata e sulla spinosa questione politica dell’evento per il quale era stata composta. Non di rado il poeta lucano, in queste disamine, per questa impresa teatrale, fu giudicato incoerente e borbonico dagli amici liberali.
Intanto alcuni giovani Maestri del locale conservatorio San Pietro a Maiella, conosciuta la pura lirica affettuosa o descrittiva emanante dai versi ritmicamente fluidi, musicalmente morbidi del poeta lucano, convertivano in deliziose romanze da camera sue improvvisazioni poetiche quali Il primo amore, La pescatrice di cuori, l’Invito al valts; Le ultime due godettero perfino di una doppia veste musicale. Autori di queste romanze furono Achille Pistilli (Montagano, Cb, 1820-Aversa, Ce, 1869), Achille Montoro, Edoardo Buonuomo (Napoli, 1825-? Dopo 1875), Beniamino Carelli (Napoli, 1833-1921), Giorgio Miceli (Reggio Calabria, 1836-Roma, 1895): il Pistilli aveva appreso da Gaetano Donizetti (Bergamo, 1797-1848), gli altri nella classe di Saverio Mercadante (Altamura, Ba, 1795-Napoli, 1870).
Il primo amore
Beniamino Carelli artista sensibile fu celeberrimo maestro di canto, geniale inventore di inesauribili melodie, rinnovate armonie. Le sue liriche da camera, edite quasi tutte dalla Clausetti e dalla Ricordi, furono apprezzate dai più rinomati esecutori dell’epoca. Il primo amore è una garbata romanza di spirito nostalgico alimentata da una vena melodica plasticamente incisiva, intimamente fervorosa.
L’Invito al valts
Di Edoardo Buonuomo oggi ci resta un catalogo di oltre trecentocinquanta titoli di musica da camera, religiosa, sinfonica, balli e marce militari. Dal 1853 fu a capo delle Sette Fanfare Cacciatori degli eserciti borbonici. Diresse orchestre e cori per le feste da ballo nelle Regge di Napoli e di Caserta, dove eseguì certamente l’Invito al valts nel quale egli delinea una ossatura ballabilistica, prettamente balzante, fondamentalmente maestosa, stilata da misurate pulsazioni ritmiche, da godibili slanci melodici.
L’altro Invito al valts fa parte d’una raccolta di arie per canto e pianoforte che Achille Pistilli fa stampare a proprie spese nel 1861 per dedicarle al marchese Francesco Puoti, cavaliere di San Michele, ritornato allora dall’esilio. Mostrò una straordinaria facilità compositiva ed una inesauribile vena melodica. Dell’Invito al valts il Pistilli ne fa una danza ad ampio respiro strutturale, squisitamente elegante, piacevolmente esultante; con squisito gusto di raffinato musicista e di sensibile indagatore dell’animo umano mette in rilievo le poetiche risonanze del testo letterario imprimendovi rinnovati ma adeguati palpiti ritmici sprigionanti, a volte, scintille e fiamme.
Achille Pistilli, concertista, autore principalmente di melodrammi e di musica da camera di notevole peso artistico, nel 1846, già prima di conoscere la poesia di Nicola Sole, aveva rappresentato al Teatro del Fondo (oggi Mercadante) di Napoli il Rodolfo di Brienza, nel quale rivivono musicalmente leggendari personaggi medievali di terra lucana.
La pescatrice di cuori
Giorgio Miceli appartenne ad una agiata e nobile famiglia calabrese. Esercitò la professione di maestro di cappella in diverse case del patriziato napoletano soffermandosi con maggiore assiduità nell’avito palazzo dei principi di Serra di Cassano a Monte di Dio. E’ autore di musica religiosa, cameristica, di melodrammi, quasi tutti composti per i teatri di Napoli; pubblicò album di romanze di spiccato gusto raffinato, alcune composte su poesie proprie. Ne La pescatrice di cuori, profuse le sue notevoli doti di eleganza e fantasia melodica naviganti nell’ondeggiare di note modulanti in gruppi ternari.
La pescatrice di cuori di Achille Montoro disegna musicalmente un sbarazzina fanciulla che saltellando al ritmo di un bolero-mazurca inneggia alla vita gioiosa e spensierata.
Il Maestro Montoro fu uno degli insegnanti di canto più apprezzati del conservatorio San Pietro a Maiella e dei rampolli della ricca borghesia e del patriziato napoletano. Mise in musica liriche cameristiche preferendo soggetti amorosi e paesaggistici dei maggiori poeti italiani del suo tempo.
