Credo che oggi nessuno si chieda neppure se l’amministratore di turno che, più o meno compunto, segue le processioni sia un sincero credente o stia lì solo perché, per “politica”, bisogna starci. Certo le manifestazioni religiose sono espressioni della vita di una popolazione e può sembrare naturale che chi rappresenta la comunità sul piano politico lo faccia, indipendentemente dai personali rapporti con la religione, anche in tali circostanze.
Fino a una cinquantina d’anni fa le cose andavano diversamente e la presenza dei rappresentanti dei partiti di sinistra alle cerimonie religiose era inusuale.
All’epoca la scena politica era dominata da un partito di maggioranza ufficialmente cattolico, la Democrazia Cristiana, e da uno di minoranza, il Partito Comunista Italiano, contro i cui iscritti la Chiesa di Pio XII nel 1949 aveva emanato – a conferma di orientamenti emersi già nel 1864 con il Sillabo – la scomunica. Senonché i precedenti pronunciamenti dei successori di San Pietro avevano carattere dottrinale e colpivano persone, per lo più intellettuali, che già di propria iniziativa s’erano dichiarati fuori dalla comunità dei fedeli, mentre la scomunica del 1949 aveva investito solo in Italia oltre un terzo della popolazione, vale a dire tanta gente comune la cui unica colpa era, dopo i disastri della guerra fascista, quella di sperare, aderendo ai partiti di sinistra, nella costruzione una società più giusta.
Da Gramsci in poi la dirigenza comunista s’era tenuta in ogni sua espressione ben lontana dall’anticlericalismo di stampo liberal-massonico e anche fra i semplici militanti la figura del comunista mangiapreti non aveva mai esercitato particolari richiami. Quanto alla linea ufficiale del partito, basterà ricordare che ancora nel marzo 1947 il segretario del PCI Palmiro Togliatti s’era battuto per l’approvazione dell’art. 7 della Costituzione che ratificava la conservazione dei Patti Lateranensi del 1929 come concordato per regolare i rapporti fra Stato e Chiesa.
La scomunica del 1949 era stata quindi una dichiarazione di guerra pressoché unilaterale e veniva da una Chiesa la cui invadenza politica preoccupava non poco lo stesso Alcide De Gasperi, il leader del partito che più s’era avvantaggiato degli appoggi vaticani.
I braccianti, gli operai, i contadini non votavano per i partiti di sinistra per motivi filosofici ma perché credevano di tutelare così il loro diritto a una vita più dignitosa. Per il resto erano “credenti” più o meno come tutti gli altri, ma a un certo momento le porte delle chiese furono loro sbarrate. Per molti di loro il non poter sposarsi in chiesa, far da padrini ai battesimi, avere un funerale religioso per i propri cari, fu motivo di grande dolore e umiliazione. Lo fu ancora di più per le donne che spesso non avevano fatto nessuna particolare scelta e si limitavano a seguire anche nell’orientamento politico ed elettorale il capofamiglia.
In un tale clima, per dirne una, solo l’autorizzazione del vescovo aveva reso possibile nel dicembre del 1949 la cerimonia religiosa per il bracciante Novello, ucciso dai celerini di Scelba. E solo dopo che i sacerdoti avevano lasciato il corteo, era seguita la cerimonia civile con la presenza di bandiere sindacali e di partito.
Stando così le cose, non meraviglierà che quando per la prima volta gli amministratori social comunisti di Montescaglioso parteciparono ufficialmente a una processione, si gridò allo scandalo e ci furono polemiche a non finire.
Ciò accadde in occasione della processione del Corpus Domini del 23 giugno 1957 e la responsabilità del misfatto fu attribuita a Padre Giacomo da Molfetta che, in qualità di Guardiano del convento dei Cappuccini, aveva invitato la giunta social comunista a partecipare alla cerimonia. Il sindaco Isaia Martiello aveva accolto di buon grado l’invito e, accompagnato da tre assessori della sua giunta, s’era presentato alla cerimonia.
La loro presenza avrebbe, a dire dei carabinieri, suscitato scalpore fra la popolazione e per l’atteggiamento anticlericale che questi avevano sempre mostrato in passato e per il fatto che le autorità ecclesiastiche avevano loro fatto un invito del genere. Sicuramente aveva provocato lo sdegno degli esponenti democristiani che, “erano al seguito del S. Sacramento e che, notata la partecipazione dei comunisti, si allontanavano con evidenti segni di disappunto”.
Né la cosa era finita lì poiché, qualche giorno dopo, nella sezione democristiana s’era tenuta una riunione nel corso della quale si era deciso d’informare dell’accaduto il Padre Provinciale dei Cappuccini e il vescovo di Matera e di chiedere l’allontanamento da Montescaglioso del frate. In realtà se colpa c’era, non era solo del cappuccino che, per dirla con Sciascia, aveva ben capito che “la Chiesa è grande perché ognuno ci stà dentro a modo proprio” , ma anche del nuovo parroco Don Antonio Tricase (insediatosi nell’ottobre del 1956) che ne aveva condiviso la scelta. Ma su questo particolare non si insisté più di tanto e il frate divenne il bersaglio di critiche sempre più aspre e numerose.
A lui infatti s’attribuiva anche la responsabilità di aver fatto perdere al partito scudocrociato le ultime elezioni favorendo la costituzione di una lista con il Movimento Sociale che aveva finito con l’avvantaggiare i neofascisti e, indirettamente, i social comunisti che erano stati così riconfermati alla guida del municipio.
“La questione puramente religiosa –conclude la nota informativa- è stata portata sul piano politico con la conseguente formazione di due correnti opposte: la prima costituita dai democristiani e terziari francescani che vogliono che detto frate sia trasferito e per tale scopo stanno preparando l’opinione pubblica ed avversano il frate; la seconda costituita dai comunisti e da persone che, pur essendo di sentimenti democristiani, tengono in molta stima e considerazione il Padre Giacomo da Molfetta” (in ASM, Gabinetto della Prefettura, Ricovero 1990, busta 95, informative dei CC del 29-5-1957 e del 5-7-1957).
Non sappiamo se la petizione di questi gelosi guardiani della fede avrà successo o meno; di certo questo è solo il primo e incerto indizio di un’attività di rinnovamento all’interno della comunità ecclesiale di base che, grazie ad Antonio Tricase e ad altri giovani sacerdoti, vedrà riaprirsi le porte delle chiese montesi a tutte le persone di buona volontà, anche a chi ne era stato allontanato.
Senza, è il caso di aggiungere, l’approvazione delle superiori autorità ecclesiastiche che faranno, invece, di tutto per mettere fine al rinnovamento. Ma di ciò, forse, si parlerà un’altra volta.
View Comments (10)
Aggiungo con piacere un commento al post di Cristoforo Magistro, come sempre capace di fornire ottimi spunti per riflettere sul nostro passato e, ovviamente, per comprendere il presente. Tuttavia ritengo che l'episodio della scomunica che Pio XII rivolse ai "comunisti" non possa essere estrapolato dal contesto storico e politico in cui esso avvenne e raccontato come un pur grave fatto di cronaca. Va ricordato che si era nel 1949, pieno periodo di guerra fredda e, va sottolineto, di persecuzioni ai danni di vescovi, cardinali e preti (ma anche semplici fedeli) nei paesi appartenenti alla sfera sovietica. le persecuzioni ai danni del cardinale Mindszenty in Ungheria, del cardinale Beran in Cecoslovacchia e del cardinale Stepinac in Jugoslavia furono solo alcuni dei casi di cui ci si ricorda. Di quello che successe ai cattolici in URSS non abbiamo purtroppo abbondanza di notizie ma questo non ci porta ad escludere che ci sia stata anche lì una grave repressione. La stessa storia della Polonia dell' allora cardinale Woitila ci fornisce più di una indicazione di quella che è stata la condizione dei cattolici nei regimi comunisti europei. A fronte di un attacco di questa portata rivolto ai cattolici la risposta della chiesa, in quel momento storico, doveva essere decisa e universale. E' vero che Palmiro Togliatti, in sede costituente, dimostrò di comprendere quanto le tradizioni cristiane pesassero sulla società italiana appoggiando il recepimento dei "Patti Lateranensi" ma è alltrettanto vero che nessuno, nell' Italia di allora, si preoccupò di prendere le distanze da quanto stava accadendo alle libertà indiviuali, anche religiose, nei paesi oltre cortina. Si può indubbiamente discutere sulla opportunità di un simile provvedimento (la scomunica) ma questo non deve farci dimenticare il perchè e il periodo storico in cui ciò avvenne. Saluto con molto affetto e stima Cristoforo Magistro. Piero Didio.