A Lydia
Se due poesie di Nicola Sole hanno goduto una doppia veste musicale, il Carmen sæculare e la nona ode del terzo libro di uno dei poeti lucani più ammirati da Nicola Sole, Quinto Orazio Flacco, hanno rivissuto in molteplici forme musicali espresse da decine di compositori soprattutto francesi, operanti negli ultimi quattro secoli. Il Carmen sæculare messo in musica da François-André Philidor, negli ultimi venti anni del secolo XVIII, venne eseguito nelle opulenti sale per concerti di Londra, Parigi, Roma, Berlino e Pietroburgo[4] (il 26 aprile del 198 venne eseguita nella chiesa dell’abbazia San Michele Arcangelo di Montescaglioso), meritando sempre grandi ovazioni; nell’ottocento Gorge Bizet meditò di farne un cantico liturgico di ispirazione laica; nei primi trentasei anni del XX secolo almeno dieci compositori trasformato in altrettante opere musicali quel Carme; nel 1919, Giacomo Puccini musicò quell’ode oraziana coniando il popolarissimo Inno a Roma (…Sole che sorgi libero e giocondo…).
La nona ode del terzo libro, il dialogo a dispetto tra Orazio e Lydia, Donec gratis erm tibi … (Fin quando ti piacevo e nessun altro giovane preferivi) che nel 1670 venne tradotta in francese da Molière e musicata da Giambattista Lulli; all’inizio del XIX secolo ebbe una doppia versione, ancora in francese, da Alfred De Musset, messe in musica dal napoletano Federico Ricci e, successivamente, da Jules Massenet; nel 1859, Gaetano Bugni ne elaborò una colorita versione in napoletano (Lo scocchia e ncocchia de duje nnammurate); ventitrè anni dopo in una nuova versione del medesimo idioma operata, questa volta, da Salvatore Di Giacomo e con musica del tarantino Mario P. Costa, venne presentata alla festa di Piedigrotta col titolo Lariulà. Lariulà ebbe subito cittadinanza onoraria dei cinque continenti; Leone XIII se la canticchiò in Vaticano accompagnato al pianoforte dal cardinale Hohenlohe. Il valzer A Lydia di oggi è una elaborazione di un tetracordo, il dorico (comune in antichi canti popolari del metapontino), sul quale si presume Orazio si accompagnasse con la cetra intonando Donec gratis eram tibi.
Napoli, 16-7-2011
[1] Poesia di Marco D’Arienzo (Napoli, 1811-1877)
[2] Il brano Lydia elabora un tetracordo greco sul quale probabilmente, Orazio intonava l’ode Donec gratus eram tibi (c. III, 9)
[3] Marco Monnier (Firenze, 1829-Ginevra, 1885) pubblicò il diario del generale catalano Josè Borjes, giunto in Lucania per tentare l’insurrezione borbonica, con l’aiuto del brigante Carmine Crocco.
[4] La sera del 29 aprile del 1993, il Carmen sæculare di Orazio- Philidor (1726-1795) venne rappresentato nella chisa dell’abbazia San Michele Arcangelo di Montescaglioso, i soli (Regina Maciute, soprano – Ieva Dakse, mezzosoprano – Norbts Egel, tenore – Andris Repelis, basso) , il coro e l’orchestra di Latvija furono diretti da Silvano Frontalini
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Nicola SOLE
(Senise, PZ, 1821-1859)
Montescaglioso
Concerto 28 luglio 2011
La poesia di Nicola SOLE
Vista da Giuseppe VERDI
e dalla Suola musicale di Saverio MERCADANTE
(ossia Poesia e musica alla Vigilia dell’Unità d’Itallia)
Musiche di
Edoardo Buonomo, Beniamino Carelli, Saverio Mercadante,
Giorgio Miceli, Achille Monitoro, Achille Pistilli,
Giuseppe Verdi
Artisti:
Gianna Racamato, mezzosoprano
Francesco Zingariello, tenore
Luigi Gallipoli, pianoforte
Testi poetici
LA PREGHIERA DEL POETA
Poesia di Nicola Sole - musica di Giuseppe VERDI
Del tuo celeste foco, eterno Iddio,
un core accendi, che di te si allieta;
Tu reggi, Tu consacra il verso mio,
perché non manchi a generosa meta.
Dal dubbio e dal codardo oblio
La fede e l’arpa dell’umil poeta;
Tu fa che il trovi della morte il gelo
La man sull’arpa e le pupille al cielo!