Voglio intervenire a proposito delle scomuniche e dell'aria che tirava negli anni cinquanta a Montescaglioso, ci sono fatti veri di coppie che non hanno potuto celebrare le nozze in chiesa per motivi di appartenenza politica non perchè non credenti, proviamo a parlare con i nostri genitori, nonni e scopriremo la storia nostra di quel periodo. pongo la domanda Perchè?
Nulla può giustificare il comportamento di quei preti e religiosi che, in nome della scomunica, vessarono, maltrattarono, umiliarono, emarginarono chiunque avesse mostrato di appartenere a organizzazioni sindacali o, peggio ancora, a partiti politici di sinistra. Erano cattivi dentro, nel cuore e nell'anima. L'arciprete di turno gioiva nel rifiutare la somministrazione di sacramenti a chi era in odore di comunismo. Correva l'anno 1962 ed ero in seconda elementare. E' ancora vivo il ricordo del pianto disperato del mio compagno di banco maltrattato e insultato dal maestro che gli gridava "sei un animale perchè non ti sei battezzato" e Minguccio (il nome del mio compagno di banco) che gli rispondeva in maniera educatissima e timidamente "l'arciprete non mi vuole battezzare perchè mio padre è comunista". Chissà cosa avrà pensato il buon Dio di quei preti e religiosi.
In attesa di leggere il suo “I tuoni di Montecupo”, ringrazio Piero Didio (Pierino per i famigliari, vero?) per le sue cortesi espressioni, che ricambio, e aggiungo le brevissime considerazioni che seguono al suo commento.
Indubbiamente la bolla di scomunica ai comunisti del 1949 è da inquadrare nel clima di guerra fredda di quegli anni che coinvolse anche la Chiesa. Rimane il fatto che il PCI, attirandosi molte critiche e prescindendo dai legami con l’Urss, dimostrò di capire e rispettare la specificità italiana riguardo ai rapporti fra popolazione e Chiesa, non trovò in quest’ultima comprensione dei motivi per cui gli italiani erano diventati comunisti.
Oltretutto la Chiesa che scomunicava era ancora rappresentata da Papa Pacelli che, da segretario di Stato, aveva firmato un Concordato con la Germania nazista - poi da questa calpestato- sulla cui politica complessiva da Pontefice manterrà un colpevole silenzio.
Quanto alla guerra fredda non può essere chiamata a giustificare tutto ciò che fu fatto da una parte e dall’altra senza senza ricordare chi e perché la volle.
La guerra fredda nasce con l’ordine di "contenere i sovietici" emanato nel marzo del 1947 dal presidente USA Harry Truman. La strategia di politica estera postbellica, chiamata poi "dottrina Truman", rompeva a tutti gli effetti l’alleanza antinazista che, soprattutto grazie al sacrificio di venti milioni di sovietici, aveva messo fine alla barbarie hitleriana.
Solo dopo che il nazismo era stato cancellato gli USA scoprirono che in URSS c’era una dittatura?
La dottrina del contenimento del comunismo fu alla base della guerra fredda e del Patto Atlantico (aprile 1949) cui nel 1955, dopo l’adesione alla Nato della Germania Ovest, l’Urss risponderà con il Patto di Varsavia.
Ciao Cristoforo. Sì, Pierino per famigliari e amici. Ovviamente concordo pienamente con quello che scrivi. Quello che mi meraviglia è che, su un argomento così interessante e di così ampio respiro, nessun altro sia entrato nella discussione.
Senza entrare nel merito della digressione sulla guerra fredda (trattata qui come se fosse tutto partito da una dichiarazione unilaterale USA, dimenticando la spinta imperialista dell'URSS che CONQUISTAVA mezza Europa mentre la liberava dal Nazismo), appoggio quello che dice pierod.58. Ogni scelta va vista nell'ottica del suo tempo, in questo caso un tempo in cui il PCI era il contatto diretto con quella politica liberticida che è stata ricordata prima.
Certo, la Chiesa e la DC sono colpevoli di non aver inteso la particolarità della società italiana, impregnata di cattolicesimo, più o meno convinto, prima e a prescindere dalla DC o dal PCI.
Dall'episodio raccontato da Cristoforo però traggo un'osservazione: i rapporti umani e il buon senso di alcuni spesso sono più forti di ogni imposizione dall'alto. E' il caso del monaco citato, dei giovani preti e degli stessi amministratori, che, a loro modo e nel loro piccolo, cambiarono il corso della storia a Montescaglioso. Un esempio di come, a partire dal basso, si possa andare oltre l'ideologia e i preconcetti.
Approfitto per gli auguri a pierod.58 per il suo libro, che anch'io confesso di non aver ancora letto, ma che cercherò di farlo al più presto
Le conseguenze pratiche della scomunica: leggetevi il racconto del matrimonio tra Vincenza Castria e Ciro Candido nel libro " Rossa terra mia ".
Mi fa sempre molto piacere leggere quanto Cristoforo (per i familiari Folino) spesso pubblica. Non ho mai avuto la possibilità di poter rispondere, e questa volta mi sono voluto anche io avventurare tra le carte d’archivio, rispondendo forse ad un “vizio” di famiglia che mi accomuna a lui, anche perché l’argomento per alcuni aspetti interessa anche me essendo frate cappuccino come uno dei protagonisti di questa storia.
Ci si chiedeva se la petizione dei gelosi guardiani della fede avrà successo o meno.
Ecco la mia rilettura del caso.
“Il paese è piccolo e la gente chiacchiera...”, sono le parole con cui, in un vecchio film degli anni Sessanta, la esilarante Tina Pica congeda un suo spasimante; io vi aggiungo “e il monaco è trasferito e l’Arciprete se ne va”.
Chi sono costoro?
Sono fra’ Giacomo Spagnoletti da Molfetta (1914-1988), Guardiano del Convento dei Cappuccini e don Antonio Tricase (1927, vivente), Arciprete della Parrocchia dei Santi Pietro e Paolo.
Era veramente piccolo, allora, quel paese che ancora oggi chiamiamo Montescaglioso.
Un piccolo centro storico con l’Abbazia di San Michele Arcangelo, la Chiesa Madre e la piazza, Falla Port.
Si giunge ancora oggi per una strada tortuosa, che lascia, a destra e sinistra, dirupi e valloni, e parte dalla stazione ferroviaria e va su per Monte Vetere. E quando giunge, subito dopo le prime case, si divarica a destra e a sinistra. A destra troverai il convento dei Cappuccini dove è guardiano dal 13 dicembre del 1955 fra’ Giacomo Spagnoletti da Molfetta; a sinistra, invece, dopo Falla Port su per Corso della Repubblica troverai don Antonio Tricase, Arciprete “della matrice” da appena otto mesi (28 ottobre 1956, festa di Cristo Re).
Giacomo è un bellissimo frate, moderno, così dicono almeno i montesi affezionati; Antonio, anche lui un bel giovanotto, di appena 30 anni, innovativo come il primo.
Sono questi i due malfattori del “caso” montato da democristiani, artigiani e gente di chiesa rigidamente legati alla tradizione di una fede religiosa popolare. Ancora non riuscivano a intravedere un futuro diverso, quello siglato dagli eventi calamitosi del secondo conflitto mondiale.
Si ritenevano, infatti, amanti del popolo e cristiani nella fede. Erano “demo-cristiani”. Una parola studiata per l’occasione e proclamata da tutti i balconi delle case di Montescaglioso e d’Italia.
Già in precedenza si era attribuita a Giacomo la responsabilità di aver fatto perdere allo scudocrociato le ultime elezioni favorendo la costituzione di una lista civica con il Movimento Sociale, che aveva anche, indirettamente, avvantaggiato i socialcomunisti, ora alla guida del municipio. Questa tesi è avvalorata dalla presenza in tale lista di un noto Terziario francescano coadiuvato da sua madre, ancor più ben nota nell’ambiente francescano, storica Ministra del Terz’Ordine.
È necessario premettere che nel 1956, pochi mesi prima dell’arrivo di don Antonio a Montescaglioso, le campane della Chiesa Madre erano state mandate ad Agnone per un restauro. In occasione del loro ritorno la Ministra del Terz’Ordine donava la campana di una chiesetta di sua proprietà e per tale evento ci si preparava con un solenne rito di benedizione delle campane, collocate sul presbiterio della Chiesa Madre, che avrebbero avute ognuna una madrina scelta nell’entourage dei ceti più in vista del paese. La Ministra avrebbe “battezzato” la campana che lei stessa donava.
Scandalo! Tale cosa non era possibile...lei...il figlio...l’ultima campagna elettorale...
Vinsero i benpensanti: dopo una espressa condanna dalla Curia Arcivescovile di Matera, dal 13 luglio del 1956 il Terziario fu espulso dalla Congregazione e sua madre esonerata dall’incarico di Ministra.