PESCATRICE DI CUORI
(poesia di N. Sole – musica di Giorgio Miceli \ Achille Montoro)
Vo’, pescatrice, pel mar d’amore
Con rete ed amo pescando un core.
Venite o cuori, lunge ho gridato…
Di questa rupe venite al piè…
Ancor quel core non l’ho pescato
Quel cor gentile che piace a me
Veh, quanti cuori cmome più chiamo
Scherzando l’onda traggono all’amo.
Conti e baroni, duchi e marchesi
Guizzan fra l’alghe, chieggon mercè.
Eppur quel core finor nol presi,
quel cor gentile che piace a me.
Non so che farmi di tanti cuori
Uno mi basta, vaghi signori,
in libertade però vi metto,
pesca sì ricca per noi non è.
Vo’ proprio il core d’un giovanetto
Che umile e bruno somigli a me.
Quando solinga più non m’udrete
Cantar pel mare, gittar la rete…
Giurate allora che l’ho trovato…
Il giovinetto che piace a me.
E allor quest’amo l’avrò spezzato
Che più la pesca per noi non è.
INVITO AL VALTS
(poesia di N. Sole- musica di Achille Pistilli \ Edoardo Buonomo)
S’incalzi, s’affretti la danza d’amore.
I petti sui petti, i cori sui cor.
Valsiam la danza d’amore.
Giriamo sui vanni che amore ci offrì
La ruota degli anni sen passa così.
De’ venti leggeri sfidiamo l’ardore
Di tanti doppieri beviamo il chiarore.
L’ebrezza nei sguardi, l’ebrezza nel sen
Le luci sian dardi, gli sguardi balen.
LA PALOMMA
(p.Marco D’Arienzo – m. Saverio Mercadante)
Da sciore a sciore palomma vola! Farfalla, vola di fiore in fiore!
Lo ddoce zuca pe na vota sola! succhia una volta quel dolce umore!
Tu non saje quanto, palomma bella, tu non sai quanto, farfalla bella,
quanto vo’ dicere chello volà, no… quanto sa esprimere il tuo volar, no…
No fa scapperete mo’ tanto bbene… Non far che sfuggati un tale bene…
Penza ch’appriesso lo vierno vene… Pensa che dopo l’inverno viene…
E la campagna non è cchiù chella, e la campagna non è più quella…
ca so’ li sciure seccate già… chè inaridito il fiore appar…
Vola palomma! mena la scella! Su farfalletta! Quell’ali affretta!
Zuca lo ddoce: non te posà, no… il dolce cogli: non ti posar, no!...
Ma se po’ scompere vedraje lo juorno, Ma se al tramonto tu vedi il giorno
alla cannella non ghire attorno lascia di muovere al lume intorno
ca llà, facenno comme a rotella chè là, facendo come girella,
puoje, sventurata, morte trovà… puoi, sventurata, morte trovar!…
Penza che cara si a tutte quante, Pensa che, cara, te ognun sospira
nzi a che te vedono fa la ‘ncostante se l’incostante fare ti mira;
pazza te chiammano, po’, palombella, ma poi ti chiamano la pazzarella
quanno pe’ forza te vuo’ abbruscià! quando per forza ti vuoi bruciar!
Vola palomma! mena la scella! Su, farfalletta! Quell’ali affretta!
Zuca lo ddoce: non te posà, no… il dolce cogli, non ti posar..no.
IL PRIMO AMORE
(poesia di Nicola Sole - musica di Beniamino Carelli)
Nel mattin degli anni miei
Un bell’angelo sognai
E trovarlo invan sperai
De la vita sul sentier.
Da quell’ora io non potei
Consolarmi in altro amore.
Un desio portai nel cuore
Per la mente un sol pensier.
Ma ti vidi o vereconda
Lungo il mar da te beato
E in te augello sognato
Riapparve innanzi a me.
O restiam sul mondo insieme
O mi porta in ciel con te.
LUNGI DA ME BEN MIO
poesia di Achille Lauzieres – musica di Savero Mercadante
Lungi da me beni mio,
Per me non va che pianto.
Muto è il mio labbro al canto,
ogni piacer morì.
Ahi, che di nuova fiamma
Forse tu avvampi in core
E pel novello amore
Scordi la tua fedel.
Delle mie pene atroci
Quale raccolsi frutto
Sol di quest’alma il lutto:
la morte del mio cor.
Non voglia Iddio punirti
Dei miei sofferti affanni.
Perdona a te gl’inganni
E me richiama in ciel