E la sua campana? Fu l’unica a non avere la madrina...
Veniamo al 1957. E questo è il caso.
Si trattava di una delle due processioni eucaristiche che si tenevano il giovedì del Corpus Domini nella Chiesa Madre e la domenica successiva al convento dei Cappuccini.
Chiesa Madre e Convento, situati come su due poggi collinari, sono due fari di educazione civile e religiosa per il paese.
L’evento scandaloso si svolge proprio al convento, e propriamente, la domenica subito dopo il Corpus Domini. Era questa una processione più familiare e più vicina alla gente di quella zona che porta al “Belvedere”. Cosa accadde.
Il guardiano del convento ebbe l’infelice idea, nell’estimazione di alcuni, di invitare la giunta socialcomunista alla processione. Qui è lo scandalo.
Il muro di Berlino non era ancora caduto. Era ancora lì a dividere est e ovest di una stessa gente.
Ed è scandaloso pensare che Giacomo Spagnoletti e Antonio Tricase avessero già previsto la caduta di questo muro? Nessuno ce lo vieta.
Qualche anno dopo, nel maggio del 1960, il medesimo “caso” si verificava a Bari in occasione della festa di San Nicola, patrono della città, durante la quale Mons. Enrico Nicodemo, Arcivescovo di Bari-Bitonto, ebbe un violento scontro con il sindaco socialista Giuseppe Papalia; all’intera giunta comunale socialcomunista fu impedita la partecipazione alla processione, in base al decreto del Sant’Uffizio del 1959 che aveva esteso ai socialisti la scomunica già in vigore per i comunisti, e il divieto di partecipare alle celebrazioni religiose.
Molti ricordano le parole forti e decise che l’Arcivescovo pronunciò nell’omelia, in Piazza Ferrarese: “In questa processione non si desiderano pecore nere...”.
Non tutti commentarono favorevolmente queste parole ma, lo stesso Arcivescovo, qualche anno dopo, al ritorno dal Concilio Ecumenico Vaticano II, si esprimeva familiarmente cosi: “Il Concilio mi ha convertito. Ho imparato molte cose, non farò più errori”.
A Montescaglioso, però, vinsero ancora una volta i benpensanti: il Guardiano è trasferito il 10 settembre dello stesso 1957 come Guardiano e Rettore del Santuario dei Cappuccini di Rutigliano.
L’Arciprete, dopo alcuni anni, spiazzato dalla gente perbene andrà via da Montescaglioso. E aveva solamente, tra mille difficoltà, costituito una comunità di base.
Come si vede i conti tornano. Anzi...non tornano proprio!
Rispondo brevemente e mi scuso con Fra' Alfredo per non aver potuto farlo prima.
Ne approfitto anche per augurargli di realizzare tutto ciò che lo ha portato a fare una scelta di vita così impegnativa ed inusuale fra i giovani d'oggi e lo ringrazio per aver aggiunto il tassello conclusivo alla vicenda montese di Frate Giacomo.
Non nutrivo illusioni riguardo a esiti diversi, ma vedere con quanta prontezza viene soddisfatta la richiesta del suo trasferimento lascia l'amaro in bocca. Come se dai tempi dell'imposizione di trasferimento del Fra' Cristoforo di manzoniana memoria non fosse cambiato nulla!
D'altra parte non si può fare a meno di chiedersi cosa fu fatto da parte dei superiori per tutelare la dignità e l'indipendenza della funzione non solo di Frate Giacomo, ma anche dei suoi successori, di fronte a ingiuste pretese.
Della Ministra del Terzo Ordine e della sua campana invece non so nulla...
Non vorrei lasciare senza commento ciò che scrive Raf, ma non so bene cosa dirgli.
Lui considera una digressione la mia nota sulla guerra fredda e io trovo che digressione non è dal momento che proprio alla guerra fredda aveva accennato Piero D.; lui definisce ideologica la lettura dei fatti cui si fa riferimento in tale nota e si spinge ad affermare che “l'Urss conquistava mezza Europa mentre la liberava dal nazismo”.
Un tale travisamento dei fatti è ingiusto e meschino se si considerano i costi umani pagati dall'Urss nella guerra di liberazione. Inaccettabile in ogni caso.
Se non ricordo male, abbiamo avuto già modo di dibattere su questo tema (sulla "digressione" intendo), Cristoforo. Dibattito forse un po' viziato da nostalgie ideologiche...
Comunque massimo rispetto per i costi umani... ci mancherebbe.